Con il covid che avanza neppure l’aereo mi piace. Andrò in bicicletta a Sansepolcro a pregare.
Mi è indifferente il turismo spaziale che non lascia toccare e baciare la terra.
In Delitto e castigo Sonja invita Raskolnikov a baciare la terra insozzata da lui stesso, ad accettare la sofferenza, a capire e riscattarsi con essa.
Anche lo Starez Zossima dei Fratelli Karamazov bacia la terra e muore baciando la terra: “si lasciò scivolare dolcemente dalla poltrona sul pavimento, e inginocchiandosi, si chinò col viso fino a toccar terra, si prosternò, allargò le braccia in croce; e come invaso dall’estasi, baciando la terra e pregando (come appunto aveva insegnato a fare), serenamente e gioiosamente rese l’anima a Dio”[1].
Alioscia segue l’esempio del maestro: “Una notte fresca e calma fino all’immobilità avvolse la terra…Alioscia rimase a guardare per un momento quello spettacolo, poi, ad un tratto, si gettò con la faccia a terra come se l’avessero falciato. Egli non sapeva perché l’abbracciasse, non si rendeva conto della ragione per cui gli fosse venuta quella terribile voglia di baciarla, di baciarla tutta; ma egli la baciava piangendo, singhiozzando, inondandola delle sue lacrime, e giurando, in uno slancio impetuoso, di amarla, di amarla eternamente. “Inonda la terra delle tue lacrime di gioia, e amale, codeste tue lacrime…”, disse una voce nella sua anima”[2].
“Io non so come si possa passare accanto a un albero e non essere felici di vederlo. Guardate un banbino, guardate l’alba divina, guardate come cesce un fuscello”[3] l’Idiota, p. 700.
Tra poco più di un’ora sarò con otello Ciavatti in piazza Verdi per parlare di Dostoevskij.
Bologna 21 luglio 201 ore 17, 25
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