sabato 14 agosto 2021

La storia di Elena Sarjantola. XXXIV capitolo. Continua il baccanale corrotto

Hans Best, Goethe’s Faust (nella taverna Auerbach)
Elena mi osservava con cupa meraviglia. Non mi riconosceva più.

A un tratto la donna bella e fine trovò insopportabile quel comportamento volgare e cretino. Disse che era stanca e voleva andare in camera per riposarsi; più tardi, se si fosse sentita meglio, sarebbe tornata.

Quelle feste al casotto del tennis duravano fino all’alba.

 Non me lo chiese, ma forse sperava che la seguissi, che fossi stanco anche io di quei fescennini obbrobriosi fatti di lazzi plebei, battute volgari, offese crudeli lanciate vigliaccamente, anonimamente, in una lingua incomprensibile almeno ad alcune ragazze dell’Università estiva di Debrecen. Elena disse che se io fossi rimasto lì a lungo e lei non fosse tornata, ci saremmo visti il giorno dopo, negli intervalli tra le lezioni.

In quel momento non pensai che poteva sparire per sempre.

 Molto scortesemente non l’accompagnai, poiché provavo un piacere perverso nell’osservare quegli anatemi pieni di risentimento contro le femmine umane, il sale della terra invero.

Veniva presa di mira questa o quella donna e, il coro empio e stonato, molto peggiore di uno stormo di rochi corvi gracchianti, ripeteva “la sfregiata, la culona cellulitica, appena scopabile[7], il labbro leporino, la tetta smunta, la puttana, la sfigata di Debrecen”.

Non si finiva più: “è gobba, zoppa, debole di mente” gridava un semicoro indicando una bruttina.

E il secondo semicoro: “fuggiamo: come amante non varrebbe niente!”

Il più studioso e addottrinato, Luigino, un diavolo truccato anche lui, se ne vedeva tre insieme non proprio belle che parlottavano tra loro anche perché nessuno le invitava a ballare, alludeva alle Forcidi[8] dicendo: “a voi tre basta un occhio, basta un dente! E magari aggiungeva, battendo le palpebre con aria indolente: “Gebt mir das Auge, Schwestern dab es frage![9]. Poi aggiungeva con un sorriso mellifluo: “prestatemi quel solo dente vi prego: mi è venuto un po’ di appetito”.

Io, l’istrione arcispietato e pure un po’ pretificato , aggiungevo: “non siete voi le vecchie ragazze già nate con chiome canute, che trine in alterna vicenda, usate soltanto un occhio cisposo, un dente cariato soltanto?”[10].

Con una variazione sodomitica l’amico indicava un ragazzo francese carino, forse un altro scampato al fuoco di Sodoma, poi canticchiava con un sorriso beffardo: “apriti, apriti Sesamo!”

“Cioè?” domandai.

“Ieri sera gli ho detto Je t'aime" e lui ha risposto "Je t'aime aussi».

Mi chiesi se avrei potuto fare di meglio sul terreno dell’amabilità.

Quando adocchiai una ragazza baquvkolpo" e gliela indicai, l’amico cantò

Freude trinken alle Wesen
An den Brüsten der Natur
[11]

“Bravo - gi feci - molto bravo! Sei capace di scagliare frasi brevi e piene di forza, in grado di colpire a fondo come dei giavellotti!”.

“Io sì, di sicuro” assentì.

La sapeva lunga, quel ragazzo.

Gli altri sghignazzavano. Ma noi due raffinati, l’ètero assatanato e lo sdilinquito cinedo, no, noi non ci scompisciavamo dalle risate. Lasciavamo berciare gli altri osservandoli con sovrana noncuranza, con signorile sprezzatura. Ogni tanto lanciavamo occhiate stanche e sprezzanti. Volevamo distinguerci da quei visi rossi, alterati dall’alcol e dallo spasso empio.

Pensavamo che un abisso separasse noi dionisiaci dai barbari orgiastici le cui feste consistevano in una indecente sfrenatezza verbale, un orrendo miscuglio di ignoranza e crudeltà, attoscato da un beveraggio di diavoli e streghe riuniti in un sabba infernale.

 

Io osservavo incuriosito e divertito, finché, pur nella mia stolta ed empia ingratitudine al dio ottimo e massimo che ha creato le donne proprio come sono fatte e che per giunta mi aveva donato la bella Elena, a un tratto ebbi un senso di fastidio prima, poi di nausea e vergogna; ma non tanto, come avrei dovuto, per ragioni morali, quanto per una questione di stile, di gusto che sentivo marcio e velenoso, quasi fisicamente e fin dentro la bocca; perciò cercai e trovai l’occasione per cambiare attività.

Sentivo che il tempo passato in quel modo e il caos cui era associato mi divoravano, e distruggevano la parte migliore di me.

 

--------------------------------

[7] Non mancavano le ragazze di Berlino est, ma Angela Merkel non c’era; all’epoca era una giovanissima comunista, anche piuttosto carina. Questa nota è per Silvio Berlusconi.

[8] Sono le figlie di Forco: tre sorelle orribili che avevano un solo occhio e un dente solo tra tutte e tre.

[9]Datemi l’occhio, sorelle, perché veda! Goethe, Faust, II, 2, Notte di Valpurga classica.

[10] Cfr. Goethe, Faust II parte, atto III Davanti al palazzo di re Menelao a

11 Sono parole di Schiller musicate da Beethoven nell’inno Alla Gioia (IX sinfonia:

Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLVIII. Preghiera al dio Sole. Saluti alla signora e alla signorinella magiare.

  Pregai il sole già molto vicino al margine occidentale della grande pianura. “Aiutami Sole, a trovare dentro questo lungo travagli...