mercoledì 24 febbraio 2021

Le estati tra 1967 e il 1971. Capitolo VI. Il girotondo scimunito. La scena da mascalzone. La seduta in piscina

van Gogh, Giardino pubblico con il giovane e il blu abete
Da Eva dunque imparavo molto di quanto volevo e di come ero, però non facevo l’amore siccome lei non mi amava e non voleva farlo.

Nemmeno con la bella ungherese che diceva di essere innamorata di me, facevo l’amore ma di giorno uscivo con lei cercando di farmi notare in atteggiamenti affettuosi con la speranza vana di ingelosire la finnica e indurla a innamorarsi di me. Passeggiavamo sotto il collegio io e la magiara, abbracciati, avanti e indietro, in una specie di girotondo scemo e penoso poiché non avevo niente da dirle.

La poverina ogni tanto mi diceva con voce lamentevole: “mondja valamit!” di’ qualche cosa. Sembrava un gattino che miagola, perduta la mamma. Rispondevo: “va bene, va molto bene” e poco altro. Poi magari, purché stesse buona, aggiungevo, szeretlek, ti amo. Una brutta scena da mascalzone.


Danilo e la sua cara amica Fiorella, una studentessa di Modena bella e intelligente, mi dicevano che se non fossi stato matto da legare avrei potuto trarre piacere e pure soddisfazione mentale dal corpo di quella splendidissima giovane. Se non altro avrei potuto imparare un po’ meglio la sua lingua nella quale stentavo parecchio. In effetti a Debrecen cercavo soprattutto di migliorare il mio inglese che pur consideravo una lingua franca dove bastava capirsi, la lingua parlata ragionando di amore con le straniere. La lingua scritta bene era tutt’altra cosa.

I due amici, per convincermi a non buttare via quell’occasione inseguendo l’inafferrabile come fa un bambino che sgambetta strillando dietro a un uccello che vola[1], mi ricordarono come ero conciato quando mi conobbero due anni prima. Non ero più tanto brutto, anzi ero migliorato al punto che avevo attirato una bellezza. Cos’altro volevo? Che cosa cercavo? Rispondevo che cercavo me stesso quale volevo essere e la finnica mi aiutava più di tutti a trovarlo. Quando intonava una canzone Eva mi ricordava la mamma che mi incantava cantando quando ero bambino. Canti quasi di culla che mi facevano tornare com’ero. “Non solo conoscere è ricordare - aggiunsi - anche amare lo è”.

Fiorella da donna colta qual era, notò in queste parole la doppia reminiscenza da Pascoli e da Platone, quindi disse: “ tu Gianni, troverai l’equilibrio intorno ai cinquanta anni e diventerai uno splendido uomo”.

 Il culmine della mia realizzazione invero l’avrei raggiunto ancora più tardi, a 56 addiruttura, quando entrai nella SSIS per insegnare ai neolaureati dell’Alma Mater Studiorum come farsi ascoltare dai liceali insegnando il greco e il latino. Ora a 76 anni suonati sto scalando l’erta via  che mi consentirà molto presto di vedere un milione e centomila  lettori. E’ il seguito della strada panoramica di Pesaro che affrontai la prima volta con una biciclettina intorno ai dieci anni, poi riconosciuto e sviluppato questo talento, sfidavo e battevo pure alcuni ventenni.

Tutto è collegato con tutto, tutto scorre e interferisce insieme. 

Arrivo sempre piuttosto tardi a capire e a realizzare quanto voglio, ma ci arrivo.

Anche in bicicletta mi manca lo scatto che compenso largamente con la tenuta, la resistenza e il recupero. Il mentale e il corporeo infatti sono impastati tra loro.

 

Torno all’auspicio d Fiorella “Tu sei già una magnifica donna” le risposi con un corteggiamento garbato.

 Eravamo in piscina nel primo pomeiggio assolato. C’era anche Fulvio che disse: “ Sì Gianni ha bisogno di altro tempo ma in questi due anni la larva del ’66 è diventata prima una crisalide poi una bella farfalla”.

Danilo vagamente ingelosito, del tutto senza ragione, aggiunse che sarei diventato un uomo se nei ventisette anni seguenti avessi bevuto interi bottiglioni di graspa. “Se no, quello continua a fare il ragazzotto fighetto pesarese e borghese atteggiandosi tuttavia a comunista, lui che  gira con la Mini Minor, non piscia contro i muri, non fuma, nemmeno roba albanese, e non capisce un tubo di donne, tanto meno di politica” Aveva con sé la stessa borsa del ’66 sempre rifornita di palinka alla prugna - da Fulvio detta brugna - la pipa e il tabacco, naturalmente albanese.

Pensai che fosse un  ritorno destinato a ripetersi, forse per sempre.

 

 Bologna 24 febbraio 2021, ore 9, 49

 

giovanni ghiselli

 

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[1] Cfr. Eschilo, Agamennone, vv 388-394.

 

p. s

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