lunedì 23 agosto 2021

La storia di Kaisa. Capitolo 9. La ripetizione del bluff funzionale al successo

La commedia funzionava perché era fatta non solo di calcoli, pose e citazioni, ma anche e soprattutto di simpatia autentica, forte, reciproca. 
Tuttavia lo scopo ancora non lo avevo raggiunto, il bersaglio cui miravo con la tensione massima dell’anima mia e pure con quella del corpo, non lo avevo centrato. Per coglierlo in pieno, ripetei la mossa astuta e poco nobile, insomma la finta da giocatore di carte che aveva funzionato tanto bene con Elena un anno prima. Infatti tendo a ripetere e ritualizzare gli atti della mia vita, quando hanno successo. Bonis successibus instruor(3). 

Dunque le dissi: “Kaisa, questa serata è la più bella della mia vita, ma ora dobbiamo tornare: devo studiare fino all’alba la letteratura greca per l’esame di abilitazione che mi aspetta in autunno. Devo superarlo a pieni voti se voglio passare dalle medie al liceo, e lo voglio soprattutto per diventare non del tutto indegno di te. Questa notte verserò il sangue, non di animali come fece Odisseo (4), ma proprio il mio, per evocare e fare parlar le ombre grandi di Eschilo, Sofocle, Euripide. Non potranno negarsi a chi sacrifica se stesso devotamente”. 
 Non raccolse o finse di non avere colto l’allusione ai nostri autori e rispose soltanto “D’accordo, torniamo. Niente è importante quanto studiare”. Ma si vedeva che ci era rimasta male. Ebbi paura che la mia mossa fosse stata controproducente e che Kaisa potesse prendermi per uno sgobbone, un pedante dall’anima gobba, un umbraticus doctor, insomma quasi il contrario di quello che ero. Sicché aggiunsi un corollario: “No, tu sei molto più importante per me, ma devo imparare dell’altro e progredire nel lavoro per essere, lo ripeto, quasi degno di te”. 
Sembrava poco convinta, però non disse niente. In fondo avrebbe fatto una carriera scolastica e accademica molto più consistente della mia, almeno dal punto di vista istituzionale. Qualche giorno più tardi, disse che quella sera, tornata in collegio, aveva provato una paura tremenda di non vedermi mai più. 


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(3) Cfr. Ammiano Marcellino XXI, 5, 6 
(4) Cfr. la Nevkuia, il canto dei morti dell’Odissea, l’undicesimo

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