Trigeo si adopera per liberare Pace togliendo le pietre che chiudono la caverna. Ermes lo contrasta chiamandolo w\ miarev kai; tovlmhre 362, farabutto e temerario
Quindi il dio lo minaccia ricordandogli che Zeus ha decretato la morte per chi sia sorpreso a dissotterrare Pace- o{~ tauvthn ajnoruvttwn euJreqh/` ( 372).
Trigeo cerca di prendere tempo e prega di non venire denunciato ma Ermes dice che non può tacere. Allora il contadino si raccomanda pro;~ tw`n krew`n (378) in nome delle carni che gli ha regalato.
Ermes ha gradito il regalo ma teme che Zeus lo punisca se non fa la denuncia.
Trigeo allora chiede aiuto al coro il quale interviene ricordando a Ermes il coirivdion (384) – porcellino- che gli hanno regalato.
I coreuti pregano di nuovo Ermes di non impedire la scarcerazione della Pace e lo adulano chiamandolo w\ filanqrwpovtate kai; magalodwrovtate daimovnwn (391-392) o tu che sei il più amico degli uomini e il più generoso e perciò dovrebbe avere in orrore i guerrafondai. Quindi promette al dio sacrifici e processioni. Il do ut des dunque non è esclusivo della religione latina.
Trigeo appoggia i coreuti con una battuta: dice a Ermes che i suoi compagni contadini, i coreuti, lo onorano più di prima se timw`si ma`llon h] pro; tou`, in quanto essi sono klevptai ma`llon h] pro; tou` (401-402) ladri più di prima. Ermes infatti non era considerato solo psicopompo accompagnatore delle anime nell’oltretomba ma anche il dio dei ladri.
Figlio di Zeus e di Maia, nacque in una grotta del Monte Cillene in Arcadia (da cui l’epiteto Cillenio). Nato al mattino, già a mezzogiorno era uscito dalle fasce poi, trovato il guscio di una tartaruga. se ne era fatta una lira. Quindi era andato verso il tramonto in Pieria, dove Apollo pascolava le greggi degli dei e gli rubò 50 giovenche. Apollo inseguì e raggiunse il ladro, ma sedotto dal suono della sua lira, gli lasciò le bestie in cambio dello strumento.
Gli dèi possono condividere e giustificare i difetti degli uomini: Zeus seduttore e adultero, Ermes ladro e così via.
Trigeo poi cerca l’aiuto di Ermes svelandogli un complotto.
Le propagande non si peritano di inventare qualsiasi assurdità per raggiungere uno scopo: hJ ga;r Selhvnh cwj panou`rgo~ {Hlio~, -406-la luna di fatti e quel capace di tutto che è il Sole tramano contro voi dei da lungo tempo e tradiscono l’Ellade in favore dei barbari.
Pensate a quante assurdità hanno cercato di farci credere le due contrapposte propagande nel corso di questa guerra.
Ermes domanda per quale ragione Luna e Sole hanno ordito tale complotto. Ma è evidente, chiarisce trigeo: perché i Greci sacrificano agli dèi olimpici, mentre i barbari fanno offerte al Sole e alla Luna. Sicché annientando i Greci, Elio e Selene avebbero tutte le offerte-410-413.
Ermes crede che il complotto sia plausibile poiché il calendario lunare di 12 mesi con 28 giorni necessita di aggiustamenti con mesi intercalari di tanto in tanto e i ritocchi non erano sempre fatti bene. Sicché il dio dice che Sole e Luna rubano agli uomini dei giorni e, guidando i loro carri, rosicchiano una parte del giro- 423-414. Ermes che è un ladro attribuisce questa sua abitudine anche al Sole e alla Luna.
Contrappongo alcuni elogi del Sole che, non possiamo negarlo, è il dio supremo. Nell' Edipo re il sole è" pavntwn qew'n provmo"" (Edipo re, 660), il primo fra tutti gli dei, e la fiamma che nutre la vita. "th;n..pavnta bovskousan flovga"(v. 1425),
Virgilio, nella prima Georgica (463-464), afferma la sincerità del sole nel dare segni:"Solem quis dicere falsum/audeat? ", il sole chi oserebbe chiamarlo falso?
Seneca in una lettera a Lucilio (73, 6) esprime personale riconoscenza al sole e alla luna che pure sorgono per tutti:"Soli lunaeque plurimum debeo, et non uni mihi oriuntur ".
Se diamo una rapida occhiata alla letteratura moderna, vediamo che Francesco d’Assisi nel Cantico delle creature celebra specialmente tutto il creato e " spetialmente messor lo frate sole/lo quale è iorno, et allumini noi per lui./E ellu è , bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione". Questa riconoscenza per il sole interpretato quale Dio, o quale immagine visibile di Dio, sua prima propago” come si vede, percorre vari momenti della letteratura europea.
Dante ne fa il simbolo della grazia divina: il sole è il “pianeta/che mena dritto altrui per ogni calle” (Inferno, I, 17, 18), La luce del sole è il simbolo della grazia divina e guida verso la salvezza; infatti la lupa simbolo dell’avarizia risospingeva Dante “là dove il sol tace” (v. 61).
Nel Purgatorio torna questa identificazione del sole con la grazia divina in questa preghiera di Virgilio:
" O dolce lume a cui fidanza i’ entro
Per lo novo cammin, tu ne conduci,
-dicea-, come condur si vuol quinc’entro
Tu scaldi il mondo, tu sovr'esso luci:
s'altra ragione in contrario non pronta,
essere dien sempre li tuoi raggi duci"(Purgatorio , XIII, 19-21).
Anche nel Convivio Dante esprime questa idea:
Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che’l sole (…) |
Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica (…) così Iddio tutte le cose vivifica in bontade ” ( III, 12). |
Sarebbe una preghiera quant’altra mai attuale e necessaria ma la mano che chiedono le parti un guerra è sempre una mano armata.
Bologna 24 marzo 2023 ore 17, 18
giovanni ghiselli
p. s.
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