Dopo tutto gli Spartani non hanno avuto torto nel difendere i loro alleati Megaresi, conclude Diceopoli.
Il coro a questo punto (557 e sgg.) si divide in due semicori: uno convinto da Diceopoli, mentre l’altro continua a dargli torto e ad approvare la guerra, tanto che chiama in aiuto lo stratego guerrafondaio:
"Lamaco sguardo di folgore
tu che sull'elmo hai la Gorgone, soccorrici
o Lamaco, caro, compagno di tribù" (566-568).
Lamaco interviene con atteggiamenti da miles gloriosus cioé da spaccone e gradasso: apostrofa Diceopoli chiamandolo pezzente -ptwcov"- e minacciandolo.
Questo si difende ricordando di essere
"buon cittadino-polivth" crhstov"- 595 e non un intrigante,
e da quando c'è la guerra un buon soldato stratwnivdh" mentre tu sei un misqarcivdh" (596-597), un signore dalla paga alta.
La truppa e il capo nelle guerre. Euripide e Brecht.
Il diverso trattamento nei conflitti del povero soldato rispetto al signore della guerra viene denunciato come ingiusto anche da Euripide, quindi da Brecht
Nell’ Andromaca, Peleo si scaglia contro Menelao : lo chiama infame assassino di Achille (v. 615). E aggiunge che non vale nulla (v. 641), che non ha avuto nessun merito nella presa di Troia. In Grecia c’è l’usanza sbagliata di riconoscere solo ai capi il vanto delle imprese, e il comandante, non facendo niente più di uno solo, ottiene una fama maggiore
“oujde;n plevon drw'n eJno;" e[cei pleivw lovgon” ( v. 698).
La Medea di Euripide rinfaccia a Giasone l’aiuto che gli ha dato per compiere l’impresa: “ il drago, che avvolgendo il vello tutto d'oro/lo sorvegliava con le spire contorte senza dormire,/io l’ho ucciso e ho sollevato per te la luce della salvezza (Medea, vv. 480-482).
Bertolt Brecht fa eco a questa critica: “Il giovane Alessandro conquistò l’India./Da solo?/Cesare sconfisse i Galli./Non aveva con sé nemmeno un cuoco?”[1].
“Per lo schifo -continua Diceopoli- ho fatto una tregua separata-tau`t j ou\n ejgw; bdeluttovmeno" ejspeisavmhn (599) "vedendo uomini canuti nei ranghi
e giovani come te che scappavano via " (600-601),
poi quelli in Tracia ricevere la paga di tre dracme ( misqoforou`nta" trei`" dracmav" 602).
E’ l'eterna critica diretta ai profittatori delle guerre: quelli dell'"armiamoci e partite" che abbiamo sentito qui in Italia a proposito della guerra del golfo.
Un canto anarchico di moda nel '68 malediceva Gorizia e gli ufficiali che (al tempo della prima guerra mondiale) restavano "con le mogli nei letti di lana" mentre la truppa andava a versare il sangue.
Contro la guerra cfr. le tragedie: Edipo re, Agamennone, Troiane, Elena.
Nell'Edipo re[2] Ares viene deprecato dal religiosissimo Sofocle come "il dio disonorato tra gli dei" ( ajpovtimon ejn qeoi'" qeovn, v.215).
Ares è, già per Zeus nell'Iliade il più odioso tra gli dèi (" e[cqisto" dev moi ejssi qew'n", V, 890); questo anti-dio è, secondo Eschilo, nell'Agamennone , il cambiavalute dei corpi ("oJ crusamoibo;" d& [Arh" swmavtwn", 437) e gli uomini che partono per la guerra tornano a casa in forma di ceneri dentro le urne[3];
Anche Euripide, che pure aizza spesso l'odio ateniese contro Spartani e Spartane, attribuisce a Poseidone una condanna delle devastazioni belliche nel prologo delle Troiane[4] :"mw'ro" de; qnhtw'n oJvsti" ejkporqei' povlei", -naou;" te tuvmbou" q ,JJjj iJera; tw'n kekmhkovtwn,-ejrhmivvva/ dou;" aujto;" w[leq ' u{steron"(v. 95-97), è stolto tra i mortali chi distrugge le città, gettando nella desolazione templi e tombe, sacri asili dei morti; tanto poi egli stesso deve morire.
Nell'Elena [5](vv. 37-40) e nell'Oreste[6] (vv. 1640-1642) il tragediografo afferma che la guerra è un mezzo voluto dagli dèi per alleggerire il mondo oberato dalla massa troppo numerosa dei mortali.
Tale giudizio contro la guerra si trova anche alla fine dell’Elettra euripidea, quando Castore annuncia a Oreste che Elena sta arrivando, insieme con Menelao, dall'Egitto, dalla casa di Proteo, poiché a Troia non è mai andata, “Zeu;~ d j, wJ" e[ri" gevnoito kai; fovno" brotw'n,- ei[dwlon JElevnh~ ejxevpemy j ej~ [Ilion ” ( Elettra, vv. 1282-1283), ma Zeus mandò a Ilio un'immagine (ei[dwlon) di lei, affinché ci fosse guerra e strage dei mortali.
Mi sembra particolarmente opportuno ricordare tali giudizi sull'assurdità della guerra che viene imposta agli uomini comuni, se non dagli dèi, dall'alto dei palazzi del potere, affinché i mortali poveri, servano a interessi che sicuramente non sono i loro. "Sì sì, lei non era qui". Dice di Elena la Cassandra di Christa Wolf. E aggiunge:"Il re d'Egitto l'aveva tolta a Paride, quello stupido ragazzo. Lo sapevano tutti nel palazzo, perché io no? E ora? Come ne usciamo, senza perdere la faccia?. Padre, dissi, con un fervore col quale non gli parlai mai più. Una guerra condotta per un fantasma, può solo essere perduta"[7].
Diceopoli interpella uno del coro un uomo per bene, lavoratore, già canuto (poliov" 610) e gli domanda se sia mai andato a fare l'ambasciatore al pari dei personaggi della nomenclatura del regime. Quello fa segno di no.
Poi rinfaccia a Lamaco il ricco stipendio che prende. Lo Quindi lo stratego ribadisce la propria volontà di fare sempre la guerra contro i Pelponnesiaci –ajll j ou\n ejgw, me;n pa`si Peloponnhsivoi" -ajei, polemhvsw (620-621)
Diceopoli invece proclama ai presunti nemici "Peloponnesii, Megaresi e Beoti"(623-624) di vendere pwlei`n e commerciare ajgoravzein con lui, e di escludere Lamaco 625
Bologna 28 luglio 2021 ore 11, 35
giovanni ghiselli
p. s.
Ringrazio i cari amici che mi hanno augurato buone vacanze. Vedrò di meritarmi questi auspici rendendole davvero buone: studiando, scrivendo e facendo esercizio fisico. Un’ascesi mentale e somatica per allontanare malattie, decrepitezza e morte. Una a[skhsi" che consiglio a tutti
gianni ptwcov" pesarese, iscritto a tutti gli ordini mendicanti salute, bellezza e amicizia. Insomma la Vita. salirò alla Verna per pregare l’onesto Francesco.
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