Vi ho visto l’antiarte seguita dall’arte e ho capito perché Raffaella non mi è mai piaciuta. Un allievo mi ha ricordato che ne sconsigliavo la visione in classe già verso il 1986. Ora, ripeto, mi disiace che sia morta ma la polemica che ci è stata su quanto ho scritto, mi ha fatto capire che c’è un abisso tra il genere dello spettacolo rappresentato da lei e quelli che piacciono a me. Credo che ci sia un’ incompatibilità tra i gusti di quelli cui piaceva la Carrà e i gusti miei
Anche questi ad alcuni piacciono ad altri no.
Non biasimo e non elogio né gli uni né gli altri, tanto meno prpongo me stesso quale modello, ma so che siamo due specie spirituali e culturali diverse e contrapposte.
Riporto sotto un brevissimo oggetto dei miei studi. Pure questi ad alcuni non piacciono. Dunque non mi leggano e lasciamoci in pace a vicenda. Per favore.
“Sotto l'incantesimo del Dionisiaco non solo si stringe il legame fra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile o soggiogata, celebra di nuovo la sua festa di riconciliazione col suo figlio perduto, l'uomo.
La terra offre spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle terre rocciose e desertiche si avvicinano pacificamente. Il carro di Dioniso è tutto coperto di fiori e ghirlande: sotto il suo giogo si avanzano la pantera e la tigre. Si trasformi l'inno alla gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l'immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al dionisiaco. Ora lo schiavo è uomo libero, ora s'infrangono tutte le rigide, ostili delimitazioni che la necessità, l'arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilite fra gli uomini. Ora, nel vangelo dell'armonia universale, ognuno di sente non solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno con esso, come se il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in brandelli davanti alla misteriosa unità originaria"[1].
Cfr. Il primo Stasimo delle Baccanti.
Ant. b Il demone figlio di Zeus
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. 420
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
gioia del vino che toglie gli affanni (vv. 417-423)
L' Inno alla gioia è originariamente un componimento giovanile di Friedrich Schiller (1759-1805). Con questa ode il poeta intendeva esprimere la sua visione idealistica sullo sviluppo di un legame di fratellanza fra le persone: « L'uomo è per ogni uomo un fratello! Che tutti gli esseri si abbraccino! Un bacio al mondo intero! ».
Beethoven condivise questa visione e scelse di musicare la poesia di Schiller nel movimento finale della sua Nona Sinfonia, che compose nel 1823. Il risultato fu la famosa melodia dell''Inno alla gioia'.
An die Freude Freude, schöner Götterfunken, |
Alla gioiaGioia, bella scintilla divina,
|
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"Con il termine "dionisiaco" si esprime: un impulso verso l'unità, un dilagare al di
fuori della persona, della vita quotidiana, della società, della realtà,
come abisso dell'oblio…un'estatica accettazione del carattere totale della
vita…la grande e panteistica partecipazione alla gioia e al dolore, che approva
e santifica anche le qualità più terribili e problematiche della vita…
Con il termine apollineo si esprime: l'impulso verso il perfetto essere per sé, verso l'"individuo" tipico, verso tutto ciò che semplifica, pone in rilievo, rende forte… Lo sviluppo ulteriore dell'arte è legato all'antagonismo di queste due forze artistiche della natura così necessariamente come lo sviluppo ulteriore dell'umanità è legato all'antagonismo dei sessi. La pienezza della potenza e la moderazione, la più alta affermazione di sé in una bellezza fredda, aristocratica, ritrosa: l'apollinismo della volontà ellenica"[2].
Bologna 8 luglio 2021 ore 23, 19
giovanni ghiselli
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