sabato 24 luglio 2021

Aristofane . Gli Acarnesi seconda parte.

 


 

 

Diceopoli  dunque lamenta un altro male aggiunto alla guerra: il mercato che uccide gli affetti.

 

Un disagio analogo viene manifestato da Ulrich protagonista del  romanzo L'uomo senza qualità di Robert Musil:" La sua faccia, fino a quel momento ardente e severa, si spense, e l’insidioso pensiero favorito gli parve ridicolo. Come gettando uno sguardo fuori d'una finestra aperta di colpo, egli sentì quello che in realtà lo circondava; i cannoni, i commerci d'Europa"(p. 800).

 

 Se è vero dunque che la commedia è legata più degli altri generi alla realtà contemporanea e che quella di Aristofane ci fa toccare con mano l'epoca storica nella quale  è ambientata, è altresì innegabile che essa ci porta in una dimensione sovratemporale e universale dove possono riconoscersi gli uomini di tutti i tempi. Anzi in questi drammi, come vedremo, possiamo trovare alcuni elementi eternamente umani che nella poesia eroica e sublime, tragica o epica, non hanno diritto di cittadinanza.

 

Nel romanzo I Buddenbrook di Thomas Mann c’è un personaggio aristocratico che suscita l’interesse di Hanno Buddenbrook di famiglia borghese. “In complesso i rapporti del ragazzo con i suoi piccoli compagni erano lontani ed esteriori; soltanto a uno di loro, e fin dai primi giorni di scuola, lo stringeva un legame più saldo: era costui un ragazzo di nobile famiglia ma molto trascurato nel vestire, un certo conte Mölln, che con un nome frisone si chiamava Kai. Era un giovinetto della statura di Hanno, ma non portava come questi l’abito dei marinai danesi, bensì un misero vestito di colore indefinibile al quale mancava qualche bottone e che mostrava una gran toppa sul fondo dei calzoni”.

 Questo fanciullo viveva con il padre in “una piccola masseria, una minuscola proprietà quasi senza valore che non aveva neanche un nome. Vi si scorgeva un letamaio, un branco di polli, un canile e una povera casupola dal tetto rosso e spiovente. Era la casa padronale, in cui abitava il padre di Kai, il conte Eberhard Mölln (…) Molti rammentavano che per proteggersi dalle noie di richieste, offerte e accattonaggi aveva esposto da tempo sull’umile porta di casa un cartello che diceva: “Qui abita il conte Mölln. E’ solo, non ha bisogno di nulla, non compra nulla e non ha niente da regalare” (p. 331)

 

Diceopoli parla agli ambasciatori ateniesi tornati dalla Persia: costoro hanno approfittato della missione per farsi grandi mangiate e bevute. Si giustificano delle gozzoviglie dicendo

"poiché i barbari stimano uomini solo- a[ndra" hJgou`ntai movnou"-

quelli capaci di mangiare e bere moltissimo"(plei`sta dunamevnou" fagei`n te kai; piei`n-77-78).

Questa battuta offre il destro alla replica di Diceopoli:

"noi invece i prostituti e i rottinculo" (79).

 

Aristofane non riparmia le espressioni oscene e io non ritengo necessario né opportuno censurarle.

Valga di scusa anche per Aristofane l'apologia della Musa licenziosa di Catullo che si difende contrapponendo la pietas   e la castitas  della sua vita ai versiculi molliculi  :" me ex versiculis meis putastis,/quod sunt molliculi, parum pudìcum./ Nam castum esse decet pium poetam/ipsum, versiculos nihil necessest " (16, 3-6), mi consideraste, dai miei versi leggeri, poiché sono lascivi, poco casto. In effetti si addice al pio poeta come persona essere puro, che lo siano i suoi teneri versi non è necessario. 

 Su questa linea Marziale scriverà:"lasciva est nobis pagina, vita proba "(I, 4, 8), la mia pagina è licenziosa, la vita onesta.

 

In Aristofane non manca nemmeno la coprolalia o scatologia: l’Ambasciatore  racconta che quando la delegazione ateniese giunse alla reggia, il re era andato nella latrina con l’intero esercito e cacò per otto mesi in pitali d’oro (80-82). Credo che questo linguaggio estraneo alla tragedia fosse gradito al pubblico intristito dai drammi che grondano sangue.

Quando si alzò dal cesso il re fece imbandire pe i delegati o{lou" bou`" (85 -86) buoi interi, poi un uccello grande tre volte Cleonimo, di nome fevnax,  imbroglione.

 

Aristofane menziona nei suoi drammi personaggi noti al pubblico ateniese e generalmente famigerati. Questo era reputato vigliacco, ghiottone e fanfarone. Sono le berline che fino a non molti anni fa si praticavano in molti paesi contro le persone mal reputate. Allora si poteva girare con la pistola in tasca per sparare ai disgraziati: ci si limitava a motteggiarli.

Diceopoli rinfaccia all’ambasciatore le due dracme intascate per la missione. I conservatori non approvavano la misqoforiva come abbiamo già detto ricordando la critica di Callicle nel Gorgia di Platone.

 

 

 

 

L’Ambasciatore fa entrare "l'occhio del re"( to;n  basilevw" ojfqalmovn, 94) il quale era un altissimo dignitario della corte persiana che Aristofane raffigura, attraverso le parole di Diceopoli (vv. 95-97), prendendo alla lettera la metafora e dandole corpo con una figura che sta a metà tra il mascherone carnevalesco e la materializzazione di un sogno.

"Esso-scrive U. Albini - è dotato, per vedere, di un unico tondo oblò nel centro del volto e procede fluttuando come un vascello"[1].

Diceopoli si rivolge questo strano personaggio Pseudartabas, il falso persiano (ajrtavbh è una misura persiana), dicendogli che guarda come una nave da guerra.

Diceopoli non crede che i Persiani porteranno la pace tra i Greci. In effetti anni dopo aiuteranno gli Spartani a vincere la guerra del Peloponneso.

L’ Ambasciatore  vuole dare a intendere che questo personaggio surreale, il quale parla una lingua incomprensibile, prometta oro agli Ateniesi da parte del re ma Diceopoli capisce l'inganno: vede che il falso persiano e i due eunuchi che lo accompagnano sono famigerati cittadini di Atene travestiti.

Riconosce Clistene un noto omosessuale: o tu rasato nel focoso culo gli fa-  w\ qermovboulon prwkto;n exurhmevne (119), vieni qui con una barba da scimmia vestito da eunuco? L’altro è Stratone, suo degno compagno di merende. Sono entrambi nominati anche nei Cavalieri.

L’araldo invita questi pseudo persiani nel Pritaneo dove venivano ospitati gli ambasciatori e i cittadini benemeriti.

Diceopoli protesta, poi si rivolge a un altro pacifista, Anfiteo che precedentemente aveva detto di volere recarsi a Sparta per patteggiare la tregua ma i pritani non gli hanno dati i mezzi per il viaggio –ejfodi’ ouk e[cw: ouj ga;r didovasin oiJ prutavnei" (53-54). Pritani erano i  50 presidenti della Boulhv per una decima parte dell’anno

 

Nell’antica Atene, i 50 consiglieri (buleuti) in carica durante una pritania, periodo di tempo equivalente alla decima parte dell’anno essendo la bulè, o consiglio ateniese, diviso in 10 sezioni corrispondenti alle 10 tribù che detenevano il potere a turno. Almeno un terzo di essi doveva sedere in permanenza nel pritaneo, l’edificio in cui si custodiva il fuoco sacro di Estia e che, in età storica, accoglieva a banchetto gli ambasciatori stranieri e i cittadini ritenuti degni di questo onore, e ospitava a vita i benemeriti o i discendenti di personaggi verso i quali la città aveva alti debiti di riconoscenza. I pritani avevano a capo un epistate (presidente) designato a sorte, che durava in carica da un tramonto al tramonto seguente e che per quel tempo era il capo dello Stato: presiedeva il consiglio dei 500 e l’assemblea popolare in caso di convocazione; era depositario del sigillo di Stato e della chiave dei templi dove era il tesoro pubblico.

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Il governo dunque non vuole porre termine alla guerra e i pacifisti devono agire per conto proprio

 

 Anfiteo riceve otto dramme da Diceopoli che lo manda a Sparta con questo viatico perché faccia con gli Spartani una tregua che  preservi dalla guerra lo stesso cittadino giusto con la moglie e i figli.

 Bologna 24 luglio 2021

giovanni ghiselli

 

 



[1] Nel nome di Dioniso, p. 82

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