Entra in scena
il Coro di donne che hanno visto il fuoco e il fumo. Hanno dei recipienti con
dell’acqua.
Anche queste
coreute sono divise in due semicori.
Il semicoro I
esecra i vecchi maledetti e invita a fare presto nonostante la paura ajlla; fobou'mai (327).
Quando non c’è
questa paura dell’altro genere, considerato quale un nemico quasi estraneo
all’umanità, equivalente alla fobìa dello straniero, è molto più difficile
indurre i poveri a morire in guerra. Per farlo bisogna spargere odio. Paura e
odio derivano dai delitti efferati commessi soprattutto dai maschi, poi dalla
propaganda che estende la criminalità all’intero genere maschile o femminile.
Orazio nella
prima Ode del primo libro menziona le guerre maledette dalle madri: "bellaque
matribus/ detestata" (vv. 24 - 25).
Il poeta di
Venosa chiama il dio Marte torvus in Carmina I, 28, 17 e cruentus in II, 14,
13.
Le coreute stanno comunque portando delle
anfore piene di acqua per spengere il fuoco e soccorrere le assediate
Il Semicoro II
invoca Atena
Ha saputo che
dei vecchi boriosi carichi di legna pesante, come se volessero scaldare dei
bagni, avanzano verso l’acropoli lanciando minacce terribili - deinovtat j ajpeilou`nta" - 339,
cioè che bisogna carbonizzare con il fuoco le abominevoli donne - crh; ta;" musara;" gunai`ka"
ajnqrakeuvein - 340.
Ora che siamo
più civili la carbonizzazione almeno a parole è bandita perché poi i droni
inceneriscono i malcapitati.
Adesso vogliono
venderci automobili trasformate in sedie elettriche. Ci si siedano quelli che
le costruiscono sperando di eternizzare i loro profitti. Io continuo con la
bicicletta e con i mezzi pubblici. La batteria della mia beatle rossa oramai è
sempre scarica, talmente poco la uso.
Il coro chiede l’alleanza della dea nel
portare aiuto alle donne che vogliono salvare dalla guerra, e dalla follia,
l’Ellade e i cittadini. Le assediate e minacciate dal fuoco hanno occupato il
tempio di Atena con questo scopo.
La Corifea, indicando i vecchi, li qualifica
come ponwpovnhroi (350), farabutti,
e aggiunge che uomini buoni crhstoiv, e pii
eujsebei'", non avrebbero mai fatto una cosa simile (351).
II corifeo
definisce pra'gm j ajprosdovkhton una faccenda inattesa lo sciame di donne ejsmov" gunaikw'n (353) che arriva
per aiutare le assediate dal fuoco.
Abbiamo visto
che l’inaspettato del resto fa parte del gioco della vita per cui dovremmo
apettarcelo.
La Corifea
domanda: perché ve la fate addosso per la paura davanti a noi? - tiv bduvlleq j hJma" ; Questo è
niente: la parte di donne ribelli che vedete non è nemmeno la decimillesima
dell’intero - kai; mh;n mevro" g j
hJmw'n oJra't j ou[pw to; muriostovn - 355.
Il corifeo le
minaccia di bastonate
La corifea
ordina alle donne di mettere giù le anfore per difendersi senza avere le mani
impedite.
“Sebben che
siamo donne paura non abbiamo” cantavano qualche decennio fa.
Il corifeo “ Se
qualcuno avesse colpito costoro due o tre volte nelle mascelle come quelle
Bupalo, non avrebbero più voce” ( fwnh;n
a]n oujk ei\con, Lisistrata, 361).
Ha ricordato
Ipponatte (VI sec. a. C.) che scrive: “lavbetev
meu taiJmavtia, kovyw Bouvpalon to;n ojfqalmovn (fr - 70 D.), tenetemi
il mantello: darò un pugno a Bupalo nell’occhio.
La Corifea
risponde che è pronta anche a prendere le botte, ma non cederà.
Non sarà
un’altra cagna ad afferrarti i coglioni (363).
Il corifeo la
minaccia: se non taci ti sgranerò la vecchia pelle a furia di botte ejkkokkiw' to; gh'ra" (364) - ejkkokkivzw - ejn e kovkko",
granello, chicco.
Nella mia
generazione c’era l’uso della polemica tra maschi e femmine quando eravamo
bambini. Ricordo che alle medie, in prima o in seconda, ci facevano leggere Il
parlamento di Carducci e noi maschi lo usavamo deformato gridando: “a lancia e
spada le galline in campo!”. Poi invece in terza una brunetta della sezione
femminile , la più brava della classe, mi apparve come un angelo e me ne
innamorai.
Più avanti
compresi che le femmine della nostra specie non sono galline né angeli ma
esseri umani come noi. E come tali le amai.
Trassi questa
coscienza prima dalle letteratura amata poi dalle stesse donne amatissime
La vedova
Ghismunda che pure è " giovane e gagliarda e savia" nel Decameron (IV,
1) di Boccaccio sostiene la naturalezza della passione carnale difendendo il
proprio sentimento amoroso per il giovane valletto Guiscardo "uom di
nazione assai umile ma per vertù e per costumi nobile", davanti al padre
Tancredi, principe di Salerno che non la capisce:" Esserti ti dové,
Tancredi, manifesto, essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e
non di pietra o di ferro (...) Sono adunque, sì come da te generata, di carne,
e sì poco vivuta, che ancora son giovane, e per l'una cosa e per l'altra piena
di concupiscibile disidero, al quale maravigliosissime forze hanno date l'aver
già, per essere stata maritata, conosciuto qual piacere sia a così fatto
disidero dar compimento. Alle quali forze non potendo io resistere, a seguir
quello che elle mi tiravano, sì come giovane e femina, mi disposi e
innamora'mi".
Il padre però uccide l'amante della figliola e
questa si uccide.
Molto più
comprensivo di Tancredi nei confronti dell'istinto femminile è Leopold Bloom
nell'Ulisse di Joyce :"Tinnulo calessino . Lei voleva andare. Ecco perché.
Donna. Tanto vale fermare il mare" . E' la teoria per la quale la donna dà
maggiore importanza dell'uomo all'accoppiamento e all'amore, una teoria invero
che ora, tra le cosiddette donne in carriera, sta perdendo credito, ma solo
fino a un certo punto.
Pesaro 4
ottobre 2021 ore 10, 32
giovanni
ghiselli
p. s
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