NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 15 gennaio 2022

Terenzio, Heautontimorumenos. 5

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Secondo Atto,  scena terza, ultima parte (vv. 353- 409)


Siro ribatte dicendo che il proprio  interesse al buon risultato non è meno presente e vivo di quello di sua signoria il padroncino Clitifone: Hic siquid nobis forte advorsi evenerit,- tibi erunt parata verba, huic homini verbera (355-356) qui in questa faccenda, se qualche cosa sarà andata storta, per te sono pronte delle sgridate verbali per me delle frustate.
 Verba e verbera sono abbastanza simili nel significante ma del tutto diverse nel significato.
Siro assicura che Bacchide reciterà bene la parte che dovrà sostenere di essere l’amante di Clinia: perdoctast probe (361), è stata ammaestrata bene.
Clitifone si stupisce della docilità rispetto Siro “docente” di una donna abituata a disprezzare uomini ben più importanti dei servi.
Siro risponde con una battuta che sembra provenire da Isocrate: “In tempore ad eam veni, quod rerum omniumst-primum (364-365) sono andato da lei al momento opportuno, che è il primo accorgimento tra tutti.
 
Isocrate pone questo precetto nel manifesto della sua scuola: "tw'n kairw'n mh; diamartei'n" (Contro i sofisti, 16), non fallire le occasioni.
 
Abbiamo visto in questa tragedia del virus che perfino la medicina è più o meno  l'arte di cogliere il momento giusto.
Lo aveva già capito Ovidio: "Temporis ars medicina fere est.  Data tempore prosunt-et data non apto tempore vina nocent " (Remedia amoris, 131-132).
 
Andrea Crisanti ha depositato la perizia affidatagli dai pm di Bergamo. Vi ha scritto che si sarebbero potute evitare tra le 2000 e le 4000 vittime “se fosse stata applicata tempestivamente la zona rossa nella provincia di Bergamo all’inizio del 2020” (“la Repubblica” 15 gennaio 20221, pagina 3).
 
Siro raccomanda anche a Clitifone di recitare bene:  non deve tradirsi lanciandosi su Bacchide.
 
La traviata e la ragazza “pura sì come angelo”.
 
Entra in scena Bacchide che parla con Antifila mettendo in rilievo le differenze tra la propria condizione da “traviata” e quella dell’amica casta e timorata. L’etera dice all’amica che la loda e la considera fortunata (381)
Ella ha avuto l’intelligenza di conformare i suoi costumi (mores) alla bellezza (formae). Le donne come Antifila volgus ab se segrĕgant (386) escludono il volgo profanatore dalla loro presenza, e tale comportamento delle ragazze virtuose è pure conveniente: “nam expedit bonas esse vobis  (388)
Molto più difficile e precaria è la sorte delle etère il cui benessere dipende tutto dalla tenuta del fisico: “quippe forma inpulsi nostra nos amatores colunt (389), poiché spinti solo dalla nostra bellezza i donnaioli si curano di noi, haec ubi imminutast, illi suom animum alio conferunt  ( 390) e quando la forma declina,  quelli trasferiscono altrove la loro passione e noi  a meno che si sia previsto e provveduto prima qualche cosa, viviamo abbandonate nella desolazione.
 
Sentite Tess di Thomas Hardy che pure non era stata un’etera bensì una giovane  povera sedotta da un lontano parente ricco, quindi era stata abbandonata dal marito quando costui ebbe scoperto che la fidanzata non era vergine.
Tess dunque trovandosi nella desolazione scrive al marito che, pur amandola riamato, l’averla lasciata: “Do not think I shall say a word of sting or bitterness, Only come back to me. I am desolate without you, my darling. O, so desolate!” (Tess of the d’Ubervilles, 1891, capitolo 48).
 
In questo caso l’età non c’entra. Che la vecchiaia colpisca e punisca le donne prima degli uomini è un antico pregiudizio maschile.
Sentiamo Properzio. Nell'ultima elegia del terzo libro il poeta schiavo d'amore per liberarsi dal servitium  si aiuta con il ricordo (di ascendenza catulliana[1]) dell'iniuria[2]: "Flebo ego discedens, sed fletum iniuria vincit " (III, 25, 7), piangerò nel lasciarti ma l'offesa vince il pianto, quindi si consola con la previsione dell'invecchiamento della sua  domina  :"At te celatis aetas gravis urgeat annis,/et veniat formae ruga sinistra tuae./Vellere tum cupias albos a stirpe capillos/ah speculo rugas[3] increpitante tibi,/ exclusa inque vicem fastus patiare superbos, et quae fecisti facta queraris anus./ Has tibi fatalis cecinit mea pagina diras./Eventum formae disce timere tuae " (III, 25, 11-18), ma l'età greve incomba sugli anni dissimulati, e vengano rughe sinistre sulla tua  immagine bella.  Che allora tu voglia strappare dalla radice i capelli bianchi, quando lo specchio ti rinfaccerà le rughe, e a tua volta respinta possa tu sopportare la sprezzante alterigia, e lamentarti ormai vecchia del male che hai fatto. Questi cattivi presagi ti ha cantato la mia pagina fatale, impara a temere la fine della tua bellezza.
Insomma il tramonto griderà presto da ogni ruga.
La bellezza dunque è ingannevole come l'amore ed è effimera come mutevoli sono le donne. E pure gli uomini
  In conclusione:"Giovane[4]: un antro arabescato di fiori. Vecchia: un drago che esce fuori"[5].
 
Invece voi donne per bene, continua Bacchide, una volta che avete scelto di passare la vita con un uomo solo, uno il cui carattere sia il più possibile simile al vostro, quelli si dedicano del tutto a voi. Così nessuna calamità può cadere sul vostro amore.
 
Antifila non giudica le altre ma dichiara di avere sempre fatto in modo di regolare il proprio benessere su quello di Clinia.
 Questo vede Antifila senza essere visto da lei e dice a Siro che il proprio ritorno in patria si è realizzato solo da quel momento in cui  vede e  sente quella ragazza. Vorrebbe avvicinarsi a lei ma Siro gli ricorda lo spauracchio del padre
Antifila vede Clinia e sta per svenire. Quindi il ragazzo si avvicina e le domanda: “ut vales?”, come stai?
Lei risponde di essere contenta della sua presenza e anche di vederlo in buona saluto
Il ragazzo pieno di gioia le chiede se sta abbracciando proprio lei, maxime exoptata, e non un fantasma dopo averla desiderata tanto.
Terenzio forse ha presente quanto dice Admeto alla moglie che Eracle ha sottratto alla morte (Euripide, Alcesti, 1133-1134)
Il marito dice a Eracle che gli riporta Alcesti:  "Bada che questo non sia un fantasma degli inferi"(1127). Poi però lo sposo tocca la carne viva della sposa e si convince.
 
Il secondo atto si chiude con Siro che spinge i due giovani a entrare dove il vecchio li aspetta già da un po’ (ite intro: nam vos iam dudum exspectat senex, 409)


Bologna 15 gennaio 2022 ore 19, 43

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[1] Cfr. 72, 7-8.
[2] Sostantivo formato da in- suffisso negativo + ius. Indica ogni azione che va contro il diritto.
[3]  Cfr."Il tramonto gridava da ogni ruga" (H. Hesse, Klein e Wagner, p. 157).
[4] La donna, ovviamente.
[5]Nietzsche, Di là dal bene e dal male , Le nostre virtù,  237.

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