venerdì 12 febbraio 2021

Debrecen 1966. V parte

Il domiveglia notturno. I segni e la loro interpretazione

Uscii per mangiare in fretta e tornare presto in camera. Volevo alzarmi la mattina di buonora. Fuori pioveva sempre e faceva freddo. Mentre mangiavo, pensai che dovevo orientarmi cercando di capire il destino: cogliere e interpretare i segni del cielo e di Dio che, con la sua mente ordinata e magnanima, nulla lascia procedere a caso. E avverte con premonizioni. E’ bene, è necessario  notarle e svelarle. Non sono sempre chiarissime, ci vuole un animo attento e allenato per comprenderle. 

Ho sempre fatto caso ai segni premonitori, fin da bambino.

Ricordai che Ammiano Marcellino commenta positivamente l’attenzione del suo eroe, Giuliano Augusto, per  gli auspici che si traggono dagli uccelli:  non che i volatili conoscano il futuro, sed volatus avium dirigit deus[1]. I segni provvidenziali mi avrebbero indicato la strada da seguire con metodo[2]. Exinde quid agi oporteat bonis successibus instruendus[3]. 

Alla follia metodica di Amleto non sfugge che c’è una provvidenza speciale anche nella morte di un passero[4]

Più tardi mi addormentai mentre  pensavo ancora ai segni ricevuti quel giorno.

 

All’una, fui svegliato da un campanello.

Prima credetti di sognare quel suono, poi mi svegliai.

Mi chiesi se avessi sognato  gli squilli che potevano essere la realizzazione velata di un  desiderio inibito o poco chiarito: svegliarmi  dal sonno e dall’oblio della mia identità, ritrovare la dignità  antica di studioso che ricordava quanto leggeva e di agonista che vinceva tutte le gare.

Invece quegli squilli ripresero: qualcuno suonava davvero e con insistenza. Nessuno andava ad aprire. Vecchie sorde o paurose. Ancella infingarda, se c’era. Io? Non c’entravo, non mi sembrava il caso, poi avevo paura. Continuò per alcuni minuti.

Chi è alla porta, chi è alla porta, chi?[5] Mi domandai.

Guardie di frontiera che mi inseguivano, oppure ladri o assassini, scomposte menadi ubriache, spettri di orrori, o invece buffe congreghe di “diavoli goffi con bizzarre streghe”[6], o che altro?

Comunque era un segno. Di sventura?

Ma no, forse era un segno sonoro premonitore di cambiamento in meglio. “Tutto è pieno di dèi, pavnta plhvrh qew'n[7], tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo”[8], volli pensare, forzandomi un poco.

Rimasi sveglio una mezz’ora per interpretare quel segno.

Lo feci in questo modo: “Non addormentarti, non rimanere assopito e stordito nella casa di Pesaro. Non è l’ambiente dove puoi svilupparti. Svegliati, alzati, cerca nuove dimore, esperienze nuove, anche a costo di ferirti, di smarrirti nel mondo.

Devi imparare a stare ritto senza essere sorretto.

Se resti là, non potrai ritrovare l’identità smarrita. Quella andava bene per un adolescente liceale.

 A Debrecen, cerca di conoscere delle persone adulte stimolanti alla crescita, donne soprattutto, le donne belle e fini che devi meritarti: prova a iniziare una vita nuova e degna di te!”.

 

Bologna 12 febbraio 2021, ore 11, 48. giovanni ghiselli


p. s.

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[1] Ammiano Marcellino, Historiae, XXI, 1, ma il volo degli uccelli lo dirige  dio.

[2] E’ una tautologia voluta: oJdov" significa “strada”

[3] Quindi saranno I buoni successi a guidarmi (cfr. Ammiano Marcellino , Storie, XXI, 5. Parla Giuliano Augusto

[4] Cfr. Shakespeare,  Hamlet V, 2 there’s a special providence in the fall of a sparrow.

[5] Cfr. Euripide, Baccanti: “tiv~ ojdw` ; tiv~ oJdw/` ;tiv~ ;” (v. 68), chi è per strada?, chi è per strada? Chi?

[6] Carducci, Il comune rustico, 10-11.

[7] Talete in Aristotele, Sull'anima, 411a 8.

[8] P. P. Pasolini, Dialoghi definitivi di “Medea”, scena 7. In op. cit., p. 544 e p. 545.

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