giovedì 2 marzo 2023

La filologia senza filosofia è cosa tellurica.


 

Massimo Cacciari considera “un’opera straordinariamente fortunata, fin dall’età carolingia, il De nuptiis Philologiae et Mercurii del retore cartaginese Marziano Capella (360-428)  di cui abbiamo le prime citazioni tra il 440 e il 480” La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p. 37)

 E’ un trattato didattico, misto di prosa e di versi in metro vario, indirizzato al figlio. Quest’opera ebbe una grande importanza in tutto il Medio Evo. Venne commentata da Giovanni Scoto[1]

Il De nuptiis Philologiae et Mercurii ha esercitato un’influenza determinante “sull’iconografia delle artes liberales, dai rilievi del campanile di Giotto fino, in pieno Umanesimo,  a quelli di Agostino di Duccio nel tempio albertiano di Rimini.

A noi qui interessa brevemente analizzarla come possibile icona di quel nesso tra filologia e filosofia che ci sembra centrale per intendere il pensiero dell’Umanesimo” (p. 37)

Filologia ha nascita terrena ma ha preso dalla madre Phronesis l’intento di salire alle stelle come riuscì a Omero e Orfeo. Filologia simbolizza l’umano capax dei. Quindi ella deve rappresentare l’insieme delle arti liberali. Filologia è amore per ogni forma del logos.

 

Scoto legge le nozze in chiave neoplatonica e vede Mercurio come interprete della mente divina, colui che conduce al Nous.

 

La filosofia è una “gravis insignisque femina”, dalla folta chioma, colei che intercede presso Giove perché il dio conceda agli uomini eccellenti “ascensum in supera”. Filologia dovrà sposare l’interprete Mercurio che conduce a comprendere la Mente (nous). Tale comprensione sarà opus e labor di Filosofia la quale condurrà Filologia alla corte di Giove dove avverranno le nozze.

 

Per ascendere attraverso i circoli dei pianeti fino al sole, platonicamente chiamato “prima propago” dell’eccelsa potenza del padre inconoscibile, Filologia dovrà bere la bevanda dell’immortalità che Atanasia custodisce, prima però deve vomitare “coactissima egestione” (2, 135)  tutto ciò di cui è piena, ossia della erudizione umana, troppo umana.

 

Una nota personale: quando cominciai a insegnare al liceo nel 1975 e traducevo l’Edipo re e non sapevo commentarlo che con le regole della grammatica e snocciolando paradigmi, come avevano fatto i miei insegnanti con me, dal ginnasio all’Università, gli studenti del Rambaldi di Imola mi dissero che facendo così non davo niente alla classe: bastavano la grammatica, i manuali e il vocabolario per quella “ disordinata congerie di tecniche”.

Volevano sapere di più da uno trentenne e laureato. Domandai come potevo fare. Mi suggerirono di leggere  Nietzsche T. S. Eliot, Joyce, Freud e altri autori che conoscevo solo di nome. Lì per lì mi terrorizzai, poi mi impegnai fino a versare sangue, non quello di un montone, come Odisseo, bensì il mio per evocare quelle anime. Sono ancora grato a quegli studenti imperiosi e meravigliosi. Mi hanno curato l’anima, mi hanno fatto crescere.

 

“Marziano dice questo mystice poiché  fino a quando l’animo umano è gonfio della scienza terrena e ne è oppresso non può in alcun modo essere capace della vera sapienza che eleva al cielo” (Remigio di Auxerre, IX secolo)

Poi quella nausea ac vomitio si  trasforma in un’abbondanza di lettere, volumi che le Arti e le Muse raccolgono. Il sapere di Filologia diventa sapienza. “passa, per così dire, da potenza ad atto soltanto allorché Filologia inizia il cammino con Filosofia in supera, soltanto nel momento in cui ella desidera ardentemente l’immortalità”. (Massimo Cacciari, La mente inquieta, Saggio sull’Umanresimo, cap. terzo  Philosophica Philologia,  p. 38)

Dunque Filologia corre da Filosofia omni studio affectuque, e Filosofia la affida a Mercurio perché le faccia da guida e da sposo.

Scoto commenta “Nemo intrat in caelum nisi per philosophiam”.

Filologia subisce una metamorfosi dalla facies terrestre che vomita la disordinata congerie di tecniche a colei che riceve il dono delle arti dalle Muse.

Mercurio interpreta le arti con una esegesi orientata verso la filosofia. Dal cumulo di saperi le arti si trasfigurano in Armonia. E Filologia terrestre diventa celeste. Ermete è metaxuv tra Filologia e Filosofia “dialettizza l’ordine dei grammata con quello della philìa o eros  per la sapienza del Bene, che costituisce la timé di Donna filosofia”. (M. Cacciari, La mente inquieta, p. 39).

 

Ora commento Massimo Cacciari e Marziano Capella con Platone

 

Insomma la filosofia è quel supremo sapere raccomandato da Socrate ad Alcibiade nel dialogo Alcibiade II di Platone

SW. `Or´j oân, Óte g' œfhn kinduneÚein tÒ ge tîn ¥llwn

™pisthmîn ktÁma, ™£n tij ¥neu tÁj toà belt…stou ™pist»mhj

kekthmšnoj Ï, Ñlig£kij mn çfele‹n, bl£ptein d t¦ ple…w

tÕn œconta aÙtÒ, «r' oÙcˆ tù Ônti Ñrqîj ™fainÒmhn lšgwn;   

vedi dunque, dice Socrate ad Alcibiade, quando dicevo di questo rischio: che il possesso delle altre scienze se uno non possiede la scienza di quanto è ottimo (l'idea del Bene), di rado giova, mentre per lo più danneggia chi ce l'ha, non ti sembra che io parlavo dicendo quanto è sostanzialmente corretto? 

Alcibiade  dà ragione a Socrate il quale aggiunge

Ð d d¾ t¾n kaloumšnhn polumaq…an te kaˆ polutecn…an

kekthmšnoj, ÑrfanÕj d ín taÚthj tÁj ™pist»mhj, ¢gÒ-

menoj d ØpÕ mi©j ˜k£sthj tîn ¥llwn, «r' oÙcˆ tù Ônti

dika…wj pollù ceimîni cr»setai, ¤te omai ¥neu kubern»tou

diatelîn ™n pel£gei, crÒnon oÙ makrÕn b…ou qšwn; éste

sumba…nein moi doke‹ kaˆ ™ntaàqa tÕ toà poihtoà, Ö lšgei

kathgorîn poÚ tinoj, æj ¥ra poll¦ mn ºp…stato

œrga, kakîj dš, fhs…n, ºp…stato p£nta.  (Alcibiade II 147b)

 e chi possiede la cosiddetta conoscenza enciclopedica e politecnica , ma sia privo di questa scienza (del Bene), e venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte cose ma le sapeva tutte male 

Bologna 2 marzo 2023 ore 11, 10

giovanni ghiselli

p. s

il catalogo è questo

Sempre1328728

 



[1] Conosciuto anche con l'epiteto di Doctor Subtilis (Duns, 1265/1266 – Colonia, 8 novembre 1308), è stato un filosofo e teologo scozzese 

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