NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 14 luglio 2021

Fëdor Dostoevskij. Conferenza in piazza Verdi a Bologna,l 21 luglio 2021. 1

Fëdor Dostoevskij
(1821-1881). Prima parte
 
 I grandi romanzi: Delitto e castigo (1866); L’idiota (1869); I fratelli Karamazov (1880)
D. ha contribuito a scoprire il principio più importante della psicologia moderna: l’ambivalenza dei sentimenti
(Marmeladov gode della propria sofferenza, come pure Alexej-del Giocatore). Ci sono zone psichiche incontrollate dall’impotentia dei personaggi.
 Coesistono in Raskòlnikov criminalità e spirito di sacrificio, egoismo e generosità.  
Alexej, il giocatore: “Noi Russi siamo dotati di una personalità multiforme”.
Svidrigàjolov è un pervertito e un benefattore, Sonja è la prostituta santa, l’idiota è un genio. Come Socrate, Cristo,  Seneca  i suoi personaggi sono segni di contraddizione, amati e odiati.
 Simeone disse a Maria: “ecce positus est hic in ruinam et in resurrectionem multorum in Israel et in  signum cui contradicetur,  ut revelentur ex multis cordibus cogitationes segno cui si contraddirà perché siano svelati i pensieri da molti cuori. Anche a te, aggiunge Simone a Maria, anche a te una spada trafiggerà l’anima (N. T. Luca, 2, 34-35).
 
I suoi personaggi sembrano sempre in attesa del giudizio universale.
“Vogliamo sfidare la sorte, darle uno schiaffo e mostrarle la lingua” (Alexej)
Regna una tensione terribile, spesso si scatena il caos. Il dionisiaco prevale sull’apollineo: la conclusione è irrazionalistica poiché la soluzione non viene dalla forza e dal rigore dell’intelletto ma piuttosto dal sacrificio della ragione, dalla vita stessa che prevale sulla dialettica.
La ratio per questi personaggi, non è, come per Seneca, naturae imitatio ma semmai una limitazione o addirittura una contraffazione della natura.
 
Nel 1849 D fu condannato a morte per la sua appartenenza a cerchie radicali e socialisteggianti.  Poi la pena fu ridotta a 4 anni di lavori forzati. Ne uscì cambiato e divenne un difensore dell’autorità, mistico, reazionario. Eppure nella sua arte ha grande importanza la solidarietà con gli umiliati e gli offesi, una solidarietà fatta di compassione senza auspici rivoluzionari. Cfr. Giovanni Pascoli
Si sente solidale soprattutto con il proletariato intellettuale; egli stesso si definiva “cavallo da posta” poiché lavorava sempre sotto l’assillo del contratto. La gente colta dovrebbe congiungersi con il popolo ingenuo e credente.
Cfr. le Baccanti di Euripide.
I suoi personaggi “eccezionali” come Myskin o Raskòlnikov sono esclusi da ogni classe sociale.
Eppure la polemica sociale manca.
D. ha una passione maniacale per lo studio dell’anima umana: “mi chiamano psicologo-scrive- ma non è esatto; io sono realista nel senso più alto: rappresento tutte le profondità dell’anima umana”. I suoi personaggi sono pensatori maniacali, in lotta con le loro idee.
D ama situazioni estreme, allucinate, caratteri esasperati, e rifugge dalla rappresentazione del normale, del quotidiano.
Cerca il demoniaco, l’anormale, lo spettrale, il patologico anticipando vari aspetti del decadentismo. E’ una rivolta contro la visione scientifica, contro l’illuminismo che non salva e non valorizza le differenze, contro la dialettical cui deve succedere la vita.
Nell’epilogo di Delitto e castigo leggiamo di Raskolnikov in Siberia, condannato a 8 anni di lavori forzati e finalmente innamorato di Sonia dopo molte resistenze mentali e tanto rimuginare: “Quella sera non gli era possibile pensare a lungo ad una sola cosa né concentrarsi in un solo pensiero; non riusciva a ragionare su nessun problema: poteva soltanto sentire. Alla dialettica era subentrata la vita e nella sua coscienza si preparava ormai qualcosa di completamente, oscuramente diverso” (p. 620, Garzanti, 1973,
Intanto “Sonja era così felice da avere quasi paura della sua stessa felicità” (p. 621)
Quanto al “poteva soltanto sentire” di R,  è una ripresa di quello che aveva detto Marmeladov ubriaco nella bettola di S Pietroburgo, quando  dice al ragazzo: “Signor mio, forse tutto questo vi farà ridere, come gli altri, e io non faccio che infastidirvi con la stupidità di questi miserabili particolari della mia vita domestica; ma il fatto è che a me non fanno ridere! Poiché queste sono tutte cose che io sento” (p. 24)
La posizione rovinosa di Raskolnikov è il rovescio di quella del coro delle menadi di Euripide le quali affermano di volere
 tenere la mente e l’anima lontane
dagli uomini straordinari;
ciò che la massa 
più semplice crede e pratica,
questo io vorrei accettare (Baccanti, vv. 428-432).
Ci arriverà anche questo ragazzo dopo avere sofferto e compreso.
Napoleone, il cattivo modello di Raskolnikov è uno squallido individuo  in Guerra e pace (1869) di Tolstoj.
 
Nota è l’interpretazione di Bachtin Il romanzo polifonico di Dostoevskij (1968) dice che  esso opera una sorta di carnevalizzazione della vita , ossia un ribaltamento dei legami sociali convenzionali e tende a mettere a nudo i rapporti veri tra gli uomini. L’uomo supera la reificazione e diviene portatore di idea. Rask uccide la vecchia e non usa il denaro, non apre nemmeno il borsellino. Ivàn Karamazov è uno di quelli cui non occorrono milioni per trovare una soluzione al proprio pensiero.
Cfr. la leggenda del grande Inquisitore
 Formule e categorie sono annientate perché annichiliscono la vita vivente. I precedenti di questa letteratura carnevalizzata sarebbero il dialogo socratico e la satira menippea.  Socrate indagava, cercava la verità attraverso domande provocatorie (ajnavkrisi", investigazione polemica) e la suvgkrivsi", il confronto tra punti di vista diversi.
Nella satira menippea denominata dal filosofo cinico Menippo di Gadara (III a. C.) l’ironia socratica diventa comicità.
Secondo Pirandello Socrate è pure umorista  
“In Aristofane non abbiamo veramente il contrasto, ma soltanto l’opposizione. Egli non è mai tenuto tra il sì e il no[1]  egli non vede che le ragioni sue, ed è per il no testardamente, contro ogni novità, cioè contro la retorica, che crea demagoghi, contro la musica nuova, che, cangiando i modi antichi e consacrati, rimuove le basi dell’educazione, e dello Stato, contro la tragedia di Euripide che snerva i caratteri e corrompe i costumi, contro la filosofia di Socrate, che non può produrre che spiriti indocili e atei, ecc.
(…) la burla è satira iperbolica, spietata. Aristofane ha uno scopo morale, e il suo non è mai dunque il mondo della fantasia pura (…) Nessuno studio della verisimiglianza: egli non se ne cura perché si riferisce di continuo a cose e persone vere (…) e non crea una realtà fantastica come, ad esempio, lo Swift.  Umorista non è Aristofane ma Socrate (…) Socrate ha il sentimento del contrario ; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale” (Pirandello, L’umorismo, saggio del 1908, p. 44).
Il Satyricon è l’epressione più alta di questo genere. Si creano situazioni eccezionali, anormali, onde provocare idee e sperimentarle.
Labirinti, bordelli, cene mostruose, gli heredipětae di Crotone.
Nel mondo guasto raffigurato dal Satyricon  c'è un ribaltamento che riguarda una città intera:  Crotone dove si svolge l'ultima parte del romanzo (116-141) una urbs antiquissima et aliquando Italiae prima, antichissima e che una volta era stata la prima d'Italia; quando però ci arrivano Encolpio, Eumolpo e Gitone la sua gente si divide in  due categorie: ricchi senza eredi e cacciatori di eredità
In Petronio e Dostoevskij non mancano  elementi  di naturalismo sordido come lupanari, bettole con ubriaconi, prigione, case degradate.
Come nel carnevale c’è l’abolizione dei divieti, l’eliminazione dell’ordinamento gerarchico e di ogni etichetta.
Questa letteratura carnevalizzata svela elementi nascosti della società, ne mostra il lato latente (cfr. ajlhvqeia).
Freud a sua volta toglierà le mutande al borghese
 
Viene tolta la maschera non solo alle persone ma anche alle cose
Non hominibus tantum sed rebus persona demenda est et reddenda facies sua (Seneca, Ep. 24, 13)


giovanni ghiselli
 
 
 
 


[1] Caratteristica dell’umorismo cfr. parte II cap. quarto.

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