NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 25 luglio 2021

Aristofane Acarnesi, quarta parte.

 


 

Anfiteo dice che scapperà davanti agli Acarnesi (203)

Con il verso 204 inizia la Parodo: il coro  entra di corsa nell’orchestra inseguendo il pacifista che ha portato la tregua.

 i vecchi carbonai lamentano il passare degli anni e rimpiangono il tempo quando anche con un peso di carboni tenevano dietro a Faillo di Crotone tre volte vincitore dei giochi pitici e comandante di una nave a Salamina.

 

In quel tempo il latore di tregue non se la sarebbe svignata tanto lestamente.

 

Oramai però- canta il coro-  il mio stinco è duro- sterro;n h[dh toujmo;n ajntiknhmion (219), la gamba si è appesantita- to; skevlo" baruvnetai (220) e colui è fuggito. Tuttavia  bisogna inseguirlo-diwktevo" dev (221)

 

Nel secondo stasimo dell’Eracle di Euripide  c’è un biasimo della vecchiaia  che grava sul capo dei vecchi coreuti,  compagni d'armi di Anfitrione, come un carico più pesante delle rupi dell'Etna ("to; de; gh'ra" a[cqo"-baruvteron Ai[tna" skopevlwn-ejpi; krati; kei'tai" (vv. 638-640).

La giovinezza invece è bellissima pure nella povertà (v. 648).

 

“Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza riguardo agli uomini donerebbero una doppia giovinezza come segno evidente di virtù a quanti la posseggono, e una volta morti, di nuovo nella luce del sole, percorrerebbero una seconda corsa, mentre la gente ignobile avrebbe una sola possibilità di vita” ( Eracle, vv.661-669).

 

 Nel Miles gloriosus di Plauto si trova un locus similis : "itidem divos dispertisse vitam humanam aequom fuit: qui lepide ingeniatus esset, vitam ei longiquam darent, qui inprobi essent et scelesti, is adimerent animam cito" (vv. 730-732), parimenti sarebbe stato giusto che gli dèi distribuissero la vita umana: a colui che avesse un carattere amabile, dovrebbero dare una vita lunga, a quelli che fossero cattivi e scellerati, portargliela via presto.  E’ Palestrione il servo del soldato che parla.

 

In effetti chi rispetta il prossimo parte dal rispetto di se stesso, quello della mente e quello del corpo e se  confrontiamo questo con chi non si rispetta vediamo che il primo gode davvero di una doppia o anche tripla giovinezza rispetto a chi maltratta il proprio corpo e la propria mente.

 

 

 

Il pacifista inseguito dai vecchi fautori della guerra è accusato di essere  venuto a patti con i  nemici ( toi`sin ejcqroi`sin ejspeivsato (225).

Quelli che hanno devastato i campi sono i nemici appunto: perciò devono essere combattuti implacabilmente con le armi, non richiesti di venire a patti (226-233).

 

I coreuti, in buona fede, sono stati ingannati dalla propaganda guerrafondaia dei demagoghi che, al pari del Grande Fratello di Orwell[1] inculcava odio per il nemico.

 Lo fa persino il "progressista" Euripide: nell’Andromaca, per esempio, semina odio conto gli Spartani.

Tipi odiosi sono gli Spartani, in diverse tragedie di Euripide, soprattutto  nell'Andromaca  che risale ai primi anni della grande guerra del Peloponneso[2], ed è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana. “Gli attacchi contro Sparta (…) a parere di molti la rendono una sorta di pamplhet politico”[3].

La stessa protagonista  lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~ :" o i più odiosi  (e[cqistoi) tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali, che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (Andromaca, vv.445-449).

 

 

Il corifeo propone di inseguire il pacifista di terra in terra- diwvkein gh`n po; gh`" (Acarnesi, 235). “io non mi sazierei mai di prenderlo a sassate” aggiunge (236)

Diceopoli intima il silenzio rituale- eujfhmei`te- 237 perché vuole celebrare in famiglia la processione sacra delle dionisie agresti. I coreuti si appostano per catturarlo.

Dalla casa del cittadino giusto escono la figlia come canefora, ossia portatrice del canestro-kavneon- con le offerte del sacrificio, mentre  Xantia deve inalberare ritto il fallo"( oJ Xanqiva" to;n favllon orqo;n sthvsato, 243).

L’amore insomma invece della guerra.

 

In 1984 di Orwell leggiamo che l’amore per la guerra come l’adorazione dei capi, è tutto sesso andato a male, che diventa acido (“is simply sex gone sour[4])

 

 

 

 

Diceopoli dunque avvia quella processione con canti fallici dalla quale secondo Aristotele(Poetica 1449a) ebbe origine la commedia. Il culto di una religione che esalta la gioia e la vitalità costituisce un'antitesi a quell'adorazione della morte che è la guerra.

Torna a proposito un altro nesso con 1984 : "La ragazza bruna veniva verso di lui attraverso i campi. Con un'unica mossa, o che almeno parve tale, si strappò di dosso tutti i vestiti e li gettò sdegnosamente lontano da sé...La grazia di quel gesto, e insieme la sua noncuranza, sembrava che quasi annullassero un'intera cultura, un intero sistema filosofico, proprio come se il Grande Fratello e il Partito e la Psicopolizia potessero essere ridotti a nulla da un unico splendido movimento delle braccia.(p. 35)...Era quella la forza che avrebbe ridotto il partito in frantumi (134). Viceversa "Il partito cercava con ogni mezzo di annullare l'istinto sessuale, ovvero, nel caso in cui non fosse riuscito ad annullarlo, di pervertirlo e insudiciarlo" (p. 70).

 

L'esaltazione dell'istinto non appartiene specificamente ai temi della tragedia, sebbene Sofocle non poche volte rappresenti i supplici di Tebe sconciata da carestia e peste in atto di chiedere agli dèi di "raddrizzare" la città in tutti i sensi, mentre è uno dei motivi centrali della commedia aristofanesca che per questo aspetto costituisce l'antitesi di quel Socrate platonico il quale affermava che il suo demone lo tratteneva sempre, non lo incitava mai  (Apologia,31d).

E' quest'affermazione a spingere Nietzsche ad attribuire germi di decadenza al maestro di Platone, uno dei responsabili di quel  depotenziamento del turgore vitale iniziato con la morte di Pericle.

Socrate infatti è obiettivo polemico tanto di Aristofane quanto di Nietzsche.

Socrate è visto da Nietzsche come il nemico dell’istinto, o come un individuo dall’istinto rovesciato: “Mentre in tutti gli uomini produttivi l’istinto è proprio la forza creativa e affermativa, e la coscienza si comporta in maniera critica e dissuadente, in Socrate l’istinto si trasforma in un critico, la coscienza in una creatrice-una vera mostruosità per defectum! Più precisamente noi scorgiamo qui un mostruoso defectus di ogni disposizione mistica, sicché Socrate sarebbe da definire come l’individuo specificamente non mistico, in cui la natura logica, per una superfetazione, è sviluppata in modo tanto eccessivo quanto lo è quella sapienza istintiva nel mistico”[5].

Quest’idea non verrà rinnegata più avanti da Nietzsche come altri aspetti[6] di questo scritto giovanile.  In Ecce homo[7] il filosofo ne rivendica le due “ innovazioni decisive: intanto la comprensione del fenomeno dionisiaco fra i Greci-il libro ne dà la prima psicologia, vedendo in esso la radice una di tutta l’arte greca.

L’altra è la comprensione del socratismo: Socrate come strumento della disgregazione greca, riconosciuto per la prima volta come tipico décadent. “Razionalità” contro istinto. La “razionalità” a ogni costo come violenza pericolosa che mina la vita![8].

In Ecce homo “quasi alla fine della sua vita lucida, Nietzsche  scrive: “Io non sono un uomo, sono dinamite”[9].

Una chiave per spiegare la natura di Socrate ci viene data dal fenomeno del suo demone, una voce che lo dissuadeva sempre.

Cfr. Apologia 31  dove Socrate dice che in lui c’è qei`ovn ti kai; daimovnion , una voce –fwnhv ti~- che quando si manifesta ajei; ajpotrevpei me, mi distoglie sempre da quello che sto per fare, protrevpei de; ou[pote, mentre non mi spinge mai.

Questo mi impedisce di occuparmi di politica.

 

Negli uomini produttivi l’istinto è la forza creativa e affermativa  e la coscienza è la parte critica e dissuadente, in Socrate l’istinto si trasforma in un critico, la coscienza in creatrice, una vera mostruosità per defectum!

L’influenza di Socrate dissolveva gli istinti. Socrate provocò la propria  condanna a morte e le andò incontro con quella stessa calma con cui si allontanò dal simposio per ultimo (Simposio 223 c-d).

Platone si gettò ai piedi dell’immagine di Socrate morente.

 

La figlia di Diceopoli di occupa del cibo chiedendo alla madre il ramaiolo ejtnhvrusin (245). Le donne sono ostili alla guerra come vedremo bene nella Lisistrata una commedia dedicata tutta a questo argomento

 

 

giovanni ghiselli 25 luglio 2021 ore 19

 

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[1] 1984 , p. 1, p.47.

[2] 429 a. C.

[3] Caterina Barone (a cura di) Euripide Andromaca, p. 7.

[4] G. Orwell, 1984, parte Ii, cap. 3.

[5] La nascita della tragedia , cap. XIII

[6] Hegeliani e schopenhaueriani

[7] Del 1888.

[8] F. Nietzsche, Ecce homo, La nascita della tragedia,  p.  49.

[9] Ecce homo, “Perché sono un destino”, 1

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