Ilaria Bianchi, la Terra |
Prima parte del mio prossimo intervento online (6 marzo dalle ore 11)
Terra e bellezza nelle tragedie
La bellezza del cielo e della terra sono gli educatori del ragazzo privo di padre e di madre
Troviamo la poesia della montagna nel canto mattutino di Ione il quale senza padre né madre, ministro del dio Apollo che lo ha allevato (Euripide, Ione, vv. 109-111) inizia la sua giornata a Delfi, sull'ombelico del mondo (vv.5-6) mettendo in ordine il tempio appena il sole batte sul Parnaso: "Ecco, già il sole fa risplendere sulla terra la sua fulgida quadriga; le stelle fuggono davanti a questa vampa dell'etere verso la notte sacra.
Le inaccessibili vette del Parnaso inondate di luce accolgono il disco del giorno per i mortali" (vv. 82-88).
Euripide colse l'affinità tra la purezza dell'anima e l'incontaminatezza della terra selvaggia. L'uomo e la vita terrena sono uniti da una sorta di simpatia.
Lo vediamo soprattutto nelle Baccanti (405) e nello Ione (411) "il quale conversa con gli uccelli petulanti che deve scacciare via dal limitare del santuario, quasi fossero dei suoi simili"[1].
Il paesaggio dunque può ricevere il ruolo di Mentore: H. Hesse in Peter Camenzind scrive:"Le montagne, il lago, le tempeste e il sole erano i miei educatori ed amici che per molto tempo mi furono più cari degli uomini e del loro destino"[2]
Determinismo geografico
c'è una corrispondenza fra la terra, il clima e gli uomini.
Il capitolo finale delle Storie di Erodoto contiene un monito per i Persiani attribuito a Ciro, il fondatore dell'impero. Alcuni sudditi gli avevano presentato la proposta fatta da Artembare di trasferire il popolo persiano dalla sua terra "piccola, scabra e montuosa" in un'altra "migliore". L'occasione era offerta dalla vittoria sul re dei Medi Astiage. Ma Ciro li scoraggiò dicendo che "da luoghi molli di solito nascono uomini molli ("filevein ga;r ejk tw'n malakw'n cwvrwn malakou;" a[ndra" givnesqai", 9, 122, 3): infatti non è della stessa terra produrre frutti meravigliosi e uomini valenti in guerra. Sicché i Persiani rinunciarono, vinti dal parere di Ciro, e preferirono comandare abitando una terra infeconda piuttosto che essere servi di altri coltivando pianure fertili. Sono le ultime parole delle Storie.
Questo passo finale trova una qualche analogia nello scritto del Corpus Hippocraticum[3] Peri; ajevrwn, ujdavtwn, tovpwn il quale afferma che c'è una "unità indissolubile" tra la terra, il clima, gli uomini e "le forme della loro esperienza umana".
Nietzsche:" Vediamo un po' in quali luoghi si trovano o si sono trovati uomini di grande spirito, dove l'arguzia, la raffinatezza, la cattiveria facevano parte della felicità, dove il genio si trovava quasi necessariamente a casa: tutti sono contraddistinti da un'aria particolarmente asciutta. Parigi, la Provenza, Firenze, Gerusalemme, Atene-questi nomi stanno a provare qualcosa: che il genio è condizionato dall'aria asciutta, dal cielo puro-e questo vuol dire metabolismo rapido, possibilità di attirarsi continuamente grandi, e anche enormi, quantità di forza"[4].
Vediamo la traduzione, mia, dell’Ode di Saffo solitamente chiamata “La cosa più bella” (fr. 27 D.)
"Alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla terra nera
sia la cosa più bella, io quello
che uno ama.
Ed è facile assai rendere questo
comprensibile a ognuno: infatti quella che di gran lunga superava
nella bellezza gli esseri umani, Elena, dopo avere lasciato
il marito che pure era il più valoroso di tutti
andò a Troia navigando
e non si ricordò per niente della figlia
né dei suoi genitori, ma Cipride la
trascinò, in preda all'amore.
Anche a me ora ha fatto ricordare
di Anattoria assente.
Di lei ora vorrei vedere l'amabile
passo e il fulgido scintillio del volto
piuttosto che i carri dei Lidi e i fanti
che combattono nell'armatura".
Ippolito ama la terra con i suoi prati immacolati
Nell’Ippolito (428) di Euripide il primo canto lirico, l'unico inserito da Euripide in un prologo, è quello intonato dal protagonista il quale poi, mentre inghirlanda l'immagine di Artemide, prosegue ancora con trimetri giambici che mantengono tuttavia questa “intonazione lirica”.
Leggiamo alcuni versi :"A te signora porto, dopo averla preparata, questa corona intrecciata da un prato immacolato - ejx ajkhravtou- leimw`no" - dove né pastore osa pascolare le greggi, né mai entrò il ferro, ma l'ape di primavera attraversa il prato immacolato - ajll j ajkhvraton- mevlissa leimw`n j hjrinh; dievrcetai - e il Pudore[5] Aijdwv"- lo vivifica con le rugiade dei fiumi"(vv. 73-78).
Ma Artemide non salverà il suo devoto.
In ogni caso non si deve mai perdere l’amore per la vita terrena e per la stessa terra:“ Bleibt mir der Erde treu, meine Brüder, mit der Macht euer Tugend! Restatemi fedeli, fratelli miei, alla terra con tutta la forza della vostra virtù! Il vostro amore, che tutto dona, e la vostra conoscenza servano il senso della terra”[6].
Così parla Zarathustra (…) Bacia la terra e amala incessantemente, insaziabilmente - dice lo starets Zosima -cerca questa estasi e questa esaltazione. Bagna la terra con le lacrime della tua gioia e ama queste tue lacrime”[7].
Zosima muore baciando la terra: “si lasciò scivolare dolcemente dalla poltrona sul pavimento, e inginocchiandosi, si chinò col viso fino a toccar terra, si prosternò, allargò le braccia in croce; e come invaso dall’estasi, baciando la terra e pregando (come appunto aveva insegnato a fare), serenamente e gioiosamente rese l’anima a Dio”[8].
Alioscia segue l’esempio del maestro: “Una notte fresca e calma fino all’immobilità avvolse la terra (…) Alioscia rimase a guardare per un momento quello spettacolo, poi, ad un tratto, si gettò con la faccia a terra come se l’avessero falciato. Egli non sapeva perché l’abbracciasse, non si rendeva conto della ragione per cui gli fosse venuta quella terribile voglia di baciarla, di baciarla tutta; ma egli la baciava piangendo, singhiozzando, inondandola delle sue lacrime, e giurando, in uno slancio impetuoso, di amarla, di amarla eternamente. “Inonda la terra delle tue lacrime di gioia, e amale, codeste tue lacrime…”, disse una voce nella sua anima”[9].
Si pensi alla “cura di Anteo”, un gigante libico che uccideva i viandanti e acquisiva forza dal contatto con sua madre, che poi è la madre di tutti, la Terra. Ercole dovette sollevarlo dal suolo e togliergli il contatto con la madre per strozzarlo: "La civilizzazione e l'intellettualità son belle cose, son grandi cose, non vogliamo certo negarlo. Ma senza quella che noi un giorno definiremo la compensazione di Anteo, sono rovinose per l'uomo e creano la malattia"[10].
giovanni ghiselli
[1] Ione, 154 ss, L'uomo greco, p. 546.
[2] H. Hesse, Peter Camezind. p. 12.
[3] I cui scritti furono prodotti tra il V e il IV secolo.
[4] Ecce homo, perché sono così accorto, 2.
[5] Vedremo che il Pudore (Aijdwv" ) è un valore forte dalla presenza frequente nel nostro percorso, sia che venga rispettato, sia che venga oltraggiato.
[6] Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Prefazione.
[7] D. Merezkovskij, Tolstòj e Dostoevskij., p. 366.
[8] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. 407.
[9] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. 451.
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