L’idiota di Dostoevskij e il Socrate di Platone sono degli atopoi (fuori posto)
L’idiota 1869
Il principe Lev Nikolajevič Myškin sta tornando in treno dalla Svizzera a Pietroburgo. E’ un giovane di 26 anni, epilettico, alto biondo, con gli occhi azzurri. Risponde alle domande del compagno di viaggio-Parfem Rogožin buno- senza la minima diffidenza. Dice che è stato lontano quattro anni per curarsi. R stava andando a riscuotere una grossa eredità ma il principe non era interessato al denaro
Il
bruno è Rogožin, il quale prende a a
parlare di sé al principe e a narrare la propria storia.
Un funzionario, Lebedev, seduto accanto a loro, s’intromette nella
conversazione e sembra sapere molto sulla vita di Rogožin.
Questo giovane è innamorato di Nastasja Filippovna, una donna bellissima ma
dalla reputazione rovinata perché è stata amante di Totzkij un uomo di 55 anni
molto ricco che ora vuole sposare una vergine. Vergine è il principe: a causa
della sua malattia non conosce per niente le donne..
Myškin va a casa del generale Epančin un uomo ricco e influente ma assolutamente sprovvisto di cultura. Era nel pieno vigore a 56 anni e sentiva che cominciava la vita vera. Tutto seminava di rose la sua via. La moglie discendeva dalla famiglia antica dei Myškin. Avevano tre figlie Aleksandra, Adelaida e Aglaja. Tutte e tre di una bellezza poco comune dai 25 ai 20 anni. Istruite e intelligenti. La promogenita musicista, la seconda pittrice di grande valore. Si parlava con stupore della grande quantità di libri che avevano letto. Aglaja era una bellezza.
Il principe suona alla pota del generale. Parla con il domestico come con un suo pari. Il cameriere pensò che il visitatore fosse strano, fuori posto.
“Un principe con la mente a posto e ambizioso non sarebbe certo rimasto in anticamera a raccontare i fatti suoi a un domestico” (parte prima, 2, p. 23).
Nel prologo del dialogo platonico Fedro, Socrate dice a Fedro che se non credesse al mito di Borea che rapì Orizia figlia del re Eretteo, come non ci credono oiJ sofoiv, non sarebbe l’uomo strano (a[topo~), fuori posto che è (229c). Potrei dire, facendo il sapiente sofizovmeno~, che un colpo di vento di Borea gettò Orizia giù dalle rupi o dall’Areopago. È un’interpretazione ingegnosa, ma chi la fa, poi deve raddrizzare gli Ippocentauri, la Chimera, e Gorgoni e Pegasi e tutte le stranezze della natura. E per questo ci vuole molto tempo libero: ejmoi; de; pro; ~ aujta; oujdamw`~ scolhv (229e).
Io non sono ancora in grado di conoscere me stesso kata; to; Delfiko;n gravmma, perciò mi sembra ridicolo geloi`on dhv moi faivnetai indagare cose che mi sono estranee - ta; ajllovtria skopei`n. Dunque dico addio a tali questioni, esamino me stesso skopw` ejmautovn, per vedere se per caso io non sia una bestia più intricata e più invasa da brame di Tifone o se sono un essere vivente (zw`/on) più mite e semplice, partecipe per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a).
giovanni ghiselli
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