domenica 25 luglio 2021

Aristofane, gli Acarnesi terza parte.

 


Entra Teoro ambasciatore in Tracia, una creatura di Cleone. Diceopoli lo squalifca come ajlazwvn (135), un  fanfarone, un gloriosus.

Quindi il cittadino aggiunge che questo  mistificatore ha preso misqo;n poluvn, una grossa indennità.

Teoro si giustifica dicendo che si è trattenuto a lungo in Tracia a causa della neve che ha gelato i fiumi.

Poi racconta che beveva con Sitalce principe dei Traci alleato degli Ateniesi. Li amava al punto che scriveva sui muri   jAqhnai`oi kaloiv (144), viva gli Ateniesi!

Il figlio lo spingeva a mandare un esercito. E il padre libando agli dèi giurò che avrebbe mandato schiere tanto grandi da far esclamare agli alleati “che gran numero di cavallette arriva!” (150)

Aristofane fa spesso seguire a una prima affermazione una seconda che ne stravolge ironicamente il significato.

Segnalo la crescita della presenza degli animali nelle metafore rispetto alla tragedia.

Il fatto è che i cittadini si stanno imbestiando.

 

L’araldo fa entrare i Traci. Teoro dice che sono Odomanti.

Probabilmente Giudei perché Diceopoli domanda: “chi sbucciò il bischero a costoro?”

Dovrebbe trattarsi di circoncisione e non certo quella del cuore raccomandata da Paolo.

Teoro propone di dare un misqovn di due dracme a questi traci ma Diceopoli confronta la paga di questi “scappellati” con quells del popolo dei rematori, quello che salva la città. - oj qranivth" lewv" -o swsivpoli" (162-163).

 

Nella Costituzione degli Ateniesi pseudosenofontea, scritta da un pubblicista di parte oligarchica, il dialogante A  biasima la democrazia come prepotenza del popolo,  e sostiene che essa è la conseguenza dell’impero marittimo:  i poveri e il popolo contano più dei nobili e dei ricchi logicamente,  siccome è il popolo che fa andare le navi o{ti oJ dh'mo;~ ejstin oJ ejlauvnwn ta;~ nau'~ (1, 2), assicurando potenza alla città.

Invero la paga dei rematori non era alta, doveva essere inferiore ai quattro oboli, forse anche a tre.

 Tanto è vero che il navarca spartano Lisandro vinse il comandante ateniese Antioco nella battaglia di Nozio del 407 usando il denaro ricevuto da Ciro il Giovane per alzare la paga dei rematori a 4 oboli e attirare così rematori ateniesi.

Ciro domandò a Lisandro quale fosse il favore più grande che poteva fargli e lo Spartano rispose: “portare la paga dei marinai da tre a quatto oboli” (Senofonte, Elleniche, I, 7).

 

Diceopoli dunque si oppone al soldo dei Traci

Escono tutti tranne il cittadino giusto.

Torna Anfiteo: cair j,  jAmfivqeo" lo saluta Diceopoli (176)

Anfiteo ha l’affanno perché è dovuto fuggire per salvarsi dagli Acarnesi.

  Sono vecchi cittadini del sobborgo di Acarne, situato qualche chilometro a nord di Atene e costituiscono il coro.

Anfiteo li descrive come "duri Maratonomachi di legno d'acero"(181) nostalgici del buon tempo antico della prima guerra persiana nella quale  hanno valorosamente contribuito alla vittoria ateniese.

Costoro dunque hanno aggredito il messaggero di pace:

"allora tutti a gridare: o maledettissimo,

tu porti la tregua, mentre ci sono state tagliate le viti?"(sponda;" fevrei", tw`n ajmevlwn tetmhmevnwn; 181-182). Poi si sono  riempiti i mantelli di pietre per tirargliele addosso.

C'è da anticipare che questo atteggiamento collerico lo ritroveremo nel vecchio Misantropo (Dyscolos ) di Menandro che, pure lui esacerbato, chiama maledetto chiunque gli si avvicini e gli tira in faccia zolle di terra (vv. 108-111). E' l'eterno tema dell'anziano disadattato rispetto a una società cambiata che i commediografi del resto non guardano con simpatia: e se Menandro attraverso i personaggi positivi raccomanda la comprensione tra tutti gli umani, Aristofane irride i cretini e denuncia i furbi che traggono profitto dalla dabbenaggine o dalla buona fede del popolo il quale, privo di guide oneste, corre verso la rovina morale e materiale. Secondo alcuni, questo poeta è un reazionario dogmatico, secondo altri, solo, o soprattutto, un pagliaccio che intende fare ridere; a parer mio è pure un moralista che castiga ridendo i costumi.

 

Le viti tagliate sono conseguenza della fase archidamica della guerra. Dal 431 gli Spartani e i loro alleati invadevano l’Attica sotto il comando del re Archidamo appunto e devastavano il paese fino al demo di Acarne provocando così gli Ateniesi a uscire in campo aperto.

 A Pericle però parve terribile-deino;n ejfaivneto dare battaglia a 60 mila opliti peloponnesiaci e beoti-tanti erano nell’anno della prima invasione-. Molti ateniesi volevano combattere per salvare le viti appunto, cioè la campagna dalla devastazione e i raccolti, ma Pericle cercava di calmarli dicendo che gli alberi potati e tagliati ricrescono in breve tempo-levgwn wJ" devndra me;n tmhqevnta kai; kopevnta fuvetai tacevw"- mentre gli uomini una volta morti non è facile che ci siano più (Plutarco, Vita di Pericle, 33, 5)     

 

 Anfiteo è comunque riuscito  a portare tre assaggi ( triva geuvmata v. 187) di tregua, che poi sono tre ampolle: una di validità quinquennale, una decennale ed una trentennale.

Diceopoli naturalmente sceglie la terza il cui gusto, entrato in bocca, dice: bai`n  j o{ph/ j qevlei" (198) va’ dove vuoi

Sicché ora io liberato dalla guerra e dai mali – ejgw; de; polevmou kai; kakw`n ajpallageiv" 201- me ne torno a casa a celebrare le Dionisie agresti.

 

 giovanni ghiselli Bologna 25 luglio

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLII. Una lettera supplichevole e una canzoncina irrisoria

  Martedì 7 agosto andai a lezione, poi a correre, quindi in piscina a leggere, nuotare, abbronzarmi, e mi recai anche a comprare un d...