Su “la Repubblica” di oggi leggo un interessante intervista fatta da Sabrina Camonchia a Franco Berardi detto Bifo.
Lo ascoltavo parlare nelle assemblee della facoltà di Lettere nella primavera del ’68, la “nostra” primavera. Non l’abbiamo scordata. Tra i leader di quelle riunioni Bifo era tra i più creativi quando parlava. Per anni l’ho perso di vista perché dopo la laurea andai a insegnare nel Veneto e vi rimasi 5 anni. Allora non avevo la preparazione politica né storica per rispondergli poiché al liceo e all’Università mi avevano fatto studiare solo tecnicismi e manuali. Le idèe le ho trovate dopo leggendo gli autori per insegnarli ai ragazzi. Ora voglio replicare a una sua affermazione degna di risposta critica.
Dice dunque Bifo: “Siamo stati costretti a correre come lepri per competere, per svettare, per lavorare di più e meglio, per obbedire agli ordini della pubblicità. Poi è arrivata la pandemia. Il virus ha anestetizzato le rivolte che stavano montando in giro per il mondo”
Quindi l’intervistato passa alla “riconfigurazione del desiderio , che viene come de materializzato, de corporizzato. Un processo di resa già in atto ma che la pandemia, col suo isolamento, ha accelerato. Dove una volta c’erano i corpi, le carni, le labbra e gli umori, in una parola il sesso, oggi misuriamo l’assenza o la riduzione di tutto ciò (…) la de-sessualizzazione del desiderio produce disimpegno e diserzione, questo è quello che leggo sui muri, questo è il mio sentimento prevalente”.
Rispondo.
Invece il mio sentimento prevalente, caro Bifo, è il disgusto della tecnologia che ha invaso le anime dei giovani e ne cattura continuamente l’attenzione. E’ vero solo in parte che davamo retta alla pubblicità. Eravamo anche capaci di sentirne e denunciarne il pericolo. Non guardavamo né ascoltavamo sempre e solo quello che ci veniva gettato tra i piedi. Guardavamo con interesse le donne, alzavamo gli occhi al cielo, ascoltavamo le amiche e gli amici, discutevamo con loro. Retoricamente e politicamente.
Adesso bambine, bambini, ragazze e ragazzi, e pure molti tra gli adulti meno vecchi di noi vedono quasi solo e quasi sempre i cellulari e altri abominosi ordigni del genere. E’ la tecnologia che ha ucciso lo sguardo in alto e quello in avanti. A queste vittime è rimasto un a[skpon o[mma, citando un frammento di Parmenide, un occhio senza sguardo
La pubblicità ci lasciava spazio anche per vedere e ascoltare altro o comunque noi ce lo prendevamo
Nell’Edipo re di Sofocle, Edipo domanda a Creonte :"Ma quale male, caduto così il potere di Laio,/stando tra i piedi, vi impediva di sapere questo?"- Ossia chi aveva ucciso il re . Era stato lo stesso Edipo ma nel prologo di questa tragedia era ancora lontano dall’averlo scoperto
Il fratello di Giocasta risponde :"La Sfinge dal canto variopinto ci spingeva a guardare/quello che era lì tra i piedi- to; pro;~ posiv-, e a lasciare perdere quanto non si vedeva (tajfanh') –vv.128-131.
Quando ho iniziato a fare lezione su questo testo, nell’autunno del 1975, identificavo il canto della Sfinge con la pubblicità. Ma a questa molti giovani come noi sapevano anche dire di no.
Pochissimi invece sono i ragazzi di oggi che non si lasciano colonizzare e rimbecillire dalla tecnologia.
Questa ha adulterato anche il desiderio:
“I have lost my passion: why shoulf I need to keep it
Since what is kept must be adulterated?” (T. S. Eliot, Gerontion, 61-62).
Faccio molte citazioni quando scrivo, e pure quando parlo, in polemica con la scuola che non invoglia a leggere i testi.
Personalmente se ho perso un po’ della mia passione non è stato per la pandemia bensì per l’età, la vecchiaia mia e questa della civiltà in cui viviamo.
Non siamo comunque teste intronate”. Né tu, né io. Saluti. gianni.
Bologna 15 marzo 2023 ore 17, 44 Giovanni Ghiselli
p. s.
Il catalogo è questo
Sempre1333953
Nessun commento:
Posta un commento