mercoledì 28 luglio 2021

La storia di Elena Sarjantola. XIII capitolo. Inizia il corteggiamento reciproco. Ciascuno manifesta il suo genio

csarda
 
I tavoli e le panche dove ci eravamo seduti erano di legno scuro e massiccio, probabilmente lo stesso delle querce del grande bosco di Debrecen, visto che la puszta è priva di alberi.

Elena ordinò un caffè e dell’acqua, io lo stesso: volevo parlarle e ascoltarla con totale lucidità.

Sapevo di dovere esprimermi, a parole e a modo di fare, con uno stile non ordinario: se non avessi trovato quello dell’uomo essenzialmente bello e buono tw'/ o[nti kalo;ς kajgaqovς, sarei stato ricusato per la seconda volta, e per sempre.

Era necessario pensare molto bene al contenuto e alla forma della mia espressione: scegliere quello che dovevo dire, a{ te lektevon, e dirlo in maniera elegante wJς lektevon.

“Posso assumere tre ruoli-pensai- non di più: lo studioso-artista, lo sportivo, e l’uomo capace di amare una donna dandole gioia e aiuto. Più dilettoso in questa parte, piuttosto austero nelle altre due. Dovevo essere semplice nell’eleganza,  simplex munditiis.

Questa triplice gamma proposi alla mia parte di attore, mentre facevo il regista di me stesso.

 Dovevo mettercela tutta per piacerle, e ce la misi, e fu sufficiente.

“Senti, Elena”, le dissi. “Ti chiami Elena, vero?” Annuì.

Non dissi che Eschilo etimologizza il suo nome con “colei che distrugge le navi”, annienta gli uomini e le città”[1]. Infatti, a parte che l’etimologia è fantasiosa, io da quella donna mi aspettavo tutt’altro che distruzione: doveva essere colei che mi avrebbe costruito e fatto diventare quale volevo e ora sono vicino a essere ,  dopo che sono passati 50 anni da quel giorno cruciale come le nuvole nel cielo. 

 

“Che cosa è l’amore per te?” Le domandai. Molto direttamente, forse anche troppo, volevo saggiare il terreno della sua disponibilità erotica e dirle qualche cosa di incoraggiante all’eros, se, rispondendo, mi avesse dato la pur minima occasione di farlo.

Rispose: “E’ un sentimento positivo: che la mia umanità si espande e comunica qualche cosa di buono. Siamo qui al mondo gli uni per gli altri.

Io adesso provo amore: individualmente per un uomo che mi aspetta in Finlandia, ma generalmente lo sento per tante persone, per tutte spero, e per ogni creatura. Condivido la simpatia universale, il nesso tra tutto quanto è vivente”.

Riflettei un momento su questa risposta, degna del suo stile. Quella donna nobilitava la vita.

“Sì è in gamba come pensavo, è del mio stampo e della mia levatura. Purtroppo ha un compagno, ma non credo ne sia innamoratissima. In fondo il suo amore singolo non esclude l’umanistico, un mare magnum dal quale può emergere l’individuazione per un’altra persona. Potrei essere io da come attentamente mi guarda. Sarebbe la mia salvezza dal naufragio sempre temuto, naufragium ubique est. Ora devo trovare un pensiero profondo tuffandomi come un palombaro nell’anima mia e nella  sua, poi farò in modo di esprimerlo con parole belle e luminose. Il mio amore per Elena deve assumere la forza del  volo di un’aquila nel cielo a lei tutto pervio. Devo fare sentire a queta donna che la mia cupido extra me propagandi è divina”

Quindi, assecondando la mia speranza, domandò: “E per te, l’amore cos’è?

Scusami, non ricordo il tuo nome”.

“Gianni. Per me prima di tutto è emozione: esaltazione estetica dello spirito annoiato dall’ottusità e dalla disonestà dei più, dalle filastrocche dei luoghi comuni. Io non riesco ad amare generalmente le persone adulte: in passato mi fidavo di tutti , e le conseguenze sono state penose. Caso mai, anzi senz’altro, umanisticamente amo i ragazzini, i miei allievi. Sì, quelli li amo comunque, siccome non trovano ridicolo e innaturale che non diffidi di loro, che voglia aiutarli a crescere buoni e forti. Gli alunni mi curano l’anima[2]”.

Feci una pausa breve, poi conclusi: “Dell’amore individuale e sessuale penso che sia la cosa più importante della vita e del mondo intero. Se non lo fosse, la genesi non comincerebbe di lì, scrisse, a ragione, un poeta italiano suicida nel dopoguerra”[3].

La bella donna mi guardava con interesse sempre maggiore. Mi si apriva il cielo.

 

giovanni ghiselli

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLII. Una lettera supplichevole e una canzoncina irrisoria

  Martedì 7 agosto andai a lezione, poi a correre, quindi in piscina a leggere, nuotare, abbronzarmi, e mi recai anche a comprare un d...