giovedì 15 luglio 2021

Gli uomini come le foglie che già cominciano a cadere.

 


O come il grano, tagliato da poco.

 

Shakespeare-Fletcher, Omero, Mimnermo, Quasimodo. Ammiamo Marcellino.

 

Il potente cardinale Wolsey, favorito di Enrico VIII, quando cade in disgrazia paragona la propria vicenda a quella delle foglie e dei fiori: questa è la condizione dell’uomo: oggi egli mette fuori le tenere foglie della speranza, domani fiorisce e porta con sé un fitto rigoglio di onori.

Il terzo giorno arriva una gelata, una gelata assassina- the third day comes a frost, a killing frost, e quando pensa, fiducioso e sereno, pieno di sicurezza che la sua grandezza sta maturando, gli mozza le radici-nips his root, e allora lui crolla and then he falls, come faccio io, as I do (Enrico VIII, III, ii, 352-358)  

 

Questo motivo motivo è già presente nell'Iliade  (VI, vv. 145-149) dove Glauco dice a Diomede:

"Tidide magnanimo, perché mi domandi la stirpe?

quale è la stirpe delle foglie, tale è anche quella degli uomini.

(oi{h per fuvllwn genehv, toivh de; kai; ajndrw'n, v. 146)

Le foglie alcune ne sparge il vento a terra, altre la selva

fiorente genera quando arriva il tempo di primavera;

così le stirpi degli uomini: una nasce, un'altra finisce".

 

 

 

Leggiamo questo frammento di Mimnermo: il 2 D.

:" Noi, Come le foglie  (hjmei'~  dj oi|av te fuvlla) che genera la fiorita stagione

di primavera, quando crescono in fretta ai raggi del sole simili a quelle, per il tempo di un cubito, godiamo dei fiori

di giovinezza, senza conoscere dagli dèi né il male

né il bene. Destini neri ci stanno accanto

uno che ha il termine della vecchiaia tremenda,

l'altro di morte: un attimo dura il frutto

di giovinezza, per quanto sulla terra si diffonde un raggio di sole.

Ma quando questo termine di tempo sia trapassato,

subito essere morto è meglio della vita:

infatti molti mali sopraggiungono nell'animo: talora la casa va in rovina e ci sono le vicende dolorose della povertà:

 a un altro poi mancano figli, di cui soprattutto

sentendo il desiderio va sotto terra nell'Ade;

un altro ha una malattia che gli consuma il cuore: non c'è nessuno

degli uomini, cui Zeus non dia molti mali". Distici elegiaci

 

Un'eco di questo topos possiamo trovarla in Salvatore Quasimodo:

"Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera"(da Acque e terre , 1930).

 

Per quanto riguarda il taglio del grano rileggiamo Ammiano Marcellino ( Storie, XXII, 9, 15): “ Evenerat autem isdem diebus annuo cursu completo, Adonea rito veteri celebrari, amato Veneris, ut fabulae fingunt, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum est indicium frugum, “avveniva poi in quei medesimi giorni che, compiuto il corso dell’anno (scil. il 361 d.C.), si celebravano secondo l’antico rito le feste per Adone, amato da Venere e ucciso dal dente di un cinghiale selvaggio, il che è simbolo delle messi recise quando sono mature”.

 

«Le cerimonie della morte e del­la resurrezione di Adone devono essere state anch’esse una rappresentazione drammatica della morte e della rinascita delle piante […] Inoltre la leggenda che Adone doveva passare metà, o, secondo altri, un terzo dell’anno nelle re­gioni sotterranee e il resto sulla terra, si spiega in modo assai facile e naturale ammettendo che egli rappresentasse la vegetazione, specialmente il grano, che sta metà dell’anno sotto terra ed è visibile l’altra metà» (Frazer Il ramo d’oro, pp. 525-526, 454)

 

giovanni ghiselli

  

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