"Tu-continua l'inquisitore- eri assetato di amore libero, e non già delle servili effusioni dello schiavo al cospetto del potente, che l'ha una volta per sempre atterrito. Anche qui, però, giudicasti gli uomini troppo altamente, giacché essi sono certamente degli schiavi, pur essendo stati creati ribelli…Se Tu lo avessi stimato meno, le tue pretese sarebbero diminuite, e questa sarebbe stata una cosa più vicina all'amore, giacché il suo fardello sarebbe stato meno pesante. L'uomo è debole e vile". L'inquisitore afferma che lui stesso e pochi altri come lui hanno capito meglio gli uomini e le esigenze umane togliendo ai più la libertà e accollandosene il terribile peso.
"Essi si persuaderanno da sé che abbiamo ragione, quando si ricorderanno la spaventosa schiavitù e il disordine in cui li aveva gettati la tua libertà…E tutti saranno felici, tutti i milioni di esseri, tranne le centinaia di migliaia che li governano. Perché unicamente noi, noi che conosceremo il segreto, saremo veramente infelici. Ci saranno allora migliaia di bambini felici e centomila infelici e martiri che avranno preso su di sé la maledizione della conoscenza del bene e del male". Quindi il vecchio annuncia a Cristo la sua condanna al rogo "perché sei venuto a disturbarci". Però all'ultimo momento cambia idea.
"Egli ha visto che il Prigioniero ha seguito il suo discorso fissandolo negli occhi con una espressione mite e penetrante, e con l'evidente determinazione di non rispondere. Il vecchio avrebbe voluto che l'Altro gli dicesse qualche cosa, sia pure qualche cosa di amaro e terribile. Ma Egli si avvicina ad un tratto al vecchio, e, continuando a tacere, lo bacia dolcemente sulle esangui sue labbra di novantenne. In ciò consiste tutta la sua risposta. Il vecchio sussulta. Un fremito contrae gli angoli della sua bocca; egli si avvicina alla porta, l'apre e Gli dice:"Va' e non tornar più…non tornare mai più!". E Lo lascia uscire "per le buie vie della città"[2].
Ho riferito questa splendida storia perché anche noi insegnanti abbiamo il dubbio che i giovani, molti tra i giovani, non vogliano davvero la libertà. Bisogna comunque sapergliela dosare.
Un’idea analoga si trova nel romanzo 1984 di Orwell. Winston, scoperto quale oppositore del Grande Fratello e del partito, viene torturato da O’Brien, un membro del partito interno, e, durante una pausa, si aspetta che l’aguzzino gli dica queste parole nell’intento di convertirlo dopo averlo sottomesso con il dolore: “He knew in advance what O’Brien would say. That the Party did not seek power for its own ends, but only for the good of majority. That it sought power because men in the mass were fraily cowardly creatures who could not endure liberty or face the truth, and must be ruled over and systematically deceived by others who were stronger than themselves. That the choice for mankind lay between freedom and happiness and that, for the great bulk of mankind, happiness was better. That the Party was the eternal guardian of the weak, a dedicated sect doing evil that good might come, sacrifing its own happiness to that of others”[3], egli sapeva già quello che O’ Brien avrebbe detto. Che il Partito non cercava il potere per i propri fini, ma solo per il bene della maggioranza. Che esso cercava il potere perché gli uomini in massa sono deboli e vili creature che non potrebbero sopportare la libertà o affrontare la verità, e devono essere governate e sistematicamente ingannate da altri che siano più forti di loro. Che la scelta per l’umanità si pone tra libertà e felicità e che, per la grande massa dell’umanità la felicità è migliore. Che il Partito era l’eterno tutore dei deboli, una setta dedicata a fare il male che possa diventare bene, sacrificando la propria felicità a quella degli altri.
Ma O’ Brien smentisce la previsione di Winston: “We are not interested in the good of others; we are interested solely in power…only power, pure power….We know that no one ever seizes power with the intention of relinquishing it. Power is not a means, it is an end…We are the priests of power ”[4], noi non siamo interessati al bene degli altri; noi siamo interessati soltanto al potere…solo il potere, puro potere…noi sappiamo che nessuno mai afferra il potere con l’intenzione di lasciarlo. Il Potere non è un mezzo, è un fine…noi siamo i sacerdoti del potere.
Il potere secondo l’Antigone di B. Brecht è una specie di droga che asseta di sé:"Perché chi beve il potere/Beve acqua salsa, non può smettere, e seguita/Per forza a bere".
giovanni ghiselli
[1] Matteo, 4, 3.
[2] F: Dostoevskij. I fratelli Karamazov, pp. 320 e sgg.
[3] G. Orwell, 1984, p. 275.
[4] Op. cit., p. 276.
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