sabato 27 febbraio 2021

La bellezza della terra. V parte

Tibullo
La bellezza della terra sciupata dalle
tevcnai di Prometeo
 
La beata età dell'oro di Tibullo non aveva le invenzioni di Prometeo. 
Sotto il regno di Saturno, al tempo dell'armonia tra l'uomo e la natura, non c'erano le navi, non c'era il commercio, né  l'aggiogamento del toro, né l'imbrigliamento del cavallo, né la proprietà privata, né il profitto: allora la terra con i suoi figli, piante e animali, erano generosi nei confronti degli uomini e questi vivevano senza preoccupazioni :"nondum caeruleas pinus contempserat undas,/effusum ventis praebueratque sinum;//nec vagus ignotis repetens compendia terris/presserat externa navita merce ratem.// illo non validus subiit iuga tempore taurus,/non domito frenos ore momordit equus; // non domus ulla fores habuit, non fixus in agris/qui regeret certis finibus arva lapis//  Ipsae mella dabant quercus, ultroque ferebant/obvia securis ubera lactis oves" (I, 3, 37-46), ancora il pino non aveva sfidato le onde azzurre, e non aveva esposto ai venti il seno aperto[1]: né il marinaio errante cercando profitti in terre ignote aveva caricato la barca di merci straniere.
In quel tempo il toro robusto non si sottopose al giogo, il cavallo non morse il freno con bocca domata; le dimore non avevano porte, non c'era pietra conficcata nei campi che segnasse la terra da arare con limiti certi. Le querce  offrivano il miele da sé, e le pecore spontaneamente portavano le poppe gonfie di latte in mano a quegli uomini senza preoccupazioni.
 
U. Galimberti ricorda alcuni versi del Prometeo incatenato a proposito della catastrofe che ha colpito l'Asia il 26 dicembre 2004:
" Rassicurato dalla sua mente e dai prodotti della sua mente interrogò[2] Prometeo, che aveva donato la tecnica agli uomini, ponendogli questa domanda: "E' più forte la tecnica o la necessità che governa le leggi della natura?". Prometeo, amico degli uomini e inventore delle tecniche, dà la sua risposta lapidaria: "La tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi della natura". Così riferisce Eschilo nel Prometeo incatenato[3], e Sofocle, di rincalzo, nell'Antigone dice che l'aratro ferisce la terra, ma questa si ricompone dopo il suo passaggio. Allo stesso modo la nave fende la calma trasognata del mare, ma le acque si ricompongono perché la natura è sovrana. Noi abbiamo dimenticato la sovranità della natura ( …) Fedeli esecutori del comando biblico che invitava Adamo al dominio della terra, abbiamo trasformato il suo uso in usura (…) La terra per noi è diventata materia prima e niente di più, il suolo coltre da perforare per estrarre energia dal sottosuolo, la foresta legname da utilizzare, la montagna cava di pietra, il fiume energia da imbrigliare, il mare riserva da esplorare per futuri sfruttamenti, l'aria spazio dove scaricare i veleni rarefatti delle nostre opere (…) Non dimentichiamoci la potenza della natura e non abituiamoci a pensare che essa non è altro che materia prima, o deposito di rifiuti"[4]. 

giovanni ghiselli

 


[1]Quello delle vele, quasi fossero donne sfacciate.
[2] Il soggetto immaginato da Galimberti è l'uomo che costruisce argini, difese e inventa la tecnica previsionale per allontanare il più possibile l'inquietudine dell'imprevedibile.
[3] Cfr. v. 514 (n. d. r.)
[4] U. Galimberti, La natura inumana, in "la Repubblica" 27 dicembre 2004, p. 23.

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