Carissimi amici,
oggi sarò a Cento per parlare di Erodoto
Carissimi soci e amici inviamo in allegato:
AC Incontri n. 669: “Erodoto e la nascita della storiografia” con Gianni Ghiselli.
Sabato 2 aprile ore 17,00. Museo Gipsoteca Vitali via Santa Liberata 11a Cento FE.
Artecento A.C.
Dopo una introduzione sulla storiografia greca e su quella erodotea in particolare, presenterò la favola bella e tragica del re matto Candaule che volle mostrare sua moglie nuda al suo custode e amico Gige. Seguirà la vendetta della donna. Ne do una breve anticipazione.
Capitolo I
Il re Candaule di Lidia era smisuratamente innamorato di sua moglie. Convinto di avere la donna più bella del mondo, si mise in testa che la persona a lui più cara tra le sue guardie del corpo, Gige, dovesse vederla nuda. Questo manifestò la propria riluttanza, assicurando il re che non aveva bisogno di vedere per credere alle affermazioni udite, e pregandolo di non chiedergli cose contrarie alla legge .
Traduzione
I, 8, 1: "Questo Candaule dunque era molto innamorato della propria moglie, e, siccome innamorato, credeva di avere la donna di gran lunga più bella di tutte".-
Commento
".-hjravsqh: aoristo passivo di e[ramai, con il genitivo. Il verbo è ripreso al participio dal successivo ejrasqeiv" con valore causale.- La ripetizione del verbo prelude alla dismisura di questo amore che porterà Candaule alla rovina. Sulla terribile forza della passione amorosa e sulla potenza anche deleteria di Afrodite leva il suo canto il coro nel terzo stasimo dell'Antigone (vv. 781-800):"Eros invincibile in battaglia,/Eros che sulle ricchezze ti abbatti,/che nelle morbide guance/della fanciulla trascorri la notte,/vai e vieni tanto sul mare quanto/nelle agresti dimore:/e degli immortali nessuno ti sfugge/né degli uomini effimeri;/ma chi ti trattiene è impazzito./Tu anche dei giusti le non più giuste (su; kai; dikaivwn ajdivkou")/menti trascini alla rovina (frevna" paraspa/'" ejpi; lwvba/) /tu anche questa contesa consanguinea/di uomini hai scatenato;/e vince il desiderio vivace/degli occhi della fidanzata bella nel letto/e siede accanto nella gestione delle grandi /leggi: ineluttabile infatti/gioca la dea Afrodite".
"Sicché, credendo questo, siccome aveva tra le guardie del corpo Gige figlio di Daschylos che gli piaceva più degli altri, a questo Gige, Candaule confidava anche i più importanti tra i suoi affari, perfino arrivando a lodare oltre misura l'aspetto della moglie.
I, 8, 2Passato non molto tempo, infatti era necessario che per Candaule finisse male, diceva a Gige tali parole".
crovnou de; ouj pollou' dielqovnto": genitivo assoluto. Il fatto che il tempo passato non sia molto, significa che Candaule non fa uso di questo strumento atto a smascherare e a correggere: nell'Edipo re Creonte chiede al cognato di non essere frettoloso nel giudicarlo male:"crovno" divkaion a[ndra deivknusin movno", solo il tempo rivela l'uomo giusto (v.614), e il corifeo lo approva aggiungendo:"infatti i veloci a capire non sono sicuri" (v.617).
Il coro dell'Elettra di Sofocle nella parodo ricorda alla protagonista, la quale compiange la propria desolazione, che il tempo è un dio che tutto appiana:"crovno" ga;r eujmarh;" qeov" " (v. 179).
Machiavelli nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio sostiene che nel caso di "occulta cagione" da cui procede "alcuna malignità occulta...la fa poi scoprire il tempo, il quale dicono essere padre di ogni verità"(I, 2). Nel Re Lear Cordelia dice:"Time shall unfold what plaited cunning hides "(I, 1), il tempo svelerà ciò che l'attorcigliata astuzia nasconde.
:”Gige, in effetti non mi sembra che tu mi creda quando parlo dell'aspetto della mia donna (infatti le orecchie degli uomini si trovano ad essere più incredule degli orecchi): fa' in modo di osservarla nuda”
Candaule è dunque un re matto, come Lear lunatic King e altri: per esempio Caligola, imperatore lunatico non solo perché voleva la luna (cfr. Svetonio, Vita, 22 e il dramma di Camus Caligola ) ma anche per diverse stravaganze, tra le quali quella di mostrare etiam nudam, anche nuda agli amici, Cesonia, l’amante preferita, che del resto pare non fosse particolarmente bella né giovane (Svetonio, Vita, 25).
Questo tipo di pazzia si trova pure nel Decameron di Boccaccio: “ La mite e "obediente" Griselda venne esposta senza vestiti dal marchese di Saluzzo a tutta la sua brigata :" Gualtieri, presala per mano, la menò fuori, ed in presenza di tutta la sua compagnia e d'ogni altra persona la fece spogliare ignuda", quindi la fece rivestire, la chiese in moglie, ed ella rispose:"Signor mio, sì".
Dopo il matrimonio la donna subì tutta una serie di orribili angherie e torture inflittele dalla "matta bestialità" del marito senza mai ribellarsi e finalmente con la sua "lunga pazienza" gli fece passare la paura della donna (X, 10).
Ma questa regina di Erodoto è tutt’altro tipo di donna come vedremo.
I, 8, 3 "Quello (Gige) , dopo avere levato un alto grido, disse: “signore, quale discorso insano fai, ordinandomi di osservare nuda la signora mia? Con il levarsi di dosso la veste, la donna si spoglia anche del pudore”
è un'idea restrittiva della libertà della donna la quale deve badare a come va vestita se non vuole incorrere in una cattiva fama: una concezione che è tipica degli Ioni e degli Ateniesi, mentre non era condivisa dagli Spartani, come abbiamo notato nell'Andromaca di Euripide dove Peleo critica la scostumatezza delle ragazze spartane in quanto giravano poco vestite (vv.595-600).
Plutarco invece dà un'interpretazione non malevola dello stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto. Per eliminare poi in loro qualsiasi mollezza, sedentarietà e debolezza femminile ( [afelw;n de; qruvyin kai; skiatrofivan kai; qhluvthta pa'san[1]), le abituò a intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei giovani. Su questo argomento si può rilevare anche una posizione di Platone il quale nella Repubblica (457a) sostiene che dovranno spogliarsi le donne dei guardiani dato che si vestiranno di virtù in luogo degli abiti.
Inutile dire che nella morale cristiana tutto questo cambia. Per semplificare e sintetizzare al massimo voglio riportare una sentenza di Nietzsche:"Il cristianesimo diede a Eros del veleno da bere: egli non ne morì, ma degenerò in vizio"[2].
Venite a sentirmi la mia chiacchierata: vi farà pensare.
Bologna 2 aprile 2022 ore 11, 58
giovanni ghiselli
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