Ricordate i brutti segni che preannunciano ad Antonio la sconfitta nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare?
Ve ne rammento uno, l’ultimo.
Nella mezzanotte fra il 31 luglio e il primo agosto del 30 ci furono i segni della fine di Antonio.
Si racconta che improvvisamente si udirono suoni armoniosi di vari strumenti e il clamore di una folla-kai; boh;n o[clou- con grida e danze da satiri, come fosse una schiera dionisiaca che procedeva non senza turbolenza-w{sper qiavsou tino;" oujk ajqoruvbw" ejxelauvnonto" - e sembrava che avanzasse attraverso il centro della città in direzione della porta esterna, quella rivolta dalla parte dei nemici-ejpi; th;n puvlhn e[xw th;n tetrammevnhn pro;" tou;" polemivou" –.
Là giunto, il tumulto arrivato al massimo, cessò. Kai; tauvth/ to; qovrubon ejkpesei`n plei`ston genovmenon- A chi esaminava il segno pareva che abbandonasse Antonio il dio con il quale egli aveva continuato a identificarsi e a conformarsi (Plutarco, Vita di Antonio, 75, 4-6).
Su questo episodio Costantinos Kavafis scrive una poesia, tra le più note delle sue.
JApoleipein oj qeo;" jAntwvnion. E’ greco moderno. il dio abbandona Antonio.
Il poeta suggerisce allo sconfitto di non impietosirsi per la fortuna che lo abbandona e per le sue imprese fallite, per i progetti caduti, per la zattera della sua vita che sta naufragando.
Salutala la tua Alessandria che dilegua. Avvicinati con passo fermo alla finestra e concediti quest’ultimo piacere con passo fermo. Ascolta il suono, il dolcissimo concerto tou` mistikou` qiavsou, della mistica brigata e saluta la tua Alessandria che perdi.
giovanni ghiselli
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