Quindi Trigeo promette a Ermes in cambio dell’aiuto nel liberare Pace, di celebrare tutte le feste in suo onore: anche le Panatenee già dedicate ad Atena, i Misteri di Eleusi prima dedicati a Demetra, le Dipolie di Zeus e le Adonie di Afrodite. Quindi tutte le altre città liberate dai mali –pepaumevnai kakw`n- 422 sacrificheranno ovunque a Ermes che libera dal male- jAlexikavkw/ quvousin JErmh`/ pantacou` (422).
Si potrebbe fare un’offerta del genere a Putin e Biden, gli attuali pestelli dell’Europa.
Quindi Trigeo offre a Ermes una coppa d’oro perché possa fare le libagioni- spevndein- v. 424 che consacrino l’armistizio-spondhv-
L’idea è che una pace è possibile quando un potere forte, in questo caso un dio, può trarne vantaggio. La pace insomma coincide con l’utile del più forte.
Ermes sottolinea con una esclamazione lamentosa e ipocrita il suo essere ejlehvmwn-425- misericordioso verso le coppe d’oro. E’ questo un aspetto dell’euripidaristofaneggiare: la critica frequente alle divinità olimpiche in entrambi i drammaturghi.
Avuto il permesso da Ermes, Trigeo il capo dei pacifisti ordina ai coreuti di prendere i badili e togliere le pietre dall’ingresso della caverna dove si trova rinchiusa Pace.
Il Coro chiede a Ermes di dirigere le operazioni chiamandolo w\ qew`n sofwvtate il più sapiente degli dèi, un poco per piaggeria un po’ dando voce alla malizia dell’autore e del pubblico: Ermes era un ladro e i contadini anche loro quando potevano.
Trigeo vuole una coppa per brindare, ed Ermes grida: spondhv, spondhv: eufhmei`te eujfhmei`te (434), libiamo, libiamo, fate silenzio, fate silenzio. Fa venire in mente l’incipit del brindisi della Traviata.
Trigeo aggiunge che libando si deve pregare per un futuro migliore quando nessuno dovrà più impugnare le armi, nemmeno quelle difensive.
Il coro auspica che nella pace arrivi anche un’etera, una “compagna” che attizzi i carboni –a[nqraka~-440 che alludono al fuoco erotico.
Eros viene molto spesso associato al fuoco nel sermo amatorius. Faccio un solo esempio: Uritur infelix Dido (Eneide, IV, 68). Virgilio però associa l’amore all’infelicità, Aristofane all’allegria.
Trigeo maledice chi preferisce la guerra: che si ritrovi le punte delle frecce infilzate nei gomiti.
Segue la maledizione del Coro contro chi sperando di avere un ruolo direttivo nella guerra vieta alla povtnia, la signora, la Pace, di uscire alla luce: faccia la fine del vigliacco Cleonimo che ha abbandonato lo scudo. Cleonimo viene preso di mira come vigliacco in diverse commedie
Nelle Nuvole, queste che sono simbolo di trasformismo e "divengono tutto ciò che vogliono"(gignontai pavnqj o{ ti boulontai, 348) spiega Socrate, sicché "ieri vedendo Cleonimo quel gran vigliacco che gettò via lo scudo (rJiyaspin) per tale veduta divennero cervi"( e[lafoi 353-354).
Trigeo aggiunge che se un fabbricante di lance- ti~ doruxov~-447 o un mercante di scudi kavphlo~ ajspivdwn (447) desidera le battaglie- ejpiqumei` macw`n- per vendere meglio- i{n ejmpola`/ beltion… 8448)
Il corifeo lo interrompe proponendo questa pena: lhfqei;~ ujpo; lh/stw`n ejsqivoi kriqa;~ movna~ (449), preso dai ladroni mangi soltanto chicchi di orzo. Il pane di orzo era quello per gli schiavi.
Se poi , riprende Trigeo, se qualche contadino che vuole diventare capo militare non ci aiuta o se un servo si prepara a disertare …
Il corifeo propone che sia steso sulla ruota e flagellato (452)
Bisognerebbe in effetti che quanti speculano sulle guerre e sul sangue versato arricchendosi con il mercato delle armi venissero puniti in modo tale che smettessero di auspicare le guerre e di adorare il loro dio, Ares il cambiavalute dei copi.
Nel primo stasimo dell'Agamennone di Eschilo il coro di vecchi Argivi definisce Ares il dio della guerra "oJ crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi.
A causa sua
"invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno"(434-436). ajnti; de; fwtw`n-teuvch kai; spodo;~ eij~ eJkav-stou dovmou~ ajfiknei`tai (434-436).
La guerra dunque distrugge le vite e arricchisce gli speculatori.
Nell'Edipo re Ares viene deprecato dal religiosissimo autore come "il dio disonorato tra gli dei" ( ajpovtimon ejn qeoi'" qeovn, v.215).
Bologna 27 marzo 2023 ore 19, 23 giovanni ghiselli
p. s
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