sabato 22 gennaio 2022

Il numero dei poveri cresce da tempo.

Il problema di cui si parla senza che vi si ponga rimedio.

 

La povertà era diffusa nell'Attica del IV secolo: Isocrate nell'Areopagitico  (del 357) denuncia la decadenza economica di Atene:"ora sono in maggior numero i bisognosi rispetto agli abbienti"( nu'n de; pleivou" eijsi;n oiJ spanivzonte" tw'n ejcovntwn, 83). L'oratore indicava un rimedio nel ritorno al predominio dell'Areopago, quando nessuno chiedeva la carità.

 Menandro piuttosto  indica una soluzione  nella filantropia e nei matrimoni tra poveri e ricchi. Intanto però i diseredati cominciavano ad agitarsi gridando:"abolizione dei debiti!" e "distribuzione delle terre!".

 

Un'espressione che si trova già nella Repubblica  platonica, del 370:"crew'n te ajpokopa;" kai; gh'" ajnadasmovn"(566a), cancellazioni di debiti e distribuzioni di terre. E’ un proclama del demagogo.

 

E’ necessario restituire dignità al lavoro. Nessun lavoratore deve essere pagato in maniera che debba vivere assillato dal bisogno.

 

Quando iniziai a insegnare e dovevo pagare una stanza in un albergo di Cittadella poi in un appartamento di Padova, non ce l’avrei fatta con il mio stipendio di 118 mila lire al mese, uguale a quello del ferroviere Pinelli.

Dicevo che era giusto che non venissi pagato più dell’anarchico defenestrato o di un operaio.

Sbagliavo: l’operaio, magari con figli, doveva essere pagato più di me perché il mio affitto lo pagava una zia, il suo probabilmente no.

Me lo fece capire un medico cubano educandomi e gliene sono ancora grato perché a casa mia invece mi avevano insegnato che era cosa giusta la povertà dei contadini mezzadri e della “serva”.

Lo incontrai a Budapest e mi disse che guadagnava meno di uno che tagliava la canna da zucchero e aveva dei figli, e che era giusto così perché lui non aveva figlioli.  

 

giovanni ghiselli

 

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