Pieter Franciscus Martenasie, Eteocle e Polinice |
Altrettanto dice Creonte nell’Antigone di Sofocle:
"Non c'è male più grande dell'anarchia./Essa manda in rovina le città, questa ribalta/le famiglie, questa nella battaglia spezza/ le schiere dell'esercito in fuga; invece le molte vite /di quelli che vincono, le salva la disciplina" tw`n ojrqoumevnwn - swv/zei ta; polla; swvmaq jhJ peiqarciva v. 672-675.
La disciplina dura forma caratteri forti: il re spartano Archidamo nelle Storie di Tucidide sostiene gli uomini, i quali non sono poi tanto differenti tra loro, vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà: "poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei'jnai oJvsti" ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai" (I, 84, 4).
Concorda con questa affermazione del re spartano quanto scrive Nietzsche nell' Epistolario in data 14 aprile 1887: "Non c'è nulla infatti che irriti tanto le persone quanto il lasciare scorgere che noi seguiamo inesorabilmente una rigida disciplina di cui loro non si senton capaci"(p. 262). La disciplina che rafforza dunque è positiva; negativa è quella che uccide o paralizza.
L'idea che la disciplina salvi molte vite, soprattutto in guerra, si trova Tito Livio il quale la attribuisce, in ambito militare appunto, a Tito Manlio Torquato. Questo console durante la guerra contro i Latini (340-338 a. C.) condannò a morte il figlio che aveva osato combattere contro il suo ordine, di capo e di padre, dopo averlo accusato in questo modo: "tu, T. Manli, neque imperium consulare neque maiestatem patriam veritus, adversus edictum nostrum extra ordinem in hostem pugnasti, et,quantum in te fuit, disciplinam militarem, qua stetit ad hanc diem Romana res solvisti" (VIII, 7) tu, Tito Manlio, senza riguardo per il comando dei consoli e per l'autorità paterna, hai combattuto il nemico contro le nostre disposizioni, fuori dallo schieramento, e, per quanto è dipeso da te, hai dissolto la disciplina militare, sulla quale sino ad ora si è fondata la potenza romana.
Più avanti, durante la seconda guerra sannitica (326-304), il dittatore Lucio Papirio si trova a dover affrontare un fatto analogo: il maestro della cavalleria Fabio aveva attaccato e sconfitto i nemici contro un suo ordine, e, quando il caso fu portato a Roma, su richiesta del condannato appellatosi al popolo, disse: "polluta semel militari disciplina non miles centurionis, non centurio tribuni, non tribunus legati, non legatus consulis, non magister equitum dictatoris pareat imperio, nemo hominum, nemo deorum verecundiam habeat."(VIII, 34), una volta corrotta la disciplina militare, il soldato non obbedirebbe all'autorità del centurione, il centurione a quella del tribuno, il tribuno al luogotenente, questo al console, il maestro di cavalleria agli ordini del dittatore, nessuno avrebbe più rispetto degli uomini, nessuno degli dei.
Questa volta tuttavia fu trovata una scappatoia: il popolo e i tribuni della plebe chiesero la grazia supplicando, e il dittatore la concesse senza perciò assolvere il reo: "Non noxae eximitur Q. Fabius, qui contra edictum imperatoris pugnavit, sed noxae damnatus donatur populo Romano, donatur tribuniciae potestati precarium non iustum auxilium ferenti " (VIII, 35), non è sottratto alla colpa Quinto Fabio, che ha combattuto contro l'ordine del comandante, ma condannato per la colpa, deve il perdono alle preghiere del popolo romano, deve il perdono alla potestà tribunizia che gli porta un aiuto di preghiere, non di diritti.
Sentiamo Tacito. Petilio Ceriale parlando nel 69 ai popoli della Gallia belgica e celtica pone la disciplina tra C’è la tesi politica e spirituale della dominazione romana.
Devono impedire l’avanzata di un nuovo Ariovisto.
I Romani ai Galli hanno imposto iure victoriae, per diritto di vittoria, solo ciò che è necessario a mantenere la pace. Nam neque quies gentium sine armis, neque arma sine stipendiis, neque stipendia sine tributis haberi queunt (Hist. IV, 74). Se arriveranno Britanni o Germani, i tributi aumenteranno.
Cacciati i Romani (quod di prohibeant) rimarrebbe solo una guerra universale. Octingentorum annorum fortuna disciplinaque compages haec coaluit: quae convelli sine exitio convellentium non potest”, questa mole si è consolidata con la fortuna e la disciplina di ottocento anni ed essa non può essere abbattuta senza rovina di chi la abbatte.
Abbiamo sbagliato nel 1968 a sottovalutare la disciplina nell’educazione scolastica, a pretendere addirittura che venisse abolita. Peggio ancora i movimenti fricchettoni del 1977.
Senza una dura disciplina si rimane dei chiacchieroni inconcludenti, dei buffoni, e si diventa perfino obesi.
giovanni ghiselli
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