NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 1 luglio 2021

Shakespeare, "Riccardo III". Rilettura. XXVII. Richmond fiuta nell’aria la propria vittoria

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 L’obiettività epica della storiografia antica. La guerra civile è il più crudele dei conflitti.
 
Aggiunta del primo luglio 2021.
I segni che preannunciano la vittoria o la sconfitta prendono il loro significato più vero dalla forza o dalla debolezza di chi li nota.
Quando siamo indeboliti dentro, interpretiamo come negativi quei medesimi segni, del cielo o della terra, o pure vocali, che in stato di grazia avremmo considerato favorevoli. Il segno brutto dunque e anche quello bello, l’abbiamo dentro e quando lo sentiamo avverso, non dobbiamo competere.
 
Inizia la seconda scena del V atto

Siamo nel campo di Richmond che tiene ai capi e sottocapi del suo esercito un discorso come facevano gli antichi duci delle guerre antiche  quali Alessandro Magno, Annibale, Scipione, per fare solo qualche esempio.
Ognuno  tende a magnificare le proprie forze, a prevederne la vittoria .
Richard è molto virulento nei confronti del nemico esecrando,
l’ usurping boar (7), il cinghiale usurpatore .
Nelle guerre  antiche i comandanti erano meno offensivi nei confronti dei duci nemici, talora anzi assumevano atteggiamenti perfino  cavallereschi.
Durante la seconda guerra punica , nel 208, il console  Marcello rimase ucciso in uno scontro  tra Venosa e Locri. Era stato 5 volte console, tre volte si era fregiato delle spoglie opime tolte a un comandante ucciso di sua mano. Annibale fece rendere alla spoglia gli onori più alti.
 
Gli atti cavallereschi entrano  nella categoria della cosiddetta “obiettività epica” della storiografia precristiana (Santo Mazzarino). Viene codificata dal proemio delle Storie di Erodoto: "Questa è l'esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi scaturiti dall'attività umana con il tempo non diventino oscuri, né le imprese grandi e meravigliose-(e[rga megavla te kai; qwmastav- messe in luce alcune dagli Elleni altre dai barbari, rimangano prive di gloria, e tra le altre cose in particolare per quale causa combatterono tra loro" .
Per questo riconoscimento del valore dei nemici, Plutarco nel De Herodoti malignitate, Peri; th`~   JHrodovtou kakohqeiva~  ( 857a)  accuserà questo storiografo  di essere filobavrbaro".
 
Richmond invece riempie di impropèri Riccardo: “the wretched, bloody, and usurping boar-that spoil’d your summer fields and fruitful vines-swills your warm blood like wash, and makes his through-in your embowell’d bosoms- this foul swine (…) this foul swne  (V, 2, 7-10), lo sciagurato, sanguinario cinghiale usurpatore, che ha spogliato i vostri campi estivi e le vigne fruttifere, tracanna come un pastone il vostro sangue caldo e insedia il suo truogolo nei vostri petti dilaniati (…) questo immondo maiale. Un’invettiva contro il nemico, per niente cavalleresca.
 
Vero è che le guerre civili sono sempre più feroci di quelle contro un nemico esterno: Tucidide riconosceva il valore degli Spartani ma non quelli dei nemici di classe della propria polis, come Cleone il demagogo beniamino del popolo odioso agli aristocratici.
Tuttavia  lo storiografo della guerra del Peloponneso non arriva a raffigurarlo con tali e tanti insulti.
I latini tendono a evidenziare la crudeltà delle guerre civili
Svetonio, narrando gli avvenimenti dell’ anno 69 d. C.,  racconta che Vitellio questo principe più che cinquantenne, torpido e ghiottone, mentre visitava il campo di battaglia di Bedriaco dove aveva sconfitto Otone, a quelli del seguito che si rivoltavano inorriditi davanti ai caduti già in putrefazione, disse : “ il cadavere del nemico ha buon odore; ma quello dei cittadini è migliore” “optime olere occisum hostem, et melius civem” (Vitellio, 10)
 
“E anche per il popolo la guerra civile-quando non importi la privazione dei comodi più volgari- può essere motivo di squisito sollazzo” (Marchesi, Tacito, p. 257). In Hist. III, 83 Tacito racconta come entrarono in Roma i Flaviani vittoriosi  sui vitelliani nel dicembre del 69 durante la festa dei Saturnali
Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludrĭco certamine, hos, rursus illos clamore et plausu fovebat”, la popolazione assisteva alla battaglia come ai giochi del circo:  con acclamazioni e applausi assegnava il suo favore  ora a questo ora a quello.
-“saeva ac deformis urbe tota facies: alibi proelia et volnera, alibi balineae popinaeque: simul cruor  et strues corporum, iuxta scorta et scortis similes” (Tacito, Historiae, III, 83) , crudele e orrendo lo spettacolo in tutta l’urbe, da una parte scontri e ferite, da un’altra bagni e osterie: nello stesso tempo sangue e mucchi di cadaveri, e vicino bagasce e bagascioni  
“Una pace dissoluta, il saccheggio più bruto. Furore e gioia. Era già successo con Silla e con Cinna. C’era una disumana indifferenza - inhumana securitas- e la dissolutezza non ammetteva interruzioni e i piaceri non furono interrotti, come se ai Saturnali si fossero aggiunti altri spassi. Godevano per la sola allegrezza del pubblico male” (Marchesi, Tacito, p. 258)
 
Richmond chiama i suoi soldati courageous friends (14), amici coraggiosi, e il conte di Oxford aggiunge un elogio sperticato: “la coscienza di ogni uomo vale mille uomini (17) seguito da un annientamento del nemico anatemizzato –to fight against this guilty homicide (18) per combattere contro questo colpevole assassino.
Altri nobili ribelli notano l’isolamento dell’usurpatore: abbandonato da tutti tranne quelli che ne hanno paura. Si prospetta una finale simile a quello  che si ripeterà della tragedia Macbeth  (1605-1608) con il tiranno isolato e desolato.
La scena si chiude con Richmond che proclama: “All for our vantage; then in God’s name march” (22), tutto va a nostro vantaggio, marciamo dunque in nome di Dio.
E’ il “Dio con noi”- Got mit uns- di chi crede nella popria vittoria, non sempre a ragione.
Richmod aggiune uno svolazzo: “true hope is swift, and flies with swallow’s wings” (23), la speranza verace è veloce e vola con ali di rondine. Non bisogna però dimenticare che la rondine ha due lati di cui uno scuro e male ominoso, come abbiamo visto commentando Antonio e Cleopatra.  Lo ripeto qui.
Poco prima della battaglia di Azio, sul conto Antonio ci furono brutti segni.
Tra gli altri: “la nave ammiraglia di Cleopatra si chiamava Antoniade  e su questa apparve un segno terribile shmei`on de; peri; aujth;n deino;n  ejfavnh (Vita, 60, 7) : delle rondini avevano fatto il nido sotto la poppa- celidovne" ga;r ujpo; th;n pruvnan ejneovtteusan, ma delle altre sopraggiunte scacciarono queste e ne uccisero i piccoli ( e[terai d j ejpelqou`sai kai; tauvta" ejxhvlasan kai; ta; neovttia dievfqeiran- (Plutarco, Vita di Antonio, 60, 7) . Il cattivo destino di Antonio dunque era già segnato.
Di fatto si era indebolito
I segni del resto segnalano vittoria ai più forti e sconfitta ai più deboli. Gli stessi segni. Il più forte che vede il segno negativo sa che questo è un brutto segno è per il più debole. Come Alessandro Magno quando vide l’eclissi di luna prima della battaglia decisiva di Gaugamela (331)
Il Macedone  senza scomporsi, ad omnia interritus (Curzio Rufo, 4, 10, 4)  assolutamente impavido,  chiamò vati egiziani i quali pur conoscendo le vere cause dell’oscuramento, dissero che l’eclissi di luna era un brutto segno per i Persiani. Risposta suggerita dal figlio di Olimpiade.
 
Richmond conclude dicendo che la speranza tramuta i re in numi e uomini modesti in re. Sono le buone speranze che conseguono ai primi successi.
Viceversa si diventa ad omnia pavidi dopo gli insuccessi
Bologna 9 giugno 2021 ore 17, 49

giovanni ghiselli

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