Tacito vuole essere imparziale, svelare i segreti del potere, denunciarne le menzogne
Tacito nei primi capitoli degli Annales ( racconta che alla morte di Augusto ( 14 d. C.) Livia avvertì che non dovevano essere divulgati i segreti del palazzo (arcana domus).
Tiberio doveva comandare da autocrate: “eam condicionem esse imperandi ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur”, la condizione del reggere un impero è che i conti tornano soltanto se si rendono a uno solo (I, 6).
“At Romae ruere in servitium consules, patres, eques. Quanto quis inlustrior, tanto magis falsi et festinantes” (I, 7), intanto a Roma consoli, senatori, cavalieri, si precipitavano a servire. Tanto più falsi e zelanti quanto più altolocati.
Nel primo libro delle Historiae lo storiografo indica due conseguenze del potere assoluto instaurato dopo la vittoria definitiva di Augusto: “ postquam bellatum apud Atium atque omnem potentiam ad unum conferri pacis interfuit, magna illa ingenia cessere; simul veritas pluribus modis infracta , primum inscitia rei publicae ut alienae, mox libidine adsentandi, aut rursus odio adversus dominantis, dopo la battagli di Azio e convenne alla pace che tutto il potere venisse conferito a uno solo, quei grandi ingegni tramontarono; nello stesso tempo la verità risultò spezzata in vari modi, innanzitutto per l’ignoranza della vita politica come diventata estranea, poi per la brama di assecondare, o viceversa per odio contro chi comandava (I, 1).
Tacito fa professione di imparzialità tanto nell’incipit degli Annales dove dichiara che racconterà la storia del principato di Tiberio e dei suoi successori sine ira et studio quorum causas procul habeo, senza malanimo e partigianeria i cui motivi sono lontani da me.
Nelle precedenti Historiae che però raccontano anni successivi alla morte di Nerone, Tacito aveva già elogiato e rivendicato tale mancanza di partigianeria pur senza negare di avere fatto carriera politica sotto Vespasiano, Tito e Domiziano: “sed incorruptam fidem professis neque amore quisquam et sine odio dicendus est” (I, 1) ma chi fa professione di affidabilità non soggetta a corruzione deve raccontare di ciascuno senza amore né odio.
Dunque lo storiografo si accinge a scrivere con verità un’opera ricca di vicende –opus adgredior optimum casibus- feroce per le battaglie- atrox proeliis, discorde per le rivolte, ipsa etiam pace savom, violenta anche nella pace (I, 2). Vengono contati quattro imperatori ammazzati senza nominarli (sono Galba, Otone,Vitellio nel 69 e Domiziano nel 96), tre guerre civili (fra le truppe dei primi tre) poi guerre esterne più numerose.
Segue un elenco di brutture anche morali: “Pollutae caerimoniae, magna adulteria, plenum exiliis mare, infecti cedibus scupuli” (I, 2) cerimonie profanate, grandi adultèri, pieno di esilî il mare, insozzati di stragi gli scogli.
Bologna 3 aprile 2022 ore 11, 54
giovanni ghiselli
p. s
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