Negli Acarnesi segue la seconda Parabasi , breve (1150-1173), nella quale l'autore se la prende con un suo nemico cui augura buffe disavventure culinarie e scatologiche.
Si tratta di un certo Antimaco, un corego alle Lenee, che una volta mandò via il coro senza cena-a[deipnon. 1156.
I coreuti degli Acarnesi lo maledicono con il cattivo augurio di vederlo un giorno voglioso di una seppia- teuqivdo" deovmenon (1157), la quale però, arrostita e sfrigolante, si troverà posta sulla tavola dove c’è il sale e quando Antimaco famelico andrà per prenderla gliela imbolerà una cagna più affamata di lui e scapperà via. Un buffo contrappasso di giusta punizione dell’ affamatore.
Ma non solo questo deve capitargli.
Sarebbe bello che una notte mentre torna dal maneggio febbricitante, un ubriaco-mequvwn -1166, una specie di Oreste pazzo, gli spaccasse la testa e Antimaco cercasse di prendere una pietra ma nell’oscurità dell’aria e del suo cervello prendesse in mano uno stronzo cacato di fresco- ejn skovtw/ lavboi- th`/ ceiriv pevleqon ajrtivw" kecesmevnon- (1169-1170. cevzw= caco.
Ancora meglio se poi scagliando questo reperto fecale colpisse Cratino. Il collega di Aristofane
giovanni ghiselli
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