Trigeo chiede dove: poi` gh`~ ; 197 in quale terra sono andati gli dèi?
In nessuna terra risponde Ermes, ma povrrw pavnu 198, molto lontano proprio sulla volta del cielo, e Trigeo gli domanda come mai sia restato lì da solo (200)
Il dio è rimasto a custodire gli utensili degli dei: cutrivdia kai; sanivdiva kajmforeivdia (202), pentole e piccole tavole e brocche.
Aristofane dice che la realtà degli dèi, la loro vita quotidiana è modesta, simile a quella dei piccoli uomini
Il contrario di quanto leggiamo in Nietzsche poi in Platone.
Gli eroi dei Greci assomigliano agli dèi. L’assimilazione a Dio
“Ciò che non è greco nel Cristianesimo. I Greci vedevano sopra di sé gli dèi omerici non come padroni, e se stessi sotto di loro non come servi, al modo degli Ebrei. Essi vedevano per così dire solo l’immagine riflessa degli esemplari più riusciti della loro stessa casta, cioè un ideale, non un opposto alla loro natura. Ci si sente reciprocamente imparentati, c’è un interesse scambievole, una specie di simmachia (…) mentre i popoli italici hanno invece una vera religione da contadini, con una costante paura di potenze malvagie e capricciose e di spiriti maligni. Dove gli dei olimpici arretravano, anche la vita era più fosca e piena di paura”[1].
A questo punto urge testimonianza.
“Reciprocamente imparentati” si può commentare con queste parole di Omero: Atena dice al suo protetto Odisseo: tu sei di gran lunga il migliore di tutti i mortali per consiglio e parola ("boulh'/ kai; muvqoisin", Odissea, XIII, 298), io fra tutti gli dèi sono famosa per senno e accortezza ("mhvti te klevomai kai; kevrdesin", 299).
Nel Teeteto (176b) Socrate afferma che su questa terra c’è il male che non può perire, sicché bisogna cercare di fuggire di qui al più presto per andare lassù: e la fuga è un’assimilazione a dio per quanto è possibile e l’assimilazione sta nel diventare giusto e pio con intelligenza
“diÕ kaˆ peir©sqai cr¾ ™nqšnde ™ke‹se feÚgein Óti t£cista.: fug¾ d Ðmo…wsij qeù kat¦ tÕ dunatÒn· Ðmo…wsij d d…kaion kaˆ Ósion met¦ fron»sewj genšsqai”
Aristofane dunque assimila gli dèi agli uomini comuni, non gli eroi agli dèi. Negli Uccelli (del 414) Pistetero propone al Coro di volatili che si proclami la guerra santa (iJero;n povlemon, v, 556) contro Zeus e che si impedisca agli dèi di andare e venire a cazzo ritto per la terra (toi`si qeoi`sin ajpeipei`n dia; th`~ cwvra~ ejstukovsi-da stuvw, ho un’erezione,-557) mh; diafoita`n, come fecero più di una volta, commettendo adulterio moiceuovte~ con le Alcmene le Alopi e le Semele (vv. 556-559).
Nel Satyricon il vecchio poeta Encolpio vede nella pinacoteca l’immagine di Iuppiter peccaturus:
"Inter quos etiam pictorum amantium vultus tamquam in solitudine exclamavi:"Ergo amor etiam deos tangit. Iuppiter in caelo suo non invenit quod eligeret, et peccaturus in terris nemini tamen iniuriam fecit" (83, 4), e in mezzo a queste immagini di amanti dipinti, come se mi trovassi in un deserto, esclamai:" Allora l'amore tocca anche gli dèi! Giove nel suo cielo non trovò roba da scegliere, e venuto in terra per commettere peccati non ha però fatto torto a nessuno.
E certo: “amor omnibus idem”! ( Virgilio, Georgica III, v.244).
Torniamo alla Pace. Dunque Ermes spiega a Trigeo che gli dèi sono adirati con gli Elleni: “ {Ellhsin ojrgisqevnte~” (203) Sicché li hanno abbandonati andandosene o{pw~ ajnwtavtw (207) il più in alto possibile per non vederli sempre combattere e non sentirli supplicare. Al loro posto hanno messo Polemo- i{n j h\san aujtoi, to;n Povlemon katw/kisan (205). Davanti all’orrore delle guerre dunque gli dèi si allontanano dalla terra dove prima venivano anche a fare l’amore. Si può pensare anche allo Spirito Santo di cui si incinse Maria. Ora non ci sono più Cristi né cristiani. Il solo che c’è stato l’hanno crocifisso.
“In fondo è esistito un solo cristiano e questi morì sulla croce” (Nietzsche, L’Anticristo, 39)
giovanni ghiselli
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[1] Umano troppo umano -1878-I, 3 (La vita religiosa), 114
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