NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 8 gennaio 2022

Menandro, "Dyskolos". 5

«The Kreutzer Sonata», by Leo Tolstoy
Geneve, 1901
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Sostrato risponde in modo assai ragionevole e garbato: con quella cortesia che non è la magnanimità degli eroi i quali sanno, o credono, di impiegare le proprie forze in compiti alti e ardui, ma nemmeno si riduce a quella "calva assenatezza" di cui parla Rohde (in Psiche ) per definire la stanchezza della grecità decadente dopo la fase eroica.
 
Sentiamone alcune parole
“Un calmo razionalismo, un lieto arretrare alle cose ragionevolmente pensabili, senza bisogno di provare il terrore d’un mondo misterioso dell’al di là: ecco la disposizione d’animo che domina scienza e cultura nel periodo ellenistico (…)  una calva assennatezza, una intelligenza da vecchi, savia e povera, quale ci appare lampante dalla narrazione storica di Polibio, come disposizione d’animo del narratore e di coloro di cui narra. Non era tempo questo d’eroi e d’eroismo”[1].
 
Ecco dunque l'apologia del ricco innamorato:
"Ho visto una ragazza e me ne sono innamorato.
Se tu hai parlato di questa ingiustizia, io forse l'ho commessa.
Chi può dirlo? Ma non vengo qui
per lei; voglio vedere suo padre.
Io infatti sono un uomo libero,
ho mezzi sufficienti e sono pronto a prenderla
anche senza dote - lambavnein aujth;n a[proikon proivx - proikov" h J- impegnandomi per giunta
ad amarla per sempre. Se sono venuto qua con cattive intenzioni
o volendo usare male arti contro di voi a vostra insaputa,
Pan qui presente, o ragazzo, e insieme le Ninfe
mi colpiscano subito qui, davanti a questa casa" (302-312).
Sostrato dunque è un giovane serio, poco occupato, senz'altro scopo nella vita che sposarsi e riprodursi con una ragazza per bene. Tale gli è sembrata questa kovrh.
Sostrato non rappresenta la dimensione eroica dell’ umanità, ma nel suo genere minore è degno di rispetto. Gorgia lo capisce e gli offre la sua amicizia (317). L’innamorato della sorella lo contraccambia riconoscendogli  nobiltà di carattere (genniko;n oJrw' se tw'/ trovpw/ 321).
 
Oh gran bontà di questi cognati antichi! Erano di classe sociale diversa, quindi probabilmente di abitudini diverse, eppure si rispettavano a vicenda.
 
Quindi Gorgia spiega a Sostrato quanto sia cattivo, rustico selvaggio Cnemone e quanto incomba sulla figlia:
"per lui il piacere più grande è non vedere mai nessun
uomo; per lo più lavora tenendo la figlia
con sé; e parla solo con questa,
con un altro non può farlo senza sforzo.
Dice che la darà in moglie quando avrà trovato
un pretendente del suo stesso carattere"(332-337).
 
Sostrato fa il commento più ovvio:
"cioè mai".
 
 Sicché Gorgia gli consiglia di lasciar perdere:
"non darti delle  brighe amico:
lo farai per niente. Lascia che ce le prendiamo
noi parenti, cui la sorte le ha assegnate"(338-340).
Sostrato però non dà retta e reagisce dando voce al meno prevedibile e controllabile dei sentimenti umani:
"ma per gli dèi, non sei mai stato innamorato di una, tu ragazzo?" (oujpote hjravsqh" tinov", meirakion; 341).
"Non me lo posso permettere carissimo"( oujd  j e[xesti moi, bevltiste, 342) è l'amara risposta del povero.
 
Ora i giovani per le stesse ragioni non possono permettersi di fare figli.
 
Il ricco non capisce questa ragione e domanda:
"chi te lo impedisce?" tiv" e[sq j oJ kwluvwn;  pensando magari al vecchio misantropo, ma Gorgia fa vedere un panorama negativo più ampio:
"il calcolo dei miei guai
che non mi dà un momento di respiro"(343-344).
 
 Ecco allora che in questa storia d'amore fa capolino il problema del pauperismo. Un problema attuale.
 
Sostrato invece non è povero e può permettersi il lusso di indirizzare tutti i suoi pensieri sull'amore che infatti Teofrasto definì:"affezione di un animo disoccupato"pavqo" yuch'" scolazouvsh"" (Stob. 4, 20, 66).
 
L’amore viene spesso associato all’otium nel senso meno buono
 
Catullo nel carme 51 collega il proprio amore per Lesbia all'otium :"otium, Catulle, tibi molestumst "(v. 13), lo stare senza far niente, Catullo, ti fa male.
 
 Ovidio nei  Remedia amoris  insegna che l'otium , la pigra mollezza, è alimento della malattia d'amore;  l’emancipazione dalla schiavitù amorosa dunque comincia già dall'impegno in una vita attiva: tam Venus otia amat; qui finem quaeris amoris,/ (cedit amor rebus) res age, tutus eris (Remedia amoris  143-144.)
 
  L'ozio come responsabile dell'amore riprovevole viene indicato anche da Menedemo, il punitore di se stesso, al figlio Clinia:"Nulla adeo ex re istuc[2] fit nisi ex nimio otio " (Terenzio, Heautontomorumenos[3] , 109), da nessun altro motivo reale deriva questa tua smania se non dall'ozio eccessivo.
 
Mi sembrano cruciale anche quest' altro distico sull'otium da evitare se si vuole guarire dall'amore:"otia si tollas, periere Cupidinis arcus,/contemptaeque iacent et sine luce faces" (Remedia amoris, 139-140), se togli di mezzo il tempo libero, si rompono gli archi di Cupido, e le sue fiaccole rimangono a terra disprezzate e senza luce.
Invece dell'otium dunque viene consigliato un qualsiasi negotium[4] che tolga a Eros il terreno fertile della  desidia
Un esempio da evitare è quello dato da Egisto la cui attività seduttiva nei confronti della donna sposata Clitennestra è descritta e biasimata da Omero nel III canto dell'Odissea : Nestore racconta che mentre gli eroi della guerra troiana erano laggiù a compiere molte imprese, quello se ne stava tranquillo nella parte più sicura (eu[khlo"  mucw'/ , v. 263)  di Argo che nutre cavalli e molto cercava di  sedurre con le parole (qevlgesken e[pessin, v. 264 ) la moglie di Agamennone, la quale dapprima rifiutava l'indegno misfatto poiché aveva un'anima nobile ed era sorvegliata da un aedo di fiducia del suo sposo, ma alla fine cedeva (vv. 265-272).
L'interpretazione di Ovidio non è troppo diversa da quella di Omero:"Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter;/in promptu causa est; desidiosus erat " ( Remedia amoris, vv. 161-162), volete sapere perché Egisto divenne adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare.  Gli altri Greci infatti facevano la guerra e ad Argo non c'erano processi a impegnarlo. Dunque:"Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit " (v. 167), fece quello che poté, per non stare là senza far niente: fece l'amore.
Anche Madame Bovary divenne adultera poiché si annoiava:"per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione, il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni cantuccio del suo animo" (p. 36).
Ecco che cosa pensa la vecchia Bovary dei grilli della nuora:"Ci vorrebbe un'occupazione, un bel lavoro manuale! Se come tante altre fosse costretta a guadagnarsi il pane, non avrebbe mica tanti fumi per la testa. Sai da dove vengono? Da quel mucchio di idee balorde, dal troppo ozio in cui vive"[5].
 
L'uxoricida della Sonata a Kreutzer di Tostoj mette l'ozio tra le esche ingannevoli della sua infausta passione amorosa:"Ma in realtà quel mio amore era prodotto, da una parte, dall'affaccendata madre e dalla sarta, dall'altra-dalla grande abbondanza di cibi che ingoiavo, e in più dalla vita oziosa che menavo" (p. 327).
  
Torniamo a Menandro.
Gorgia pensa che  Sostrato possa farsi male per questo innamoramento:
"a noi non fai torto, però stai male tu, e inutilmente"
( mavthn de; kakopaqei'" 348).
 Il giovane facoltoso però non ha altro in testa che la fanciulla nemmeno conosciuta e risponde:
" no, se posso avere la ragazza" (349).
I due futuri cognati concertano di avvicinare il vecchio, ma il ragazzo ricco riceve da Gorgia il consiglio di non presentarsi "con l'aria elegante di chi non ha nulla da fare"(357).
Anche il servo Davo avverte il padrone che il suo abbigliamento non è opportuno in questa circostanza
"ma tu starai vicino a noi che lavoriamo tenendo quella sopravveste ?"(364); poi, siccome l'elegantone risponde:
"perché no?",  lo schiavo spiega:
"ti tirerà addosso le zolle
subito, ti chiamerà maledetto fannullone(o[leqron ajrgovn). Invece bisogna
che tu ti metta a zappare insieme a noi: se infatti ti vede
fare questo, forse sopporterà di ascoltare qualche
parola da te, pensando che tu sia un povero che lavora la terra con le sue mani"(365-369).
Lo stile della neglegentia suggerito da questo schiavo
Verrà assunto da buona parte degli aristocratici europei descritti da Tacito a proposito di Petronio e di Nerone, poi dal Castiglione, da Proust, da Musil.
 
Il modo di vivere di Cnemone del resto conserva alcune idee e precetti  della tradizione poetica: in questa sua posizione infatti  si trova il motto esiodeo che non  il lavoro  è vergogna, ma l'ozio: “e[rgon d j oujde;n o[neido",  ajergivh t j o[neido" (Opere e giorni, 311)
 Il  "lavoratore in proprio" dell'Oreste  di Euripide è uno  di quelli che soli salvano la terra (v. 920) . Oltretutto il vocabolo usato per indicare chi lavora con le proprie mani è il medesimo nei due testi drammatici (aujtourgov" v. 920 nell’Oreste , poi v. 369 nel Dyskolos
 

Bologna 8 gennaio 2022 ore 19, 02
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] E. Rohde, Psiche, p. 631.
[2] Pronome neutro derivato da istud+ il deittico -ce.
[3]  Il punitore di se stesso , commedia di Terenzio del 163 a. CJ
[4] Composto dalla negazione nec + otium .
[5] Madame Bovary, p. 104.

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