domenica 28 febbraio 2021

Il potere della Fortuna sui giovani è aumentato rispetto all’analisi di Machiavelli

Nella prima pagina  del quotidiano “Il  Sole 24 ORE”  di oggi,  28 febbraio 2021, leggo questo titolo : “Scuola, solo il 12% di figli laureati se i genitori sono poco istruiti”.

In alcune tragedie di Euripide la fortuna  non è costantemente maligna, bensì capricciosa e mutevole. Faccio un solo esempio: Ione che è stato sul punto di uccidere la madre, esclama:"O Fortuna che cambi mille volte le sorti dei mortali: li getti nella sventura, poi doni loro il successo"(Euripide, Ione, vv. 1512-1513)
Alla fortuna Machiavelli dovrà riconoscere potere su metà dell'agire umano: " Dico poter essere vero che  la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi. Et assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi  (…) dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle" (Il principe XXV).
 
Essa ha fornito ai grandi della storia dotati di virtù l'occasione per manifestarla:"Bisognava che Ciro trovassi e' Persi malcontenti dello imperio de' Medi, e li Medi molli et effemminati per la lunga pace. Non posseva Teseo dimonstrare la sua virtù, se non trovava li Ateniensi dispersi" ( Il principe VI).
“L’idea di libertà è la forma trascendentale del nostro agire, l’indimostrabile presupposto su cui esso si regge e assume senso e valore. Anche la virtus machiavellica si reggerà su questo fondamento teoretico, altrimenti si dovrebbe sostenere che la Fortuna soltanto tiene l’uomo “sotto el giogo suo” (Lettera al Soderini)[1].
 
Del resto Cesare Borgia nel quale pure c'erano "tanta ferocia e tanta virtù" non poté reggere al rovescio, per cui, al momento della morte del padre Alessandro, era anche lui "malato a morte", sicché non riuscì a evitare la "mala elezione" del  cardinale Giuliano della Rovere suo nemico il quale divenne "Iulio pontefice".  "Errò adunque el duca in questa elezione, e fu cagione dell'ultima ruina sua" ( Il principe VII). La Fortuna lo aveva abbandonato.
 
Comunque non si deve “vivere da schiavo questa vicissitudo, né rimanere in preda alle tempeste della Fortuna, “invece stare desti, “mai partirsi dal Timone” (Alberti[2]), volgere la cura che ci assilla verso un’opera che sembri poter restare , è scelta che il Fato stesso assegna a ciascuno, cui nessuno può sottrarsi  Questa libertà è l’altra faccia del Necessario. Nessuno nell’umanesimo riconosce più di Alberti e Machiavelli la potenza della Fortuna. Senza Fortuna propizia neppure l’impero romano si sarebbe costituito e avrebbe potuto così a lungo durare. Proprio quello Stato che si tempra nella più dura disciplina innalza meravigliosi templi alla Fortuna” [3].
 
Ora dal titolo citato in apertura si vede come sia stata ridotta  la funzione di ascensore sociale della scuola, cioè la percentuale della virtù rispetto a quello della fortuna, ossia, detto con altre parole forse più chiare, le capacità del giovane contano sempre meno rispetto al potere della famiglia dove la fortuna lo balestra per nascita o  adozione o cooptazione.
Questa semiparalisi va curata come altre malattie che stanno devastando la nostra nazione. “Qui habet aures audiendi audiat” [4]
 
giovanni ghiselli
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[1] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.51
[2] I libri della famiglia, in Opere volgari, a cura di C. Grayson, Bari 1960-73vol I, p.
[3] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.59

[4] N. T. Marco, 4, 9

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