sabato 31 luglio 2021

Aristofane. Acarnesi. parte XIII

 


 


 

Niente di bello né di buono c’è nella guerra

 

 

 

Esce di casa ed entra in scena lo stratego Lamaco. Un messaggero lo informa che deve andare a sorvegliare le frontiere del nord, sotto la neve (threi`n neifovmenon- 1075). Egli ne è contrariato assai; intanto Diceopoli viene invitato ad un banchetto da un messo inviato dal sacerdote di Dioniso: c'è cibo in abbondanza non mancano già pronte  aiJ povrnai pavra, focacce, schiacciate, torte di sesamo, paste, dolci, danzatrici- ojrchstrivde" 1094.

Diceopoli invece fette di pese: infatti le cipolle mi fanno schifo- ejmoi, de; temavch: krommuvoi" ga;r a[cqomai- (1100)

Lamaco chiede le due penne per l’elmo, Diceipoli le colombe e i tordi cicciottelli. Lamaco li guarda con desiderio e Diceopoli gli intima di non fissarli.

Quindi ordina un piatto di lepre e scommette che Lamaco sarà costretto a preferire ta;" cavallette- ta;" ajkrivda" (1117). A Lamaco la lancia to; dovru- 1118, mentre Diceopoli odina th;n cordhvn, la salsiccia.

Lamaco estrae l’asta dal fodero, Diceopoli prepara il bischero.

Lamaco lo scudo tondo con la Gorgone, Diceopoli la torta tonda di formaggio.

Lamaco si muove sotto la neve e un aria di tempesta, Diceipoli si appresta al simposio.

Quindi si svolgono contemporaneamente i due preparativi contrastanti: per la guerra e per l'orgia. Dei due naturalmente Lamaco che si fa portare "il tondo scudo con la Gorgone"(1124) è infelice.

Ordina al servo di portargli ta; krovmmua, le cipolle.

 Diceopoli, che ordina "il tondo piatto di focaccia col formaggio"(turovς 1125), è felice.

Il corifèo sottolinea l'enorme disparità delle condizioni, ovviamente per indurre gli Ateniesi a desiderare la pace:

"a uno spetta bere incoronato di fiori,

a te fare la guardia tremando dal freddo,

a lui dormire

con una ragazza splendidissima

stropicciandosi il coso!"(1144-1148).

 

 Viene del tutto smontato il fascino che la propaganda ingannevole attribuisce alla guerra dove non c'è niente di eroico, bello, invidiabile.

 

Anche Dino Buzzati nel romanzo Il deserto dei Tartari  la demitizza, seppure in modo diverso. Giovanni Drogo, un personaggio da tragedia greca, ha passato la vita nell'attesa della  gloria militare. Ebbene, quando arrivano i Tartari a portare la guerra, il protagonista, malato a morte, non può prendervi parte. Allora, invece di cedere alla disperazione accetta il suo destino come un eroe sofocleo e, in punto di morire, completamente solo, " benché nessuno lo veda, sorride" poiché ha compreso di avere affrontato e superato una prova ben più difficile di quella di coloro che muoiono in battaglia:" Tutto succederà nella stanza di una locanda ignota, al lume di una candela, nella più nuda solitudine. Non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra sorrisi di giovani donne. Non c'è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo. Oh, è una ben più dura battaglia di quella che lui un tempo sperava"(p. 147). Insomma anche Buzzati, come Aristofane, dice che c'è qualcosa di più eroico della guerra.

 giovanni ghiselli

 

 

 

 

 


Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLII. Una lettera supplichevole e una canzoncina irrisoria

  Martedì 7 agosto andai a lezione, poi a correre, quindi in piscina a leggere, nuotare, abbronzarmi, e mi recai anche a comprare un d...