domenica 18 luglio 2021

L’idiota nel salotto della signora Epančin

Il principe Lev (Leon) Myškin educatore in Svizzera

 

Parte della conferenza del 21 luglio in piazza Verdi

 

 Elizavieta, la padrona di casa,  vuole esaminare il principe e lo fa parlare: “voglio sapere se sa parlare” (68). È il padre di tutti gli esami.

Alexandra sussura ad Aglaja che potebbe essere un impostore invece che un idiota. Anche Aglaja lo sospetta.

Il principe racconta della sua malattia del suo sentirsi straniero quando arrivò a Basilea, di sera, ma poi udì il raglio di un asino che gli piacque molto e da quel momento tutto si rischiarò nella sua mente.

 

Uno può anche innamorarsi di un asino commentò Elizavieta, forse alludendo al Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare.

Titania ama un asino cui l’antichità attribuisce la massima potenza sessuale e il fallo più lungo e più rigido di tutti i quadrupedi.

Chagall ha dipinto Titania che accarezza l’asino.

Ma Goya nei Caprichos si addentra ancora più di Shakespeare nella sfera oscura dell’erotismo bestiale. Goya o la bestialità dell’erotismo.

 

Al suo risveglio Titania vede sopra di sé un tanghero con la testa d’asino.

La mattina si vergognano tutti. Il bosco è il simbolo della natura dove  gli uomini si rifugiano da un mondo dove la strada alla corona passa per il delitto. Ma la Natura non è soltanto il bosco: è anche la nostra istintualità con la sua follia.

Cfr. Le Baccanti di Euripide

 

Il principe fa un elogio degli asini: “sono animali utilissimi, laboriosi, forti, pazienti. Grazie a quell’asino la mia tristezza svanì e tutta la Svizzera mi piacque. Adelaida e Aglaja ridevano e pure il principe che poi confermò: l’asino è un personaggio utile e buono.

Il principe seguita a raccontare: lo portarono a Lucerna, in barca sul lago e provava oppressione. Poi invece si sentì felice. Aglaja gli chiede di insegnarle la felicità

“Io non posso insegnare nulla”. Cominciai a stare meglio e le giornate mi divennero preziose. Andavo a letto contento e al mattino mi alzavo più contento ancora, e non saprei spiegare perché

Il principe racconta di un uomo salito una volta sul patibolo: doveva essere fucilato per un delitto politico, Venti minuti dopo arrivò la commutazione della pena. Negli ultimi 5 di quei 20 minuti credeva di dover vivere tante vite e programmò ogni minuto. Aveva 27 anni. Vide una cupola con un tetto dorato che scintillava ai raggi del sole. Pensò che fossero la sua nuova sostanza e che si sarebbe amalgamato con loro. Se non dovessi morire, pensava, trasformerei ogni momento in un secolo, non perderei un attimo. 75

Il principe dice di avere vissuto meno degli altri ma Aglaja ribatte: se siete felice, vuol die che avete vissuto più, non meno degli altri (77).

Felicità è pienezza del tempo della vita.

A Lione dove lo condusse il dottor Schneider il principe vide un’esecuzione capitale. Dicono che non è uno spettacolo per donne lasciando credere che lo sia per uomini. Myskin racconta l’esecuzione cui ha assistito, una decapitazione.

 Adelaida vuole sapere del  primo amore di Lev.

“Non sono mai stato innamorato. Ma sono stato felice in altro modo.

Là c’erano solo bambini e tutto il mio tempo lo passavo con loro. Era tutta la frotta che frequentava la scuola. Avevano un Maestro, un certo Jules Tibau. Io non insegnavo: il maestro era lui. Stavo compagnia dei ragazzi. Dicevo loro tutto senza nascondere nulla. I genitori si stizzirono e il maestro mi odiava. Perfino Schneider mi rimproverò. Invero a un fanciullo può essere detto tutto: non bisogna nascondere nulla ai bambini. Come possiamo mentire ai bambini che ci guardano? Tibaut era geloso perché i bambini capivano me e non capivano lui.

Il docente incomprensibile è quello che non ha capito lui per primo quanto ha imparato a memoria

Tibaut si burlò di me quando dissi che noi potevamo insegnare poco, mentre loro potevano essere i nostri maestri. “essi ci curano l’anima” (p. 84).

 

Non dobbiamo dimenticare che l'insegnamento e l'apprendimento sono interdipendenti: "homines, dum docent discunt "[1] mentre si insegna si impara. Dagli studenti ho imparato e imparerò sempre molto: "Quaeris quid doceam? etiam seni esse discendum"[2], vuoi sapere che cosa insegno? che anche un vecchio deve imparare.

Dobbiamo dirlo ai nostri studenti: “Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari”[3].

  Tutti gli insegnanti, tutte le persone per bene, non dovrebbero mai smettere di  imparare :"semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa  tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale[4] (12, 51, 2).

Il maestro che ha canonizzato se stesso, ha firmato il proprio atto di morte.

 

All’inizio i ragazzi si burlavano di me: così alto e così poco grazioso, brutto di faccia.

Quando lo videro baciare Marie, gli lanciarono dei sassi. Non si trattava di amore. Era un bacio di compassione. Questa ragazza  aveva 20 anni, era tisica eppure lavava i pavimenti e faceva tutti i lavori più pesanti. Venne sedotta da un commesso viaggiatore che la portò via, poi l’abbandonò. Fece il viaggio di ritorno vivendo di elemosina. Tornò a brandelli . Non era mai stata bella, però aveva gandi occhi dolci dallo sguardo buono. Quando tornò sconciata, nessuno aveva più compassione di lei. La madre le disse: “mi hai disonorata!” tutti la consideravano come una reietta, respinta (reiecta) e da respingere. I vecchi la ingiuriavano, i giovani ridevano, pure le donne la condannavano e la guardavano con repulsione, come si guarda un ragno. 86.

La madre morì senza riconciliarsi con la figlia sebbene Marie la curasse. Ella stessa si riteneva l’ultima delle creature. Non aveva più nulla da mangiare perché nessuno voleva più darle lavoro. A volte uomini ubriachi le laciavano degli spiccioli per scherno. Lei li raccoglieva. Sputava sangue ed era talmente malconcia che si vergognava a farsi vedere. Alcuni ragazzi le gettavano addosso del fango. Accompagnava una mandria nei prati e il mandriano le dava gli avanzi del suo pasto di pane e formaggio. A lei sembrava una grazia. Quando la madre morì il prete non esitò a disonorare Marie in chiesa 87. Il curato era un uomo giovane che ambiva a diventare un grande predicatore  la additò al pubblico e disse: “ecco chi fu la causa della morte di quella donna venerabile, eccola a piedi nudi e a brandelli, esempio di coloro che perdono la virtù”

Questa vigliaccheria piacque a quasi tutti, ma i ragazzi capirono e intervennero in favore della disgraziata. Myskin aveva venduto per otto franchi una spilla con un brillante che ne valeva 40 e diede il ricavato a Marie dicendole di usarli con parsimonia e aggiungendi che non doveva temere nulla da lui che non la riteneva colpevole. Poi la baciò per compassione. I ragazzi li videro e risero e lanciarono perfino dei sassi. Continuarono a ingiuriare Marie e il principe arrivò a battersi per difenderla. Poi cercò di spiegare . Un po’ alla volta la pietà iniziò a invadere i  cuori dei ragazzi  che arrivarono prima a salutarla poi a portarle del cibo. Ascoltavano con interesse Myskin che prese l’abitudine di studiare  e di leggere per intrattenerli. Gli adulti, compreso Schneider lo accusavano di non nascondere nulla ai ragazzi e il principe rispondeva che se non avesse detto la verità lui i giovani l’avrebbero comunque saputa, magari messa sotto una cattiva luce.

Gli adolescenti presero in uggia il curato e alcuni ruppero con i sassi i vetri delle sue finestre. Il paese accusò Myskin di avere guastato i ragazzi che volevano bene a Marie rendendola felice. I ragazzi credevano che Myskin fosse innamorato di Marie e il principe glielo lasciava credere. Fu l’unica bugia che disse. Le ragazzette soprattutto battevano le mani al buon Leon.

La tisi di Marie si aggravava e anche le vecchie iniziarono a farle visita.

I ragazzi come tanti uccellini con le ali battevano alla sua finestra e le dicevano che la amavano. Quando Marie morì i ragazzi ornarono la bara di fiori e le misero una corona in testa. Il prete non osò disonorarla ancora.

I ragazzi continuarono e coprire la sua tomba di fiori

Il paese invece guidato dal curato e dal maestro di scuola perseguitava Leon. Anche Schneider era complice. Quella persecuzione legò il principe ai suoi adolescenti ancora più strettamente. Schneider gli disse che era un bambino anche lui come carattere e sviluppo mentale.

Myskin dice alle ragazze Epančin di non essere un bambino, però è vero che non mi piace trovarmi con gli adulti, non so stare con loro. La compagnia degli adulti mi pesa. La mia anima si tende verso i ragazzi “Il mio destino mi portava verso i ragazzi” 93. E’ tornato in Russia perché aveva capito che Schneider non poteva mantenerlo per sempre

“Molti mi ritengono un idiota, non so perché; una volta lo fui infatti, ma allora ne avevo pure l’aspetto; ora invece come posso essere idiota, dal momento che capisco che gli altri mi credono tale? 93

Ai ragazzi dispacque molto la partenza di Leon. Alla stazione molti, soprattutto le ragazzette singhiozzavano forte. Quando fu salito in vettura tutti gridarono Urrà!

Poi Myskin caratterizza i visi delle quattro donne: Adelaida ha un viso felice, il più simpatico dei tre. E’ molto bella e fa pensare a una buona sorella. “Voi Accostate la gente in modo simpatico e allegro ma sapete nondimeno sondare il cuore del prossimo”.

Alexandra ha un volto bellissimo e simpatico ma vi si legge una tristezza nascosta, “Voi non siete allegra. L’espressione del vostro volto ricorda la madonna di Hans Holbein il Giovane a Dresda” (del 1526).

 E’ la copia di quella autentica di Darmstadt.  Di Hans Holbein il Giovane rimangono molte copie di un ritratto di Enrico VIII che venne distrutto da un incendio nel 1698

A Elizavieta, Myskin dice che è una vera bambina. La donna lo riconosce e lo approva: il mio carattere è perfettamente identico al vostro

Infine ad Aglaja: “voi siete straordinariamente bella; Aglaja Ivanovna.Siete tanto bella che si ha paura a guardarvi”

“E poi? Le qualità morali?” domandò la madre

“E’ difficile giudicare la bellezza; non mi ci sono preparato. La bellezza è un enigma” 96. Poi aggiunge: “Bella quanto Nastasja Filippovna , sebbene abbiano visi molto diversi”.

giovanni ghiselli

 

 

 



[1] Seneca, Epist., 7, 8.

[2] Seneca, Epist., 76, 3.

[3] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Della virtù che dona.

[4] 40ca- 104 d. C.

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