sabato 17 luglio 2021

La storia di Elena Sarjantola. VI capitolo

Chioggia
La festa della conoscenza (continua 17 luglio)

 
Poi tornai a valutare il presente: “Fulvio, l’amico più caro, ha adocchiato quella studentessa italiana arrogante con l’intento malsano di farne la sua sposa e mettersela in casa. L’apparenza violenta la verità, e il risveglio per l’amico infatuato sarà molto amaro.
 Quando quella ragazzotta graziosa e prepotente sarà priva di maschera e si sarà rivelata quale Megera o  Erinni[7], allora non gli piacerà più, e le loro nozze, se saranno inopportunamente avvenute, avranno un sapore cattivo. Quindi lo sposo pentito andrà a piangere sulla riva del mare, come Odisseo a Ogigia, quando gli venne a noia Calipso.
Ermes, mandato da Atena: "lo trovò seduto sul lido: mai gli occhi/erano asciutti di lacrime, ma gli si struggeva la dolce vita/mentre sospirava il ritorno, poiché non gli piaceva più la ninfa, ejpei; oujkevti h{ndane nuvmfh "[8]. Un esempio di semplicità elegsnte. Una spiegazione di quattro parole. Senza chiacchiere aggiunte.
 
Fulvio
altra digressione breve

Qualche anno più tardi infatti Fulvio mi confessò che andava a piangere sul molo del porto di Chioggia invocando: “Debrecen, dove sei, e voi amici miei, dove siete?”
 Rimpiangeva il tempo perduto.
Ma nell’agosto del ’71, istigato da lei, partì dall’Ungheria senza salutare nessuno e per due anni non si fece vedere.
All’epoca Fulvio non voleva figurare nel numero degli scapoli malfamati e si assoggettò  a quel balordo imperativo nuziale che dovrebbe porre fine al concubitus vagus. Socialmente proibito, se non legalmente.
“Eh sì, eh - diceva ogni tanto - a una certa età, la nostra, uno deve sposarsi”.
“Davvero?” facevo io, e procedevo sulla mia strada peccaminosa, senza temere che il fuoco del cielo scendesse sulla mia testa di peccatore incallito. Certamente non il fuoco di Sodoma sterminatore degli uomini-donna.
Del resto ce ne sono ancora tanti scampati a quel fuoco. Per fortuna. Più ce ne sono, più noi donnaioli siamo contenti, per via della minore concorrenza.
 
Ma torniamo a quella sera di luglio e al pensiero che passava in rassegna i possibili proci di Helena. Un copioso drappello era radunato in quel luogo.
“Bruno, il romano, è belloccio, non posso negarlo, e fisicamente potrebbe anche piacerle, ma grazie a Dio, non sa parlare inglese ed è troppo estroverso, piuttosto incline alla fanfaronata : per una donna siffatta colui non è abbastanza distinto, Helena lo riterrebbe un ciarlatano da fiera; Alfredo non può piacerle: è troppo depresso e insicuro, in preda a un’indolenza agitata; Mario, il napoletano è grasso assai, e non poco gozzuto. Per giustificarsi dice “ho preso da mammà”, ma di fatto, in rebus ipsis, è più incline al cibo che a qualunque altra cosa; la mente intronata di Fausto, il fatuo,  non riesce a connettere verbo con verbo. Un qualche dio gli ha gettato pensieri confusi nel petto.
Tristano corteggia le donne con un’aria da seminarista. Così becca solo le vecchie[11].
Ezio ci prova sempre in maniera claunesca: quando va da ciascuna a chiedere: “Akarsz táncolni, akarsz táncolni? [12], strizza l’occhio furbetto e compie una ridicola piroetta da ballerino. Quindi il mattacchione si ferma e parla, a lungo, con un’eloquenza da marionetta. La sua mente non sa produrre altro.
Non ha molto senno sotto la zazzera. Le corteggiate talora gli ridono in faccia”.
Esageravo così, fluttuando tra l’iperbole e il paradosso, facendo mentalmente caricature spietate anche degli amici per darmi coraggio.
“I maschi stranieri - pensavo anche, con presunzione tipica del gallismo nostrano - non contano: non sono tanto interessati alle femmine, e comunque non sono arsi dal fuoco sacro di Eros, come te, vecchio mio. Alcuni sono già disfatti dall’alcol”.
A dire il vero, una volta un ragazzo finlandese mi aveva detto che si eccitava soprattutto quando vedeva scaricare da un camion casse di liquidi alcolici.
“Dio ti mantenga a lungo se tu ti contenti”, pensai
Naturalmente fece amicizia con Danilo, un sodalizio celebrato tre volte al giorno con sorsate veloci.
Forse anche per questa inclinazione un poco perversa dei loro maschi avevo messo nel mirino in primis le femmine finniche tra le altre straniere. Le italiane non erano ancora abbastanza emancipate dal perbenismo sessuale. In confronto al cigno cui assimilavo Helena, le connazionali mi parevano oche domestiche. Più tristi che giulive.
Ma l’apparenza mi ingannava. Non ero ancora in grado di togliere la maschera alle persone né alle cose. L’ho imparato più tardi.
  
giovanni ghiselli 

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