giovedì 15 luglio 2021

Shakespeare, "La tempesta"

13 luglio 2021

La tempesta

Riassunto e commento mio

 

Dissacrazione della regalità: il nostromo al re di Napoli Alonso e agli altri del suo seguito: Alonso il fratello di Sebastiano, il duca di Milano l’usurpatore Antonio che è fratello di Prospero, il duca legittimo,  poi  iprincipe di Napoli Ferdinando, e  il vecchio consigliere onesto Gonzalo: ”what cares these roarers for the name of King? (I, 1) dice il nostromo.

Quindi il boatswain aggiunge: “To cabin: silence! Trouble us not!" Latino turba (I, 1, 15-16)

Ma Gonzalo,  fa una battuta comica: il nostromo ha una faccia da forca e il good Fate deve tenere fede to his hanging-allied to cunctari- : il suo capestro sarà la loro salvezza. Se quest’uomo non è nato per la forca, il nostro caso sarà disperato (I, 1). Significa che non annegherà

Gonzalo preferirebbe fare una morte asciutta - I would fain a dry death (I,  1, 66) .

 

Nella seconda scena entrano prospero e sua figlia Miranda che intercede per i naufraghi e chiede al padre di placare le onde se le ha suscitate lui con la sua arte.

La ragazza non conosce il proprio rango né quello del padre.

Usa una metafora che ricorda pur con tutt’altro tono, il finale del Prometeo incatenato di Eschilo con la confusione degli elementi: la ragazza nota che il mare montando fino alle guance azzurre del cielo intenda spengerne il fuoco 84-5) .  La ragazza buona e ingenua auspica la salvezza per le nobili persone che si trovano a bordo in pericolo.

Prospero la rassicura-no harm (I, 2, 15). E tutto fatto per lei . Dice di non essere solo il padrone della misera caverna dove si trovano.

Garantisce che nessuno dei naufraghi subirà del male (I, 2, 23-24) 

Prospero si toglie il suo magic garment mantello magico e dice lie-Latin base leg-in lectus bed- here, my art, giaci qui, mia arte.

Miranda ricorda cose  lontane, like a dream, senza certezza (45) .

Prospero le racconta di essre stato dodici anni prima duca di Milano, poi  aveva affidato il potere a suo fratello Antonio thy false uncle-latin falsus avunculus a mother’s brother-, lo zio tuo infidi, per immergersi nei suoi studi segreti. Patruus invece è lo zio paterno.

Antonio divenne come un’edera che ricoprì il suo tronco trunk-truncus- principesco e ne succhiò il vigore. Prospero trascurò ogni cura mondana tutto dedito ad affinare la mente e questo suo ritiro risvegliò la cattiva natura nel suo false brother an evil-probably allied to over excessive- nature, e Antonio did believe he was indeed the duke-dux.

Miranda ascolta con attenzione e dice La vostra storia curerebbe la sordità: your  tale, sir-senior, would cure-cura- deafness-originally obfuscated al lied to greek tu'foς-smoke, darkness- illusione-

Antonio era talmente assetato di potere  (dry for sway) che si assoggetta al re di Napoli Alonso pur di impadronirsi del ducato di Milano

 Mentre Prospero: Me, poor man, my library was dukedom large enough.(I, 2, 108-109)

Antonio per spodestare il fratello si accorda con il re di Napoli cui si assoggetta sottomettendo il ducato di Milano al regno di Alonso.

Potere e cultura sono inconciliabili quanto potere e morale (cfr. Pasolini)

Miranda non vuole pensare che Antonio sia nato da un adulterio, nonostante sia l’opposto di Prospero: la nonna era una donna dal grembo onesto, ma good wombs have born bad sons (I, 2, 119)

Cfr. la duchessa di York nel Riccardo III.

I congiurati non osarono uccidere il duca e sua figlia bambina perché il popolo li amava

Prospero e Miranda vennero spinti su la carcassa marcia di un naviglio disarmato senza vela, albero, sartìe. The very rats istinctively have quit it (147-148) persino I topi l’avevano abbandonato d’istinto.

Furono lasciati lì a supplicare l’oceano urlante (to cry to the sea that roared us I, 2) (556-480).

Cfr. Il lamento di Danae di Simonide (556-468 ca). Danae è stata chiusa in una cassa con il figlioletto Perseo e gettata in mare per ordine del padre Acrisio.

Simonide fr. 13 D. Lamento di Danae

Danae chiusa nell’arca piange e dice al figlio

“Io soffro pene ma tu dormi

Con il tuo cuore di bimbo risplendi nella tenebra

Non senti il vento e le onde

Eu\de-dormi- brevfo~ eujdevtw de; povnto~ eujdevtw a[metron  kakovn

La donna chiede poi a Zeus una metabouliva, un cambiamento di volere.

 

Miranda salvò il padre dalla disperazione sorridendo come un cherubino con una forza che il cielo le infondeva ( Thou wast that did preseve-servo-are- me. Thou didst smile-meidiavw-, I, 2, 153).

Cfr. filommeidh;ς jAfrodivth dell’Inno omerico V (17)

Vennero salvati anche da Gonzalo il cancelliere onesto che mise nella nave cibo, vesti e libri.

 

Ora la Fortuna benigna (now my dear lady I, 2, 179),  che aiuta Prospero, ha portato sull’isola i nemici di Prospero

 

Entra Ariele, un folletto dell’aria schiavizzato da Prospero e pronto a fare tutto per accontentarlo: fino a cavalcare nubi ricciute (to ride over the curled clouds I, 2, 191-192).

Ariel ha fatto in modo che nessuno si facesse del male.

Si gettarono in acqua. Ferdinando gridava: “Hell is empty. And all the devils are here” (214), l’inferno è vuoto e tutti I demoni sono qui.

Ariele ha fatto arrivare Ferdinando sull’isola da solo. Anche la nave è salva nella rada da dove pospero mandò Ariele a prendere rugiada nelle flagellatissime Bermude.

Ariele vorrebbe la libertà, ma Prospero non gliela concede ancora, pur dopo gli splendidi servigi.

Ariel rivendica my liberty-libertas- (I, 2, 245)

Prospero però non vuole dargliela before the time be out  prima che il tempo sia scaduto, e gli ricorda il tormento dal quale lo ha liberato

Lo aveva imprigionato the foul witch Sycorax  la sconcia strega Sicorace, che per gli anni e la cattiveria si incurvò come un cerchio (I, 2, 258-259)  

Questa strega maledetta Sicorace per calamità svariate e per le sue fatture terribili a udirsi da orecchie umane fu bandita da Algeri (I, 2, 263-265))

La strega (hag) fu portata qua incinta e tu Ariele eri suo servo, ma tou wast a spirit too delicate-delicatus- to act-ago-actus- her earthy and abhorred-abhorrēre-provare orrore- commands-mando-are dare un incarico-  (I, 2) per attuare  i suoi ordini tellurici e odiosi  e respingevi le sue tronfie prove. Allora ella ti rinchiuse in un pino spaccato dove sei rimasto 12 anni in pena. Lei morì lasciandoti là a esalare lamenti frequenti quanto i giri della ruota di un mulino groans as fast as mill-wheels (281) Prima colei aveva scodellato un cucciolo tutto chiazzato (freckled).

Prospero liberò Ariel da lamenti che facevano ululare i lupi thy groans did make wolves howl e penetravano nei petti degli orsi sempre arrabbiati and penetrate the breasts of ever-angry bears (I, 2, 288-289) )

Sicorace era morta e non poteva liberarti: lo feci io.

Se ti lamenti, squarcerò una quercia-I will rend an oak- e  ti terrò inzeppato dentro le sue viscere nodose per altri 12 inverni (294-295)  

Il potere non è mai buono è sempre uguale, dappertutto. Le persone buone non vogliono il potere (cfr. Otane di Erodoto)

 

Ariel chiede perdono, allora Prospero gli promette la libertà entro 2 giorni

Deve intanto prendere le sembianze di una ninfa marina.

Prospero chiama Caliban slave, tou earth 8315-316).  E’ tellurico come i Tebani nati dai denti del drago, come Echione il padre di Penteo.

Cfr. Il Sofista di Platone con la gigantomachia tra le due razze umane.

 

Miranda non vorrebbe vederlo ma Prospero le ricorda che li serve in faccende utili-serves in offices-that profit us- (I, 2, 314-315)

Lo fa entrare in scena chiamandolo schiavo velenoso concepito da the devil himself dentro l’empia madre (321-322)

Prospero e Calibano si scambiano maledizioni e lo schiavo rivendica la sovranità dell’isola che era di sua madre. Ricorda pure che gli insegnò i pregi dell’isola (I, 2).

Prospero a sua volta gli rinfaccia che lo accolse nella sua grotta finché non tentò di violare l’onore di sua figlia

“me loimpesisti, se no di Calibani tutta l’isola!” (352: “I had peopled else- This isle with Caliban)

Prospero ricorda che l’ha istruito: Calibano barbugliava come un bruto. Ma la sua indole perversa era incompatibile con gli alimenti di un carattere virtuoso.

Cfr. il pessimismo pedagogico dell’Ecuba e l’ottimismo delle Supplici di Euripide e del Protagora di Platone.

Calibano replica che il profitto da lui ricavato nell’apprendere il linguaggio è avere imparato come maledire (I know how to curse I, 2, 366)

Prospero minaccia questo hag seed-semen-, seme di strega (368) : se non va a prendere la legna lo riempirà di dolori e lo farà ruggire finché le fiere non tremino al suo gemito (I, 2, 372-373).

Calibano deve obbedire.

Segue la canzone di Ariele che acquieta le onde: “con un bacio e un inchino almate le ondwe infuiate (the wild waves, 380) chede agli spirti gentili

Ferdinando, il principe di Napoli, lo sente e il canto calma il suo furore e la sua pena mentre siede sulla riva piangendo di nuovo  sul naufragio di mio padre e re weeping again the King my father’s wrack (I, 2, 439)

Si sente di nuovo la canzone di Ariele: "Full fadom five thy father lies/Of his bones are coral made;/Those are pearls that were his eyes:/Nothing of him that doth fade,/But doth soffer a sea-change/Into something rich and strange/ Sea –nymphs hourly ring his knell " (The Tempest , I, 2, 399-405),  tuo padre giace ad almeno cinque bracci,

delle sue ossa si sono formati coralli, sono perle quelli che furono I suoi occhi, nulla in lui scompare ma subisce un cambiamento marino in qualche cosa di ricco e strano. Le ninfe marine suonano la loro campana a ogni ora.

La prima delle Lezioni americane[1] di Calvino  si intitola Leggerezza e segnala un atto di delicatezza da parte di Perseo nelle Metamorfosi di Ovidio: il figlio di Danae, dopo avere ucciso la Gorgone anguicrinita, ne appoggia la testa al suolo ma, usandole un premuroso riguardo, ammorbidisce la terra con foglie e stende verghe nate nel mare:"anguiferumque caput durā ne laedat harenā " (IV,  741), per non sciupare con la sabbia scabra il capo che porta serpenti.  "Qui Ovidio ha dei versi (IV, 740-752) che mi paiono straordinari per spiegare quanta delicatezza d'animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri…Mi sembra che la leggerezza di cui Perseo è l'eroe non potrebbe essere meglio rappresentata che da questo gesto di rinfrescante gentilezza verso quell'essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo deteriorabile e fragile. Ma la cosa più inaspettata è il miracolo che ne segue: i ramoscelli marini a contatto con la Medusa si trasformano in coralli, e le ninfe per adornarsi di coralli accorrono e avvicinano ramoscelli e alghe alla Medusa"[2]. Insomma la Gorgone non è svanita nel nulla, ma come canta Ariele in La tempesta di Shakespeare :"Of his bones are coral made;/Those are pearls that were his eyes:/Nothing of him that doth fade,/But doth soffer a sea-change/Into something rich and strange " (The Tempest , I, 2), delle sue ossa si sono formati coralli, sono perle quelli che furono I suoi occhi, nulla in lui scompare ma subisce un cambiamento marino in qualche cosa di ricco e strano.

 

 

 

La nave sulla quale Encolpio, Gitone ed Eumolpo si imbarcano (99) si rivela un luogo simile all'antro di Polifemo, e il proprietario, l'archipirata Lica, viene chiamato Cyclops (101, 6) dal vecchio poeta che poi aggiunge:"fingite" inquit" nos antrum Cyclopis intrasse. quaerendum est aliquod effugium, nisi naufragium ponimus et omni nos periculo liberamus" (101, 7), immaginate, disse, che noi siamo entrati nell'antro del Ciclope. Bisogna cercare una via di scampo, se non mettiamo in conto un naufragio e ci liberiamo da ogni pericolo.

Più avanti, di fronte al cadavere del Ciclope Lica, Eumolpo dirà:"si bene calculum ponas, ubique naufragium est " (115, 17),

 

Ferdinando dice che quel suono non appartiene alla terra (I, 2, 410).

 

Prospero chiede a Miranda di sollevare le frangiate cortine degli occhi: the fringed curtains-cortīna late latin tenda (Ambrogio-) of thine eye-.

Arriva Ferdinando.  Miranda lo vede e ne  ammira l’apetto piacevole.

Prospero dice che è un uomo e sarebbe più bello se non fosse marchiato con il dolore cancro della bellezza with griefgravis- beauty’s-bellus-bellulus- canker-camcrum (418) .

Miranda definisce Ferdinando divino, soprannaturale, in quanto nella natura non ha mai visto nulla di così nobile.

Anche Ferdinando nota l’eccezionalità di Miranda

Lei dice di non essere un miracolo ma nubile di certo (certainly a maid, 430).

Ferdinando  dice di essere il re di Napoli dopo il naufragio del padre.

Prospero fa tra sé:” si sono scambiati gli occhi a prima vista” at the first sight they have chang’d-cambio-cambiare eyes (442-443) .

Ferdinando promette a Miranda  di farla regina di Napoli

Prospero vuole rendere difficile il successo perché una facile vittoria non renda vile il premio-lest too light winning –make the prize-prehendere- light. (I, 2, 453-454).

Prospero minaccia Ferdinando e Miranda gli chiede di non metterlo alla prova troppo duramente siccome lui è gentile ma non codardo.

Ferdinando ha tirato fuori la spada, ma Prospero può disarmarlo con la sua verga (stick, 475). Questa funziona come lo scettro del potere.

Tende poi a svalutare il pretendente di Miranda dicendole che rispetto ad altri uomini è un Calibano and they to him are angels (484) ed essi al suo confronto sono angeli.

Ma la ragazza non vuole che lui: i miei desideri sono umili e non ho amizione di avere una creatua migliore

Ferdinando dice che le sue energie vitali my spirits , as in a dream, are all bound up (489) sono tutte legate. Ma la prigionia gli va bene se lo tiene accanto a Miranda

Prospero a parte: it works-e[rgon, funziona. Quindi promette ad Ariel: sarai libero come i venti nelle cime.

 

Atto secondo (II, 1)

Gonzalo suggerisce al re Alonso di bilanciare la pena con la gioia in quanto sono ancora vivi- “good sir, weigh –our sorrow with our comfort”.

Sebastiano, fratello del re di Napoli e Antonio, fratello di Prospero, i due mascalzoni, irridono l’onesto consigliere Gonzalo.

“Sta dando la carica all’orologio del suo spirito e fra poco suonerà”, dice Sebastiano

Adriano, un altro nobiluomo, viene deriso dai due farabutti.

La figlia del re di Napoli, Claribella, si è sposata con il re di Tunisi (II, 1, 68-69).

Anche Alonso è seccato dall’ottimismo di Gonzalo. Si rivolge al figlio creduto morto e gli domanda: “quale strano pesce si è cibato di te?” what strange fish-hath made his meal on thee ?’”  (108-109)

Francesco, un altro nobile, dice di avere visto il principe che si salvava.

Sebastiano rimprovera il fratello Alonso  per la morte del figlio causato dal matrimonio della figlia data in sposa a un africano,  e Gonzalo lo rimprovera dicendo che irrita la piaga bisognosa di un impiastro (you should bring the plaster (134) , quindi aggiunge che se fosse lui il re abolirebbe traffici- no kind of traffic-, magistrati, lettere, ricchezza, povertà, asservimento, proprietà, confini, uso dei metalli, lavoro, grano, vino e olio, tutti in ozio ma in purità e innocenza: autorità nessuna no sovereignity (II, 1, 144-152))

La Natura produrrebbe tutto in comune- All things in common Nature should produce- senza sudore (without sweat, 156) o sforzo,

treason, felony-sword, pike, knife, gun, or need of any engine-would I not have; but Nature should bring forth –of it owwn kind, all foison, all abundance, tradimento, criminalità, spade, picche, coltelli, fucili, o bisogno di qualsiasi macchina, non vorei averne, ma la natura tirerebbe fuori per sua disposizione ogni raccolto e abbondanza

   to feed my innocent people  per nutrire il mio popolo innocente (II, 1, 155-160) )

Sebastiano gki domanda: “no marryng ‘mong his subjeìcts?” (161), nessun matrimonio ta i suoi sudditi?

Risponde Antonio, l’altro farabutto: “none, man; all idle; whores and knaves (162), nessuno, uomo, tutti in  ozio; puttane e furfanti  

Poi risponde Gonzalo: I would with such perfection govern, sir, t’ excel  the Golden age-aetas-aijwvn (163), governerei con tale perfezione, signore,  da superare l’età dell’oro.

Cfr. N. T. Matteo 6, 28 sui gigli dei campi che crescono senza faticare e senza filare, eppure nemmeno Salomone in tutta la sua gloria è abbigliato come uno di loro.

E pure Luca N. T: 12, 24: i corvi che non seminano né mietono e non hanno magazzini né granai, e Dio li nutre.

Tommaso Moro (1478-1538) ha scritto un’Utopia in latino (1516). I mali da evitare sono guerra, pena di morte e proprietà privata. I doveri morali sono il lavoro e la denuncia della corruzione.

 

Nel corso della sua vita (Londra, 7 febbraio 1478Londra, 6 luglio 1535) si guadagnò fama a livello europeo come autore umanista e occupò numerose cariche pubbliche, compresa quella di Lord Cancelliere d'Inghilterra tra il 1529 e il 1532 sotto il re Enrico VIII. Cattolico, il suo rifiuto di accettare l'Atto di Supremazia del re sulla Chiesa in Inghilterra e di disconoscere il primato del Papa misero fine alla sua carriera politica e lo condussero alla pena capitale con l'accusa di tradimento. La Chiesa cattolica lo venera come santo.

 

Parerga e paralipomena

 

Voglio chiarire ai miei lettori quanto è stato detto, nel convegno di sabato 10 luglio dal principale relatore il quale ha citato il dialogo Politico di Platone. Avrei voluto intervenire oralmente ma non c’è stata questa possibilità. Perciò lo faccio in questa sede.

 

Devo questo chiarimento a voi che mi leggete, a voi che oltre leggere le mie parole le ascoltate, e a Platone che mi ha insegnato forme di serietà e disciplina di cui sentivo la mancanza.

 

Il personaggio del dialogo indicato Straniero  risponde alle domande di Socrate il Giovane, matematico e filosofo.

Questo Straniero dunque dice che nel tempo detto di Crono tutti i beni si offrivano spontaneamente agli uomini: era quella un’era precedente la nostra. Allora infatti era il dio che reggeva la rotazione stessa e si  prendeva cura della sua totalità-ga;r aujth`" th`" kuklhvsew" h\rcen ejpimelouvmeno" o[lh" oJ qeov"- (271d).

C’erano poi gruppi di dèi che si occupavano delle varie parti del cosmo e pure gli esseri animati divisi in greggi diversi avevano come guide degli dèi che si occupavano di loro quali nomh`" qei`oi, pastori divini. 

Ciascun gruppo era autosufficiente, come ciascun pastore. Sicché non c’erano selvaggi, né cannibali, né c’erano per niente guerre né rivolte- povlemov" te oujk ejnh`n oujde; stavsi" to;  paravpan (271e). Agli uomini dunque veniva offerta la soddisfazione dei loro bisogni in quanto la divinità stessa li guidava al pascolo e presiedeva loro-qeo;" e[nemen aujtou;" aujto;" ejpistatw`n.

Nella fase attuale, questa di Zeus, invece sono i viventi più nobili e vicini alla divinità che guidano al pascolo altri generi più sprovveduti di loro- a[lla gevnh faulovtera aujtw`n nomeu`si.

Nell’epoca precedente gli  uomini vivevano sotto quelle guide, senza costituzioni , né Stati, né acquisto di donne né di figli. Tutti infatti risorgevano dalla terra che produceva ogni cosa. Erano nudi, dormivano su giacigli fatti con l’erba, all’aria aperta e senza coperte, siccome le stagioni erano ben temperate. Secondo questo mito dunque, c’era una volta il tempo di Crono, ora invece siamo nel tempo di Zeus.

Dobbiamo chiarirci e chiederci se quelli di allora avevano desiderio di scienze e dell’uso del discorso.

Non credo che queste ejpisthvmai  fossero le tecniche in uso adesso. Nel  dialogo Politico  ejpisthvmh significa “scienza politica” fondata sulla parola.

Compiuta questa epoca dunque, giunse l’ora della necessaria inversione-metabolhvn e[dei givgnesqai (272 d). Le nascite e le rinascite di quei figli della terra erano finite ed essi, tranne pochissimi, non vivevano più: erano caduti quasi tutti nella terra come seme. Allora il pilota dell’universo tutto tovte dh; tou` panto;" oJ me;n kubernhvth" (272e) abbandonò la barra del timone e si ritirò nel suo punto di osservazione. Anche gli altri dèi abbandonarono la sezione del cosmo affidata alla loro responsabilità. Il cosmo durante tale metabolhv ne rimase sconvolto e regredì verso il disordine del caos. Il dio si preoccupò per l’universo temendo che si inabissasse nel mare  della  indefinita dissomiglianza-ej" to;n th`" ajnomoiovthto" a[peiron o[nta povnton duvh/ (273d) .

Il dio allora tornò al timone per riordinare il cosmo. Gli uomini tornarono a nascere, partoriti però dalle donne la cui gravidanza divenne una regola generale come l’allevamento dei figli (274a). Gli uomini  dunque, privati della cura di un demone che li teneva come un pastore,  rimasti deboli  e non custoditi-ajsqenei`" a[nqrwpoi kai; ajfuvlaktoi gegonovte" (274b), venivano sbranati dagli animali delle selve e privi come erano ancora di mezzi e di tecniche- kai; e[t j ajmhvcanoi kai; a[tecnoi- non sapevano come procurarsi l’alimentazione siccome prima non avevano dovuto farlo. 

All’umanità allora arrivarono dei doni donatti dagli dèi con il necessario insegnamento e l’educazione per usarli para; qew`n dw`ra hjmi`n dedwvrhtai metj ajnagkaiva" didach`" kai; paideuvsew" (274c): il fuoco da Prometeo, le tecniche da Efesto e da Atena,  da altri i semi e le piante. Non ci sno nomi però si può pensare a Demetra e a Dioniso.

Ricevuti i doni,gli uomini non più seguiti dagli dei, dovevano dirigere se stessi e badare a sé –kaqavper o{lo" oJ kovsmo"- come fa l’intero universo, imitando il quale –w|/ summimouvmenoi – e seguendolo-kai; sunepovmenoi- noi sempre viviamo e veniamo al mondo- zw`men kai; fuovmeqa (274 d).

E’ dunque un errore confondere il re e l’uomo politico di questo ciclo con il pastore del gregge umano di allora, del tempo di Crono- poimevna th`" tovte ajnqrwpivnh" ajgevlh`" (275). Nel ciclo precedente ilpastore era  un dio.

Quindi ora dobbiamo porci il problema del metodo del governo della città e quello dell’uomo politico che  è altra cosa rispetto al pastore divino: è molto più simile di quel dio ai propri soggetti.

La tecnica dell’allevamento non spetta né si addice al re, non è arte regia.   

Non c’è altra arte regia che venga prima della  cura di tutta la comunità umana  (ejpimevleia dev ge ajnqrwpivnh" sumpavsh" koinwniva"-276b) e detenga il  potere sul genere umano. Sbagliavamo quando chiamavamo basilikh;n kai; politikhvn  arte regia e politica quella che è invece qreptikh;n tevcnhn –tecnica dell’allevamento (276c).

Dobbiamo chiamare arte politica e regia l’avere cura   ejpimevleian piuttosto che l’allevare- ma`llon h] th;n trofhvn (276d). Dobbiamo dunque distinguere to;n qei`on nomeva  il pastore divino dal curatore unano- to;n ajnqrwvpinon ejpimelhthvn . L’avere cura si associa alla libera accettazione di chi la vuole-tw`/ ejkousivw/, mentre l’allevamento è connesso alla costrizione violenta-tw`/ biaivw/ . Sbagliando aJmartavnonte" abbiamo collocato il tiranno nello stesso posto del re, mentre queste specie politiche sono diversissime tra loro-ajnomoiotavtou"-  Tirannico è il potere che viene esercitato con forza, mentre l’arte politica si esercita su animali bipedi che liberamente l’accettano e chi detiene questo potere come arte e cura- tevcnhn tauvthn kai; ejpimevleian-  è davvero re e uomo politico basileva kai, politikovn- (276e)-

Socrate approva questo discorso dello Straniero che ha dimostrato e definito che cosa è l’uomo politico (Platone, Politico, 277).

 

Antonio commenta: tutti in ozio, baldracche e furfanti all idle whores and knaves.

Gonzalo poi ritratta o finge di ritrattare davanti al filisteismo dei suoi avversari

Quindi tutti si addormentano, tranne Alonso, suo fratello Sebastiano e Antonio.

Ma poi dorme anche Alonso, rassicurato dal fratello che farà la guardia.

Antonio  prepara un secondo attentato dopo quello contro il fratello: ora contro il re di Napoli.

Marx ha scritto che i fatti della storia si riipetono; la prima volta come tragedia, la sconda come fasa (Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte)

Antonio ricorda a Sebastiano l’occasione che ha di uccidere il re suo fratello. Tu, gli dice, lasci dormire, ossia morire, la tua fortuna.

Cfr. il kairovς in Isocrate,

Tu, risponde Sebastiano al compare, parli in maniera trasognata (II, 1, 205) , russi articolatamente (II, 1, 213): c’è un senso nel tuo ronfare, ma io sono un’acqua cheta I am a standing-sto-stare-e[sthn- water-unda-u{dwr- (II, 1, 216)

Antonio: vi insegnerò a fluire. Gli indolenti spesso discendono fino in fondo proprio per il loro essere paurosi  e per la loro accidia (221-223).

Ferdinando è annegato, Claribella è a Tunisi e non può avere notizie, salvo che il messaggero non sia il sole.

Antonio ricorda il proprio successo su Prospero.

Sebastiano gli domanda:  e la vostra coscienza?

Antonio:but I feel not this deity in my bosom. 

Cfr. Il sicario timorato del Riccardo III, e lo stesso Riccardo: la coscienza è una parola usata dai codardi e inventata in origine per fare paura ai forti: Conscience is but a word-lat. verbum,  that cowards-lat. cauda probabily named from the bob-tailed hare, lepre dalla coda tagliata.- use, devis’d a first to keep the strong—straggovς- tightly twisted, strettamente intrecciato (complesso)-  in awe timore e soggezione – [acoς pena- (V, 3, 310-311)

 

Sebastiano chiede ad Antonio che gli insegni a respingere la sua atavica pigrizia. Dunque si presta.

Quindi Antonio ucciderà il re Alonso e Sebastiano il vecchio consigliere onesto Gonzalo.

 Poi gli altri prenderanno istruzioni as a cat laps-lambo-ere leccare- milk-mulgeo mungo- ajmevlgw-, come il gatto lappa il latte.

 Popolo bue e politici servi

Sebastiano prende Antonio come modello.

Ma arriva Ariel che sveglia Gonzalo e gli altri mentre i due farabutti già brandivano le spade.

Antonio  dice  che l’aveva g sguainata le spade per respingere delle belve feroci

 

Scena seconda (II, 2)

Calibano entra in scena con un fardello di legna e maledice Prospero augurandogli tutte le infezioni che il sole succhia da paludi e da stagni e lo trasformino by inch-uncia la dodicesima parte del piede-, pollice per pollice in una totale malattia (II, 2, 1-3).

Lui aizza ogni male contro di me come scimmie urlanti o come porcospini che ruzzolano sul mio scalzo cammino e rizzano gli aculei al suono del mio passo. Alte volte vengo attorcigliato da serpentu che fischiano e mi fanni impazzire.

Entra Trinculo, il buffone.

Prevede una tempesta vedendo una nuvola nera che pare abbia voglia di versare oscenamente il suo liquido (21-22) .

Vede Calibano che sembra a strange fish (27) uno strano pesce:   ha gambe come un uomo e pinne per braccia legged like a man and his fins-pinna- penna-like arms-armus spalla (34-35)

L’ibrido rimanda a una fase precivile del mondo, quando ancora prevaleva il caos o per lo meno era poco cosmizzato

Trinculo si stende vicino a Calibano

Poi entra Stefano, l’ubriacone, con una bottiglia in mano

Canta di una caterina cui l’odore di pesce e catrame non piaceva ma il sarto poteva grattare dovunque  le prudesse (53-54).

E’ il nonsense piuttosto diffuso nella letteratura inglese e in Shakespeare. Si pensi alle streghe del Macbeth. Una di loro canta: “la  moglie di marinaio aveva nel grembiale delle castagne, e masticava, masticava, masticava. "Dammi qua" feci io. "Vai via strega !" grida quella carogna rimpinzata. Suo marito è andato ad Aleppo , capitano della Tigre. Ma io farò vela per colà imbarcata in uno staccio. And like a rat without a tail-I'll do, I'll do and I'll do" (I, 3), come un topo senza coda io farò e farò e farò.

Del 1863 è The book of nonsense di Edward Lear , una reazione di mite follia al rigorismo vittoriano, come pure Alice nel paese delle meraviglie  (1865) di Lewis Carrol, con l’incongruità trionfante. E’ la componente celtica, fantasiosamente sognante,  della letteratua inglese, 

 

 

Poi beve per confortarsi but here ‘s my confort (56)

Scambia la vicinanza di Calibano a Trinculo per un mostro a 4 gambe (this is some monster of the isle with- four legs, 66-67) 

I due parlano e Stefano dice 4 gambe e 2 voci, un mostro raffinatissimo ( Four legs and two voices, a most delicate monster!( 91-92)

L’ubriacone Stefano e il buffone Trinculo si riconoscono quali compari.

Calibano beve il vino e prende Stefano per un dio.

Trinculo si è salvato a nuoto: “I can swim like a duck (II, 2,          129-130 ), so nuotare come un’anatra.

Stefano lo confuta dicendo che sembra più simile a un’oca like a goose 8132)

Stefano si è salvato a cavallo di una botticella di vino (121)

 

Calibano e il contrattacco del virus

Calibano viene battezzato dall’ubriacone Stefano come moon-calf (La tempesta, II, 2, 112)  idiota lunare, poi qualificato con questi epiteti: mostro credulone, mostro abominevole, mostro dei più ridicoli, mostro strillone, mostro ubriacone.

Calibano come Smerdiakov, la “gallina epilettica” dei Fratelli Karamazov è molto più simile ai “comuni cittadini”, come orrendamente si dice, e anche a tanti presunti cittadini speciali, pure se  vogliano farci credere  nella diversità profonda delle varie categorie umane, utilizzando i più disgraziati quali capri espiatòri, farmakoiv sui quali addossare tutti i mali e i difetti di tutti.

Ieri  si doveva festeggiare la rinnovata unità d’Italia e nessuno  ha denunciato la notevole e orribile risalita del virus. Quelli che si accalcano favorendo questo nemico della nostra vita sono molti tra i cittadini comuni e pure non pochi tra gli eccezionali. 

 

giovanni ghiselli

 

Alla fine del II atto del dramma La tempesta di Shakespeare, Calibano si asservisce completamente a Stefano e spera di essere liberato dal suo tiranno con l’aiuto  dell’ubriacone.

Quindi canta un inno alla propria libertà: ban, ban, ban, ban, Cacaliban,  poi ripete freedom  4 volte.

Mi vengono in mente i tripudi delle persone innumerevoli che si accalcano  per  cagion qual si sia che a festa torni,  mentre il tasso di positività dei contagi continua a crescere giorno dopo giorno, assembramento dopo assembramento di migliaia di tali Calibani.

Questo avviene in nome della libertà. Io credo che tale licenza dovrebbe essere vietata e andrebbe impedita per evitare che le scuole vengano chiuse di nuovo e i giovani non abbiano la possibilità di tornarvi dopo due anni di chiusura con limitazione della loro libertà di crescere culturalmente, mentalmente, umanamente.

 

Atto III

Ferdinando asservito da Prospero è affaticato ma il suo umile compito di trasportare legna non lo avvilisce: “la donna che io servo ravviva ciò che è morto e rende piacevoli le mie fatiche” The mistress which I serve quickens what’s dead -and makes my labours pleasures” (6-7)

Miranda lo prega di riposarsi mentre Prospero is hard at study è immerso nello studio.

La ragazza vuole aiutare , ma Ferdinando rifiuta dicendo che preferisce spezzarsi i tendini e rompersi la schiena piuttosto che sottomettere leo a tale disonore mentre lui se ne sta seduto pigramente

La ragazza dice il proprio nome e Ferdimando etimologizza: “ammirata Miranda,  Admir’d Miranda!,indeed the top of admiration!-admīrari- (37-38) davvero il culmine di ogni ammirazione.

F erdinando ha provato interesse per diverse donne ma nessuna aveva tutte le virtù come Miranda che non ha alcun difetto (cfr. Sòstrato nel Dyskolos)

L’innamoramemto spinge a ingrandire la differenza tra una persona e tutte le altre conosciuto o no.

Miranda giura sulla perla della sua dote the jewel-iocari-iocus- in my dower, la modestia (53-54) , che non desidera altro compagno che Ferdinando.

Il quale dice che sopporta the wooden slavery (62) la boscaiola schiavitù, per amore di Miranda altrimenti non la sopportebbe più di un moscone che mi deponesse in bocca le sue uova

Miranda bandisce la pavida astuzia e con semplice e santa innocenza si dichiara: se volete sposarmi (marry me- maritus- maritare-sposarsi-, sarò vostra moglie, se non volete morirò vostra serva (83-84)

Ferdinando a sua volta dichiara la propria sottomissione a Miranda

Prospero che li ha osservati se ne rallegra, poi torna al suo libro perché deve compiere ancora molto lavoro ere supper-time (95)

 

III, 2. Calibano, Stefano e Trinculo

Calibano adora Stefano, e Trinculo lo chiama deboshed fish, pesce debosciato (25) . Alliterazione in entrambe le lingue. Stefano lo difende. Segue una rissa plebea.

Calibano vorrebbe liberare l’isola dal tiranno e chiama Trinculo scimmia smancerosa-jesting- jest  originally a merry tale-res gesta- monkey (44)

Ariele invisibile interviene contro  Calibano che crede sia Trinculo a farlo.

Stefano minaccia Trinculo di farne a stock-fish, uno stoccafisso (70) .

I due litigano

Calibano consiglia come uccidere Prospero: “first to possess his books” (90) poiché senza libri è un ubriaco He is but a sot , as I am, 91. Burn  but his books devi solo bruciare i suoi libri (93)  . Potenza della cultura.

Miranda è bellissima e supera Sicorace come fa il massimo con il minimo (100-101). Il poveretto ha visto soltanto queste due donne.

I tre concordano un piano

 

Gli imbestiati Calibano di Shakespeare, Ciàula di Pirandello e Lucio di Apuleio ritrovano la loro umanità-

 

Si sente un’aria suonata con un tamburello e uno zufolo e Calibano dice che l’isola è piena di rumori suoni e dolci arie deliziose. A volte lo fanno dormire e lui sogna che le nuvole si aprano mostrandogli ricchezze pronte a versarsi su di lui. Poi si sveglia e piange perché vorrebbe sognare ancora (when I wak’d –I cried to dream again,  La tempesta, III, 2, 140-141).

“Calibano non riesce  a conciliarsi con se stesso  e non può rassegnarsi al suo destino di deficiente e di schiavo” (Kott, Shakespeare nostro contemporaneo,  p. 50)

Cfr. Ciàula scopre la luna di Pirandello 1921

 

Pirandello  Ciàula scopre la luna (1907)

Ciàula è il caruso, l’aiutante sottoposto a un minatore, un picconiere vecchio, povero Zi’ Scarda, vessato a sua volta dal soprastante Cacciagallina. Ciàula “aveva più di trent’anni, (e poteva averne anche più di settanta scemo com’era)” Il superiore lo chiama “col verso con cui si chiamano le cornacchie ammaestrate: Te’ pa’! te’ pa’!” Ciàula stava a rivestirsi per tornare al paese”. Rivestirsi significava indossare un panciotto bello largo e lungo, avuto in elemosina, che doveva essere stato un tempo elegantissimo e sopraffino (ora il luridume vi aveva fatto una tal roccia che a posarlo per terra stava ritto). Con somma cura Ciàula ne affibbiava i sei bottoni, tre dei quali ciondolavano, e poi se lo mirava addosso, passandoci sopra le mani, perché veramente lo stimava superiore ai suoi meriti: una galanteria. Le gambe nude, misere e sbilenche, durante quell’ammirazione, gli si accapponavano, illividite dal freddo. Se qualcuno dei compagni gli dava uno spintone o gli allungava un calcio, gridandogli: - Quanto sei bello! - egli apriva fino alle orecchie ad ansa la bocca sdentata a un riso di soddisfazione, poi infilava i calzoni, che avevano più d’una finestra aperta sulle natiche e sui ginocchi; s’avvolgeva in un cappottello d’albagio tutto rappezzato, e, scalzo, imitando meravigliosamente a ogni passo il verso della cornacchia - crah! crah! - (per cui lo avevano soprannominato Ciàula), s’avviava al paese”.

Ma quella sera i due  dovevano restare nella cava a estrarre e trasportare lo zolfo messo nelle casse.

Era l’ordine di cacciagallina cui Zi’ Scarda obbediva.

A lui obbedì subito Ciàula che andò a levarsi il panciotto.

Il caruso non aveva paura “della tenebra fangosa delle profonde caverne (…) Aveva paura, invece, del bujo vano della notte (…) Ogni sera, terminato il lavoro, ritornava in paese con zi’ Scarda; e là,  appena finito d’ingozzare i resti della minestra, si buttava a dormire sul saccone di paglia per terra, come un cane; e invano i ragazzi, quei sette orfani nipoti del padrone, lo pestavano per tenerlo desto e ridere della sua sciocchezza; cadeva subito in un sonno di piombo, dal quale, ogni mattina, alla punta dell’alba, soleva riscuoterlo con un noto piede”. Quella notte dunque riprese il lavoro saliva “la scala così erta che Ciàula con la testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all’ultima svolta, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su, non poteva vedere la buca che vaneggiava in alto”. Ma alla fine il caruso sbucò “da ventre della terra” e scoprì la luna.

“Estatico cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la luna… C’era la Luna! La Luna!

E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore”.

L’uomo imbestiato dagli altri e da se stesso, si umanizza, come Lucio diventato asino poi reso a se stesso dalla vista di Iside apparsa come luna.

L’asino si sveglia di notte e vede la luna, immagine di Iside e la prega, attribuendole molti nomi. Chiede di deporre diram faciem quadripedis e di renderlo a se stesso redde me meo Lucio (Apuleio, Metamorfosi, 11, 2), rendimi al Lucio che sono.

 

Nel sonno appare una divina figura, una dea con foltissimi, lunghi capelli, con una veste di lino sottile, dal colore cangiante , ora candida, ora gialla come fiore di croco, ora rossa. Era coperta da una sopraveste di un nero splendente.

La dea è chiamata con molti nomi Cerere, Venere Celeste, Diana, Proserpina.

Cerere, Venere e Diana sono i tre aspetti luminosi della dea cosmica; Proserpina, nocturnis ululatibus horrenda, è l’aspetto oscuro.

 

III, 3 Alonso e la sua corte cercano Ferdinando. I due farabutti, Antonio e Sebastiano, vogliono tentare di nuovo il regicidio. La terza volta di Antonio: tragedia, poi farsa, poi?

Si sente una musica e si vedono apparizioni che recano una tavola imbandita e vi dsnzamo intorno

Sebastiano che sono a living drollery marionette vive (III, 3, 21).

Gonzalo dice che certe forme abnormi hanno tuttavia modi più cortesi degli umani (31-33) . Hanno lasciato del cibo.

Il loro, dice Alonso è un excellent dumb discours, un magnifico discorso muto (39) .

Ariele fa sparire il cibo e accusa i tre malfattori vomitati dal mare su quell’isola

Tutti estraggono le spade ma Ariele dice che quelle non possono ferirlo più dei venti ululanti. Ricorda le malefatte di Alonso, Antonio e Sebastiano e dichiara che a scatenare la tempesta sono state le potenze che rimandano ma non scordano the powers, delaying-dilatus-, not forgetting   (73) ad aizzare gli elementi.

Cfr Plutarco nello scritto I ritardi della punizione divina  Peri; twn uJpo; tou' qeivou bradevw~ timwroumevnwn. cita un proverbio: “i mulini degli dei macinano tardi” (550) La formulazione completa è che essi macinano tardi, però macinano finemente. L’autore dei Moralia spiega tale lentezza con la volontà divina di dare un esempio “per eliminare la violenza e il furore delle nostre vendette. Il dio insegna a non aggredire chi ci ha offeso” (550 E).

 

Solo heart sorrow, sincero pentimento e clear life, una vita irreprensibile potranno salvare i farabutti (81-82) dice Ariele prima di svanire in mezzo ai tuoni

Ariele e le apparizioni scompaiono facendo sberleffi e portando via la tavola. Prospero approva la grazia divorante a devouring-devorare- grace-gratia- di Ariele (84)

I miei grandi incantesimi funzionano (my high charms work) e i nemici sono paralizzati nel loro sconcerto (89-90)

Alonso dice che lo sentiva che sarebbe stato punito per avere aiutato l’usurpatore. Il re di Napoli crede che il figlio giaccia sepolto nel fango e vuole giacere con lui.

Gonzalo aggiunge  che i tre (Alonso, Antonio e Sebastiano) sono disperati: la grande colpa great guilt  like poison given to work a great time after now ‘gins to bite-findere the spirits, come veleno dato per funzionare molto tempo dopo, comincia a mordere i loro spiriti (105-106)

 

Atto IV

Prospero affida Miranda a Ferdinando e gli dice: all thy vexations were but trials-terere-tritus- of thy love, tutte le tue vessazioni furono accertamenti del tuo (IV, 1, 5)   e tu hai superato il test

Le lodi rese a parole su Miranda zoppicano (halt, 11) in confronto a Miranda stessa

Ferdinando non deve sciogliere her virgin knot (15) il nodo verginale di lei prima di ogni sacrosanta cerimonia altrimenti calerà l’anatema.

Ferdinando giura e Ariele riceve l’ordine di portare la combriccola su cui ha ricevuto potere da Prospero stesso.

Quindi Prospero si rivolge ai giovani: non devono mollare le redini (cfr. Platone, Fedro) “the strongest oaths are straw-stramen-giaciglio di paglia- to the fire-pu'r in the blood “ 52-53

i più forti giuramenti sono paglia per il fuoco del sangue

 

La "vecchia balia" della Fiammetta di Boccaccia (Elegia di Madonna Fiammetta, 1344) cerca di consolare l'abbandonata con una serie di esempi tratti dal mito, e afferma pure che l'amore non può essere comandato né vincolato in alcun modo:"Di queste fedi promesse e giuramenti fatti intra gli amanti, Giove se ne ride quando si rompono" (VI); anche qui si sente la lezione  del magister Naso:"Iuppiter ex alto periuria ridet amantum/et iubet Aeolios inrita ferre Notos". (Ars Amatoria, I, 631-634), Giove dall'alto sorride agli spergiuri degli amanti e ordina che i venti di Eolo li portino via senza effetto.

 

Il IX e ultimo capitolo dell'Elegia boccacciana è intessuto di ricordi provenienti dai Tristia [3] sin dall'invocazione iniziale al "piccolo…  libretto" che viene mandato "dinanzi dalle innamorate donne" e descritto in abito dimesso:"Tu dei essere contento di mostrarti simigliante al tempo mio, il quale, essendo infelicissimo, te di miseria veste, come fa me; e però non ti sia cura d'alcuno ornamento, sì come gli altri sogliono avere, cioè di nobili coverte di colori varii tinte e ornate, o di pulita tonditura o di leggiadri minii, o di gran titoli; queste cose non si convengono a' gravi pianti, li quali tu porti; lascia e queste e li larghi spazii e li lieti inchiostri e l'impomiciate carte a' libri felici; a te si conviene andare rabbuffato con isparte chiome, e macchiato e di squallore pieno, là dove io ti mando, e co' miei infortunii negli animi di quelle che ti leggeranno destare la santa pietà". Riconosciamo dunque la fonte di tutto questo nei primi versi dei Tristia di Ovidio:"Parve…liber…Vade, sed incultus…Infelix, habitum temporis huius habe!…Nec fragili geminae poliantur pumice frontes,/hirsutus sparsis ut videare comis " (vv. 1 sgg,), piccolo… libro… vai, ma non curato…Infelice metti l'abito di questa circostanza!…E i tuoi bordi non siano levigati da friabile pomice, perché tu appaia scabro con le chiome sparse.

il poeta  di Sulmona negli Amores[4] è comprensivo perfino riguardo all'instabilità e alla non affidabilità delle giovani donne: il tradimento infatti non sciupa la bellezza e perfino gli dèi lo concedono:" Esse deos credamne? Fidem iurata fefellit,/et facies illi quae fuit ante manet/...Longa decensque fuit: longa decensque manet./Argutos habuit: radiant ut sidus ocelli,/per quos mentita est perfida saepe mihi./Scilicet aeterni falsum iurare puellis/di quoque concedunt, formaque numen habet " (Amores , III, 3, 1-2 e 8-12), devo credere che ci sono gli dèi? Ha tradito la parola data,/eppure le rimane l'aspetto che aveva prima...Era alta e ben fatta; alta e ben fatta rimane./Aveva gli occhi espressivi: brillano come stelle gli occhi,/con i quali spesso la perfida mi ha ingannato./Certo anche gli dèi eterni permettono alle ragazze/di giurare il falso, e la bellezza ha una potenza divina. Ovidio conclude dicendo che dio è un nome senza sostanza, oppure, se esiste, ama le belle fanciulle e certamente ordina che solo loro abbiano tutto il potere:"si quis deus est, teneras amat ille puellas:/nimirum solas omnia posse iubet " (Amores , III, 3, 25-26).

A proposito di "radiant ut sidus ocelli" citato sopra si può indicare una corrispondenza testuale nel romanzo medievale:"Gli occhi le brillavano di così vivo chiarore da parere due stelle"[5].

 

Ferdinando risponde che la neve bianca e fredda che ha sul cuore abbatte l’ardore del suo fegato abates the ardour of my liver (IV, 1, 53-54)

Entra Iride la multicolore messaggera, poi Giunone, poi Cerere che saluta Iride come grandiosa sciarpa del cielo

Prospero chiede ad Ariele di portare una massa di folletti.. Quindi si sente una musica sommessa.

Iride vuole celebrare l’impegno di un vero amore ed elargire doni agli amanti (IV, 1, 85-86)

Cerere non vuole incontrare Venere e il figlio da quando il tenebroso Dite rapì sua figlia Proserpina. Ha ripudiato la scandalosa compagnia di lei e del suo cieco figlio (87-90)

Iride risponde che non deve temere: i due vanno a Pafo

Venere è definita Mars’s hot minion, la bruciante favorita di Marte e Cupido suo figlio waspish-vespa- headed, dal capo vespigno che ha rotto le frecce e giura di giocare con i passeri (98-100).

Giunone e Cerere quindi benedicono la coppia

Augurano onore ricchezza, discendenza lunga e fertil.e

Sono tutti spiriti chiamati da Prospero. Ferdinando ne è entusiasta e proclama che l’isola è un paradiso grazie al suocero-padre.

Iride chiama le ninfe, temperate-temperare-moderare nymphs (132) sobrie ninfe (IV, 1). Cfr. le Baccanti di Euripide che non fanno sesso.

Poi chiama dei mietitori (reapers) a danzare con le ninfe,

Quindi tutto svanisce. Prospero li manda via. Gli è tornata in mente in mente quella congiura ignobile del bestiale Calibano contro la propria vita: “that foul consèiracy-of the beast Caliban against my life” 140)  .

Prospero dice che quegli attori erano spiriti che si sono dissolti nell’aria

Del resto tutto sparirà:  the great globe himself like this insubstantial pageant  come questo incorporeo, svanito incorporeo spettacolo  (154-155)

We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded-rotundus- with a sleep” (IV 1, 156-158).

 

Ariele racconta l’incantamento provocato nei malandrini ubriaconi finiti in uno stagno coperto di schiuma schifosa. I farabutti ballavano in questa acqua marcia che puzzava più dei loro piedi.

Prospero approva poi definisce Calibano un diavolo, uno nato diavolo  a devil, a born devil, sulla cui indole l’educazione non può fare presa on whom my pains humanely taken  all, all lost, quite lost, su cui le mie pene umanamente prese sono andate tutte, completamente perdute.

 Con l’età his body uglier grow , so mind cankers, diventa sempre più brutto, e così la sua mente va in cancrena. I will plague them all-even to roaring,  li appesterò tutti fino a farli ruggire (189-191)

 

Pessimismo pedagogico

Pessimismo e ottimismo pedagogico. Pindaro, Euripide, Protagora in Platone.

 

Pindaro  nella Seconda Olimpica  chiarisce il suo pessimismo pedagogico  :" sofo;" oJ polla; eijdw;" fua':-maqovnte" dev, lavbroi-pagglwssia/ kovrake" w{" a[kranta garuveton--Dio;" pro;" o[rnica qei'on ” (vv. 86-89), saggio è chi sa molto per natura, voi due[6] addottrinati invece, intemperanti, vaghi di ciance, come corvi di fronte al divino uccello di Zeus, gracchiate parole vuote.

 

Nell’Ecuba (del 424) di Euripide la protagonista sente raccontare da Taltibio il sacrificio di Polissena e prova “una strana consolazione” per la nobiltà con la quale  la ragazza è morta, splendendo di bellezza, come un’opera d’arte, e parlando con il coraggio di un eroe: “Non è strano che se la terra è cattiva,/ma ottiene buone condizioni dagli dèi, produce buona spiga,/mentre se è buona, ma non riceve quanto essa deve ottenere,/ dà cattivi frutti, tra gli uomini invece, sempre/il malvagio non è nient'altro che cattivo,/ mentre il buono è buono, né per una disgrazia/guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto?/Dunque i genitori fanno la differenza o l'educazione?/Certamente anche essere educati bene, porta/insegnamento di onestà; e se uno ha l’ha imparata  bene,/ sa che cosa è turpe, avendolo appreso con il metro del bello. /Ma questi pensieri la mente li ha scagliati invano",( Ecuba, vv. 592-603).

 

Nelle Supplici , del 422, un dramma che è tutto un encomio degli Ateniesi, leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia: Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella guerra contro Tebe, poi conclude rivolgendosi direttamente a Teseo, il "Pericle in vesti eroiche: “ Non ti stupire dopo quanto ho detto,/ Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di morire davanti alle torri./Infatti essere educati non ignobilmente comporta il senso dell'onore:/e ogni uomo che ha esercitato il bene/

si vergogna di diventare vile. Il coraggio è/ virtù insegnabile (hJ eujandriva-didaktovn), se è vero che il bambino impara/a dire e ad ascoltare quello di cui non ha cognizione./Ma quello che uno abbia imparato, suole conservarlo/fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri figli"(vv. 909-917).

 

Altrettanto ottimismo pedagogico troviamo nel Protagora di Platone.

Il sofista, personaggio del dialogo platonico sostiene che alcuni aspetti naturali degli uomini (piccoli, brutti o deboli, p. e.)  non si possono correggere, e dunque non suscitano irritazione e non provocano punizioni; mentre l’assenza delle qualità che derivano all’uomo dall’esercizio provoca ire, ammonimenti e sanzioni. Ingiustizia, empietà e assenza di virtù politica vengono punite “o[ti ge oi{ ge a[nqrwpoi hjgou'ntai paraskeuasto;n ei\nai ajrethvn” (324), poiché gli uomini pensano che la virtù sia acquisibile. Si punisce per correggere e distogliere dal commettere ingiustizia: “kai; toiauvthn diavnoian e[cwn dianoei'tai paideuth;n ei\nai ajrethvn” (324b), e chi la pensa in questo modo crede che la virtù sia insegnabile. Se gli Ateniesi, come gli altri, puniscono i colpevoli di ingiustizia significa che anche loro sono tra quelli i quali considerano la virtù acquisibile e insegnabile.   

 

Prospero e Ariele diventano invisibili mentre rientrano Calibano Stefano e Trinculo tutti bagnati.

Calibano consiglia di avvicinarsi alla  grotta (cell) di Prospero senza fare rumore: la cieca talpa (the blind mole) non deve sentire il calpestio di un piede (IV, 1, 194)

Trinculo puzza di piscio di cavallo (I do smell all horse-piss-a Romance word of imitative origin-) e il naso è in grande indignazione (199-200)

Trinculo minaccia Calibano di farne a lost monster (203)  un mostro perduto. Hanno perduto le bottiglie e Stefano dice che nel mostro c’è solo disgrazia ma una perdita infinita (an infinite loss, 210)

Ma Calibano vuole compiere il bel misfatto e diventare il foot-licker –lingo- il leccapiedi di Stefano chiamandolo re (218-219) .

Stefano dice di avere bloody thoughts, pensieri sanguinari (220). Come quelli che girano nelle corti dei re.-

I tre frugano nella caverna con l’intento di rubare: Trinculo dice al mostro: mettiti un po’ di vischio sulle dita: put some lime upon your fingers (245)

Ma Calibano ha fretta: teme che Prospero ritorni e li trasformi in scimmie con fronti inverecondamente basse with foreheads villainous low (249)

I tre comunque rubano. Stefano una botticella di vino (251)

Prospero e Ariele aizzano gli spiriti che  cacciano fuori  i deficienti e Prospero ordina che gli spiriti torcano le giunture con le convulsioni secche, li rattrappiscano con i crampi della vecchiaia e con le punture li rendano più maculati del leopardo e della pantera

Tutti i suoi nemici sono alla sua mercé, le sue pene stanno per avere fine e Ariele avrà la sua libertà. Dove non c’è sangue, c’è asservimento

 

Atto V

Prospero è soddisfatto: my charms crack not-imitative onomatopeico--  i miei incantesimi non falliscono.

Ariele annuncia che  i suoi nemici sono intrappolati e Gonzalo, the Good old lord li compiange a grandi lacrime.

Ariel ne ha compassione e pure Prospero vuole parteggiare con la proprio  ragione che è più nobile della furia. La virtù è azione più rara della vendetta (V, 1, 27-28) . Ordina ad Ariele di liberarli poiché sono pentiti

Poi Prospero rinnega la sua rozza magia. Ricorda le creature che lo hanno aiutato: elfi, altre che with printless foot (34) con piede senza ormai inseguono il mare che si ritira e lo fuggono quando avanza,  poi i demi-puppets i mezzi pupazzi, gli gnomi. Con l’aiuto di queste creature ha oscurato the noontide sun (42) il sole meridiano, ha suscitato venti sediziosi, e provocato guerre tra il cielo e il mare, suscitato i fulmini, svegliati i morti. But this rough magic I here abjure-abiuro-nego con un giuramento, ora io rinnego questa zotica magia (50-51)  E I’ll break my staff (54) spezzerò la mia bacchetta e la interrerò di parecchie braccia e affonderò il mio libro dove non arrivano gli scandagli.

Si sente una musica che deve guarire i cervelli degli incantati che compaiono:  cervelli inservibili che bollono dentro i crani

A solemn air cure thy brains- now useless, boil’d within thy skull” 59-60)

Gonzalo viene ringraziato.  Prospero perdona il fratello snaturato

Ariele canta il canto della propria liberazione: dove succhia l’ape succhio, dormo dentro alla corolla della primula quando i gufi strillano. Volo sul dorso di un pipistrello inseguendo lietamente l’estate- on the bat’s back I do fly- after summer merrily, 91-92)  . Vivrò sotto i rami infiorati dalla primavera.

L’isola della Tempesta è un luogo di tormenti: Gonzalo dice: “all torment, trouble, wonder and-amazament –inahabits here: some heavenly power guide use –out of this fearful country (104-106),  ogni tormento, angoscia e costernazione abita qui: una qualche potenza celeste ci conduca fuori da questo paese tremendo!

 

Ariel deve andare alla nave e portare l’equipaggio

Ariel è angelo e carnefice. Fa naufragare la nave poi tormenta i naufraghi obbedendo a Prospero.

Alonso si sveglia e chiede perdono.

Prospero perdona anche Antonio sebbene to call brother- would even infect my mouth (130-131) infetterebbe addirittuta la mia bocca.

Prospero conferma di essere il duca di Milano ma non fa tutta la storia not a relation for a breakfast, nor befitting the first meeting, (164-165)  non è una storia per la colazione e non si addice al primo incontro, ma da distribuirsi giorno per giorno.

Questa caverna è la mia reggia this cell’s may court (165)

Quindi mostra Ferdinand and Miranda playng at chess-cista-kivsth- cesta-.

Miranda vede gli ospiti e dice: “O, wonder! How many goodly creatures are there here! How beauteous mankind is! O brave new –nevoς-world, that has such people in it!

E Prospero: ‘tis new to thee (180-183)  

Poi dice ad Alonso: sopra I ricordi non mettiamo il carico di un peso ormai passato (198-200) .

Gonzalo benedice i due giovani e dice: in un unico viaggio, Claribella ha trovato marito, Ferdinando moglie, e noi tutti abbiamo ritrovato quel possesso di noi stessi che avevamo perduto (210-212).

Arrivano Ariele, il capitano e il nostromo (boatswain), uomo da forca (gallows) che ha salvato la nave.

Alonso non si capacita nel labirinto e chiede un oracolo per raddrizzare la cognizione: “This is a strange maze (…)  Some oracle must rectify our knowledge ( 244-245)  

Nel Satyricon il labirinto è molto presente

Gli scholastici vengono tratti in salvo dal portiere che, però, non permette loro di uscire. Segue la riflessione di Encolpio:"quid faciamus homines miserrimi et novi generis labyrintho inclusi, quibus lavari iam coeperant votum esse? " (73), cosa possiamo fare uomini disgraziatissimi e rinchiusi in un labirinto di nuovo tipo, per i quali lavarsi già cominciava ad essere un miracolo ?

Il labirinto significa assenza di progresso e il lavarsi come votum sembra alludere a una purificazione sempre più desiderabile e difficile

Prospero chiede ad Ariel di liberare Calibano: untie the spell (253) sciogli l’incantesimo.

Entrano Calibano, Stefano e Trinculo

Prospero definisce Calibano demi-devil (271 mezzo diavolo)  thing of darkness (275)  cosa della tenebra.

Alonso riconosce in Stefano my drunken butler (277)  il cantiniere ubriacone.

Anche Trinculo è ripe ( 279) cotto,  il gran liquore li ha fatti rubicondi. Cfr. Pseudolo: lo schiavo spesso è rosso.

 Trinculo dice che dopo essere stato in salamoia, non dovrà più temere i mosconi a deporgli addosso le uova.

Stefano dice I am not Stephano but a cramp, un crampo (286)

Stefano nel linguaggio popolare di Napoli significava “stomaco” e forse la fonte del dramma è italiana.

Prospero  dice di Calibano che è spropositato, sproporzionato tanto di modi quanto di forma disproportion’d in his manners and in his shape (290-291)  Poi gli ordina di rassettare la grotta, se vuole il perdono. Calibano è dispiaciuto di avere preso un beone per un dio.

Prospero di notte racconterà la sua storia, poi si ritirerà a Milano where every third thought shall be my grave (311). E’ la nostra storia di sempre: ci agitiamo tanto per una tomba.

Infine saluta Ariele con affetto.

Nell’Epilogo, Prospero si rivolge al pubblico come il Coro nella Parabasi delle commedie di Aristofane e chiede il favore degli spettatori. Non ha più incantesimi a disposizione e la sua fine è disperata- my ending is despair- 15 a meno che preghiere struggenti conquistino la pietà divina.

La fine di prospero è disperata come quella di Riccardo III.

Voi che volete essere perdonati liberate me con la vostra indulgenza As you from crimes would pardon’d be,-let your indulgence set me free (19- 20). Exit

Shakespeare esprime un sentimento diffuso nella sua epoca. Il nuovo dominio del denaro rendeva ancoa più crudele quello del feudalesimo. Guerre, fame, epidemie, terrore dei sovrani, terore della chiesa.. giordano Bruno brucato nel 1600 a Campo dei fiori,m Galileo costretto all’abiura nel 1633,

giovanni ghiselli 23 febbraio 2017

 

Aggiunta

La poetica di Plauto e quella di Shakespeare

 

Sentiamo lo schiavo Pseudolo di Plauto (191 a. C.)

 Sed quasi poeta, tabulas cum cepit sibi,/quaerit quod nusquams gentium, reperit tamen,/facit illud veri simile quod mendacium est,/nunc ego poeta fiam: viginti minas, /quae nusquam nunc sunt gentium, inveniam tamen” (Pseudolus, I, 4, vv. 401-405) ma come un poeta, quando ha preso in mano le tavolette, cerca quello che non c’è tra le genti, e tuttavia lo trova, e rende verosimile quella che è una menzogna, ora io mi farò poeta  e le venti mine che ora non ci sono tra le genti, le troverò tuttavia.

 

Ora Teseo, il duca di Atene in A Midsummer-Night’s dream  (1595) di Shakespeare:

The poet’s eye, in fine frenzy rolling,

doth glance from heaven to earth, from earth to heaven;

and as imagination bodies forth

the forms of things unknown, the poet’s pen

turns them to shapes, and gives to airy nothing

a local habitation and name” (V, 1, 9-16), l’occhio del poeta roteando in una frenesia bellla, lancia lo sguardo variando dal cielo alla terra e dalla  terra al cielo e mentre l’immaginazione plasma le forme sconosciute, la penna del poeta le volge in figure e dà all’aereo nulla una dimora precisa e un nome.

 

Falstaff incarna l’avidità di vivere del Rinascimento. L’onore per lui è soltanto una parola. I morti non lo sentono né lo odono.

Nell’Enrico IV fa un autoritatto: “Thou seest I have more flesh tha another man, and therefore more fraikty” , vedi cho ho più carne che qualunque altro uomo e percciò maggior debolezza (Enrico IV (del 1598) I parte, III, 3)

Nella II parte di questo dramma il principe Henry, suo compagno di bagordi, lo apostrofa con parole epicamente grandiose: “Thou globe of sinful continents” (II, 4, 309-310), tu, globo di continenti peccaminosi

Nell’Enrico V c’è la sua morte

 

Nell’Enrico V (1599) che per il suo carattere epico non poteva tollerare la figura comica di Falstaff troviamo la morte del crapulone . Il racconto della dipartita è fatto dall’ostessa, la moglie di Pistol: “ ha fatto una bella morte, se n’è andato come un bambino in veste bianca. Brancicava le lenzuola e aveva il naso sottile come una piuma his nose was as a sharp as a pen,  e parlottava di prati verdi. Gridò Dio tre o quattro volte. Mi pregò di mettergli altre coperte sui piedi. I put my hand into the bed and felt them, and they were as cold as any stone-stiva pietruzza; then I felt to his knees, and they were as cold as any stone, and so upward and upward and all was as cold as any stone” (Enrico V, II, 3, 10-28)

“Le ultime  parole, velatamente lubriche, e che possono suggerire una non improbabile precedente intimità fra la donna e il morente, sono quanto di più concreto si sia mai scritto in rapporto con la morte. Nessuno è mai riuscito a mettere in parole altrettanto semplici, e tuttavia dense di atterrito sgomento, il senso tattile di un corpo nel punto in cui è invaso dall’ultimo gelo”[7].

 

L’attore che interpretava Riccardo III a Varsavia nella scasa della cultura nel 1958 rideva dicendo a horse, a horse, my kingdom for a horse! Il tiranno più spaventoso è quello che considera se stesso un buffone e il momdo intero come una grande biuffonata (cfr. Augusto e Macbeth)



[1] Tenute nel 1985-1986 e pubblicate postume nel 1988.

[2] I. Calvino, Lezioni americane, p. 10.

[3] Sono cinque libri di elegie scritte in esilio tra il 10 e il 12 d. C.

[4]  Raccolta di elegie in tre libri. La prima edizione è di poco posteriore al 20 a. C.; la seconda, rielaborata, uscì quasi venti anni dopo, intorno all' 1 a. C.

[5] Erec e Enide, trad. cit., p. 17.

[6] Secondo gli scoliasti Simonide e Bacchilide,

[7] Carlo Izzo.  Storia della letteratura inglese, I, p. 383

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