domenica 29 agosto 2021

Aristofane, le Vespe, 3. Padre e figlio.

Servo II seguita a parlare della mania del vecchio. Di notte dorme pochissimo e se chiude gli occhi sogna la clessidra e il voto th;n yh`fon 94. Se vede scritto su una porta viva Demo - ejn quvra/ Dh`mon kalovn (98) lui vi aggiunge kh`mo" kalov" (99) viva l’urna. Possiamo equipararlo, come si diceva sopra, ai tifosi magari quelli di una volta. Se il suo gallo cantava tardi diceva che si era persuaso di svegliarlo tardi- o[y j ejxegeivrein 101- prendendo del denaro dagli accusati. La descrizione della mania offre all’autore l’opportunità di trovare situazioni ed espressioni di nonsense che anticipano Edward Lear e Lewis Carrol. A volte dopo avere vegliato la notte Filocleone si addormenta sul far del giorno, poi viene fuori come un’ape o un calabrone- w[sper mevlitt j h] bombuliov" eijsevrcetai 107 e spinto dal suo umore cattivo- ujpo; duskoliva"- 106 vuole condannare tutti segnando un solco lungo-quello che tracciato sulla cera significava la condanna. Si pensi allo scatenarsi dei giudici della brigata di mani pulite contro i politici nei primi anni Novanta. Il figlio mal sopporta questa malattia del padre. Cercò di farlo rinsavire con vari tentativi fino a metterlo a dormire nel tempio di Asclepio di Egina. Invano. Poi l’ha rinchiuso in casa ma il vecchio se la svignava. Il servo conclude il suo racconto con il nome del padre Filoklevwn e quello del figlio Bdeluklevwn. Il figlio ha modi superbi e alteri. Non è del tutto equilibrato nemmeno lui. Con tale padre è difficile esserlo Bdelicleone che ha schifo di Cleone (bdeluvssw, provo disgusto) entra in scena. Dà ordine ai servi di sorvegliare il padre che cerca di svignarsela. Infatti si sente un rumore nel camino. E’ Filocleone che dice: kapno;" e[gwg j ejxevrcomai (144) sono fumo e vado fuori. Il figlio gli domanda di quale legno sukivnou (145) di fico risponde il vecchio. Collegabile a sicofante ma anche a fica-su`kon- dato la natura dell’uomo maniaco dei processi e libertino per giunta. Il figlio cerca di farlo tornare indietro. Il vecchio irriducibile spinge alla porta e grida che deve uscire per condannare Dracontide. Un Dracontide sarà uno dei trenta tiranni, un altro era stato tra gli accusatori di Pericle. Filocleone deve condannare per sopravvivere: dice al figlio che il dio di Delfi una volta gli vaticinò che quando un imputato fosse stato assolto lui ne sarebbe rimasto stecchito 160. Questa non è un’assurdità a parere mio: uscire dalla propria identità, diventare non confacente a se stesso, dissimile da se stesso, significa sconciarsi e morire. Dicono che il cancro è la cellula che perde la propria identità. Quando mi chiedo che cosa devo fare per continuare a vivere mi rispondo: studiare, scrivere, fare sport e non ingrassare per quanto dipende solo da me. Poi prendere il sole quando c’è, e tenere lezioni quando ci sono persone desiderose di imparare da me. Una volta mi sentivo anche in dovere di piacere alle donne. Ora posso fare a meno di avere tale risultato seppure assai a malincuore. Comunque devo provarci. Il padre dunque scongiura il figlio di lasciarlo uscire per non farlo crepare. Bdelicleone risponde “mai!” e il Filocleone minaccia di rodere la rete coi denti. Ma il figlio gli ricorda che non li ha. Allora il padre cerca di usare il trucco di Odisseo che sfuggire al Ciclope si era nasconsto sotto un montone: Filocleone dice che si deve vendere un asino, poi lo manda fuori dopo che si è attaccato alla pancia dell’animale rendendosi invisibile (180). L’episodio si trova nel IX canto dell’Odissea ed è indicativo del riuso che gli scrittori migliori fanno degli autori precedenti La coscienza di non dire nulla di completamente nuovo si trova già negli autori antichi: Eschilo diceva che le sue tragedie erano fette del grande banchetto omerico (Aijscuvlo" … o}" ta;" auJtou' tragw/diva" temavch ei\nai e[legen tw'n JOmhvrou megavlwn deivpnwn" ); Callimaco afferma: "ajmavrturon oujde;n ajeivdw" , non canto nulla che non sia testimoniato giovanni ghiselli

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