mercoledì 18 agosto 2021

Aristofane le Nuvole VI parte.

Parodo (263-363) prima parte Segue una preghiera all’ jAhvr, l’Aria signore non misurabile ajmhvtret j, che tieni la terra sospesa in alto- o}" e[cei" th;n gh'n metevworon (264). Anassagora ha scritto che la terra è di forma piatta e non cade nel vuoto poiché questo non esiste, poiché l’aria resistentissima la tiene sospesa in alto metev woron (Vors. 59 A42). Poi la preghiera si rivolge al lamprov" t j Aijqhvr, il fulgido Etere. Il cielo, la volta celeste luminosa (ai[qw, accendo, aestas, aestus-us m. calore e marea) alle "Nuvole dèe venerande cariche di tuoni e di fulmini"( semnaiv te qeai; Nefevlai bronthsikevraunoi, 265 ) cui Socrate chiede di apparire metevwroi sublimi al pensatore tw'/ frontisth'/ (266). Strepsiade chiede di aspettare un momento: vuole coprirsi con il mantello per non finire annaffiato- mh; katabrecqw' (267-katabrevcw). Socrate riprende a pregare le polutivmhtoi Nefevlai, le Nuvole assai venerande e chiede una loro epifania in parata agli occhi del contadino-e[lqete tw'/d j eij" ejpivdeixin (269). Si può pensare alla ejpopteiva, la rivelazione che costituiva la massima iniziazione dei misteri eleusini. Dovunque siano, le Nuvole sono pregate di porgere ascolto accettando il sacrificio dexavmenai qusivan (274). Risponde il coro dall’interno. Sono le Nuvole eterne che scorrono sempre-ajevnaoi-ajeiv e navw scorro- Nefevlai (276). Dicono “alziamo con chiarezza la nostra rorida natura splendente, dal padre Oceano che rimbomba, verso le cime boscose degli alti monti da dove potremo mirare la terra con le sue messi e i suoi fiumi e il mare che risuona di fremiti cupi. Già l’occhio dell’etere-il sole- risplende infaticabile -o[mma aijqevro" ajkavmaton selagei'tai (285). Dopo avere scosso dal nostroaspetto immortale la bruma piovosa nevfo"-latino nubes- tedesco Nebel- o[mbrion- o[mbro"- lat. imber-imbris, guardiamo la terra thleskovpw/ o[mmati, con occhio che vede lontano (290). Socrate esulta per questa risposta delle mevga semnai; Nefevlai (291) e domanda al nuovo discepolo se abbia sentito muggire il tuono santo. Strepsiade risponde che pure lui riverisce e vuole rispondere con le scorregge ai tuoni-bouvlomai ajntapopardei'n-da ajntapopevrdo inf. aor.- pro;" ta;" brontav" (294). Dice che è spaventato e trema. Se è lecito keij qevmi" ejstivn , lo faccio subito, se no, ceseivw, ho voglia di cacare. Socrate diffida Strepsiade dal motteggiare (skwvptein) e gli ordina di non fare come i poetastri comici trugodaivmone" 296, cattivi cantori del mosto (truvx, vino nuovo, wj/dhv e kakodaivmwn). Cfr. Orazio, Ars poetica 277 dove gli attori del carro di Tespi sono presentati con queste parole peruncti faecibus ora, con il volto impiastricciato di mosto. Cfr. Nuovo Testamento, Atti degli Apostoli, 2: Et cum compleretur dies Pentecostes repleti sunt omnes Spiritu Sancto… alii autem irridentes dicebant: “Musto pleni sunt isti”. Strepsiade deve mantenere un religioso silenzio-eujfhvmei siccome un grande sciame di dèe -mevga qew'n smh'no"- si muove tra i canti (297) Il coro delle Nuvole parqevnoi ojmbrovforoi vergini piovose"(298) canta il mito di Stato che celebra la polis ateniese come hanno fatto anche gli autori di tragedie in varie occasioni (Eschilo nell’Orestea, Sofocle nell’Edipo a Colono, Euripide nella Medea e nelle Supplici) Questo coro chiama Atene la terra di Pallade e pure eu[andron ga'n- 300 "terra di uomini forti, amabile dimora di Cecrope" . Nelle Troiane di Euripide il coro chiama eu[andron ga'n (229) la Magna Grecia prossima alla corrente Ionia del mare, 225 che il Crati bagna, il fiume più bello, che tinge di rosso la bionda chioma E con sacre acque nutre E allieta una terra di uomini forti (vv. 225-229). Le Nuvole di Aristofane dunque celebrano la città di Atene una terra di uomini forti –eu[andron ga'n 300- dove c'è il culto di riti ineffabili ou| sevba" ajrrhvtwn ijerw'n 302. Cfr. vice versa parrhsiva la libertà di parlare di tutto. a[rrhto" è negazione di rJhtov", dicibile ed è una vox media perché può significare indicibile in quanto sacro ma anche in quanto abominevole, nefando, infame. In questo secondo senso lo troviamo nel primo stasimo dell’Edipo re: "Chi è quello di cui la profetica/rupe di Delfi disse/: ha compiuto infamie su infamie-a[rrht j ajrrhvtwn-/con mani sporche di strage?" (vv. 463-466). Anche nell'Edipo a Colono (v.1001) a[rrhton t j e[po" è relativo alle uccisioni, nozze e sventure (v.962) del protagonista. Poi ad Atene c’è la casa che riceve gli iniziati- mustodovko" dovmo",(302-muvsth" e devcomai) dove si procedelle sacre iniziazioni. Probabilmente il tempio di Eleusi Non mancano doni agli dèi del cielo e alti templi e statue e santissime processioni e sacre cerimonie dalle belle corone e feste in ogni stagione. E quando torna la primavera, c’è la festa di Bromio e stimoli eccitanti di cori armoniosi e musica di flauti dal forte suono (305-312). Sono le Grandi Dionisie con le rappresentazioni drammatiche Viene data una visione dell'Atena classica non molto diversa dall'idea che ne dà Ibsen. Libanio, il sofista dice a Giuliano prima della sua ascesa al potere imperiale e della apostasia :"Esiste un mondo splendido che voi galilei non vedete; un mondo dove la vita è una festa solenne fra belle statue e inni nei templi, con calici colmi di vino e rose fra i capelli. Ponti vertiginosi vengono gettati fra spirito e spirito. (…) Io conosco chi potrebbe essere il sovrano di un tale impero pieno di sole." (L'apostasia di Cesare , atto primo). Socrate spiega a Strepsiade che a cantare non sono per niente "delle eroine"( hjrw/nai;-h[kist j 315) come aveva supposto il contadino ma: "le nuvole celesti, grandi divinità per gli uomini oziosi" ( oujravniai Nefevlai, mevgalai qeai; ajndravsin ajrgoi'", 316). Con queste parole l'autore vuole denunciare la fumoseria di certi filosofi a lui poco graditi. E' quello che fa Schopenauer in Parerga e Paralipomena (p.210, Tomo I) nei confronti della pseudofilosofia delle università, soprattutto quella hegeliana fatta di :" ghirigori che non dicono nulla, e offuscano con la loro verbosità persino le verità più comuni e più comprensibili" . Anche Strepsiade, sebbene vecchio e tardo, ha capito di cosa si tratta: già la mia anima, dice, si è levata a volo e "già ha voglia di cavillare leptologei'n h{dh zhtei' e sottilizzare sul fumo peri; kapnou' stenolescei'n (320) e trafiggendo un concetto con un concettuzzo ribattere con un altro discorso"(vv. 320-321). Nietzsche trarrà spunto da queste parole per la sua malevola critica a Euripide che annienta il mito e la tragedia con ragioni e controragioni. Ma già Aristofane nelle Rane presenta il personaggio Euripide che invoca l’Etere suo nutrimento aijjqh;r ejmo;n bovskhma (poesia come aria fritta?) e mulinello di lingua (glwvtthς strovfigx, 892) e l’intelligenza (xivnesi) e narici di fiuto sottile, ossia capaci di fiutare i gusti del pubblico. Eschilo chiede a Euripide che cosa abbia scritto lui di buono Euripide: non ippogalli né caprocervi (iJppalektruovnaς, tragelavfouς, 937), ma come ricevetti la tua tevcnhn oijdou'san, l’arte gonfia, di smargiasserie e parole pesanti, i[scnana me;n prwvtiston aujthvn, l’ho snellita e le ho tolto pesantezza (kai; to; bavroς ajfei'lon, 941) con paroline e raggiri (ejpullivoiς kai; peripavtoiς, 942) e con bietoline bianche (dall’effetto lassativo) e un decotto filtrato dai libri, poi con una cura ricostituente di monodie, e un pizzico di Cefisofonte. Questo sarebbe stato suo collaboratore e amante della moglie. Pesaro 18 agosto 2021 ore 10 giovanni ghiselli p. s Statistiche del blog Sempre1160062 Oggi30 Ieri369 Questo mese3049 Il mese scorso6174

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