NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 9 agosto 2021

La storia di Elena Sarjantola. XXVIII capitolo. L'amore. La partenza. La lettera di addio

Keleti Pályaudvar
Due giorni più tardi, mercoledì 28 luglio 1971, dopo avere parlato a lungo e avere provato sempre più forte il desiderio reciproco, dopo  avere sentito la nostra empatia fino alla trasfusione delle anime l’una nell'altra, alle dieci di sera facemmo l’amore meritatissimo, tra lenzuola lecite, nel mio letto della camera numero 4 lasciata a nostra disposizione, non senza qualche bisbiglio, dai tre compagni con i quali la dividevo.

“Mi sono fatta desiderare troppo a lungo?” domandò lei, quasi volesse chiedere scusa.
La mano mia lasciva discorreva su e giù per le sue membra.
“No. Anzi, hai fatto bene. Così, come vedi, il desiderio è aumentato. Poi mi sei diventata più cara, poiché ho dovuto conquistarti contro la tua volontà”, la giustificai assumendomi ogni responsabilità della sua trasgressione.
Quello fu il giorno della mia seconda data di nascita.
Tutto si era compiuto. Avevo raggiunto l’inaccessibile. Non ero un reietto dalla vita, non avevo abdicato davanti a lei, di fronte a Elena e al mio destino che per compiersi aveva bisogno di questo successo.
Quella è stata la volta che ritrovai il sorriso che avevo e vedevo nelle cose quando ero bambino.
Avvenne in me una renovatio mentis che mi rese più gradito a me stesso, più contento di come ero, più buono con gli altri. Fu allora che delle gioie mie vidi l’inizio.
Avevo superato stranamente e meravigliosamente la prova di piacere a una donna bella, fine e inizialmente proibita.
I miei piani, dapprima rozzamente abbozzati, poi raffinati e rifiniti non senza abilità, e probabilmente con l’aiuto del mio demone buono, furono comunque portati alla piena realizzazione da quel destino o quella provvidenza che compie tutto quanto avviene su questa terra, dalla caduta di un passero, come dice Amleto1, alla gioia di un uomo e una donna in quell’estate lontana.

La nostra felicità fu di assai “breve intervallo superata da quella divina”2. Gli dèi stessi santificarono un amore quale ci fu tra noi, Elena e io.
Del resto sarebbe stato più facile proibire al mare di ubbidire alla luna che impedire a me di amare quella donna mirabile e a lei di contraccambiarmi.
Dopo avere fatto il massimo concesso a un uomo e a una donna mortali, i nostri occhi brillavano di un fuoco prometeico e si correva il rischio di non riuscire a smaltire una felicità tanto grande da provocare un’ndigestione di gioia tale da indurci commettere qualche errore, come successe a Tantalo3.
Non ci sembrava e non fu un atto contrario alla morale o alla natura quanto facemmo, poiché eravamo innamorati, e lei diceva che non aveva deciso se lasciare maturare nel ventre suo il seme ricevuto in un tempo lontano, in un luogo remoto, da un uomo scordato.

Tuttavia tre settimane più tardi tornò da quell’uomo, poi lasciò maturare il seme ricevuto da lui.
A me, che continuavo ad amarla, mandò, in ottobre, le fotografie della nostra estate che non poteva essere dimenticata, e non lo fu, né mai lo sarà.

Vi aggiunse queste parole:
“Hey Gianni,
I have just got these photo of the last summer, memories of it.
The colours are not very good. Now my life is all right. I am married (2/9) and happy. I love very much my husband and now we together only wait for our baby. I am always working as teacher in a middle school and I have much to do: 30 hours week only for lessons. But Saturday and Sunday I am free and I can see my man. Now he is working in another town. But in the spring we shall live again together in Yväskylä and in february we shall get the boy.

 I wish you the most happy time! Good bye.
Helena”

Lì per lì ci rimasi male.
Poi continuando a fare esperienze di vario tipo con diverse femmine umane, donne diverse da Elena e diverse tra loro, ho constatato che la bella finlandese incinta di un altro è stata la più corretta con me e la più leale tra le mie amanti. Arrivato a questa età, quasi del tutto disingannata e difficilmente ancora ingannabile, devo riconoscere che Elena con me non è mai stata ingannevole. Altre magari vergini  o semivergini mi avrebbero teso trappole mordaci e variopinti lacci mendaci.
Il 20 agosto, quando ci separammo alla Keleti Pályaudvar, la Stazione Orientale di Budapest, da dove partono i treni sui quali avrei visto salire in lacrime altre finniche mie, e con le loro partenze avrei sofferto la fine di gioie tra le più luminose di questa mia vita mortale, Elena era afflitta, aveva gli occhi pieni di dolce oscurità, mentre i suoi capelli bruni bruni venivano accarezzati dagli ultimi venti caldi di quell’estate lontana, e piangeva, ma non contraccambiò il mio indirizzo. Disse che non aveva ancora deciso che cosa avrebbe fatto in Finlandia: avrebbe visto, ci avrebbe pensato, poi mi avrebbe fatto sapere. Aggiunse che aveva pure problemi di cambiamento d’alloggio.
Io non piangevo. Pensavo che quel pianto fosse consolatorio per lei, per la vita forse mediocre cui andava incontro.
Avrei fatto tesoro di quel mese paradisiaco, lo avrei conservato nello scrigno dell’anima, ne avrei acquistato potenza4 e magari un giorno ne avrei pure ricavato parole ricche di bellezza e di forza.
Le dissi soltanto: “spero di incontrarti ancora”, ma sapevo che non l’avrei vista più in questa vita terrena e, putroppo, mortale.

 

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1 There is a special Providence in the fall of a sparrow (Hamlet, V, 2)

2 Cfr. Leopardi, Storia del genere umano.

3 Pindaro afferma che Tantalo era l'uomo più amato dagli dèi che lo onoravano frequentando la sua mensa; egli però non seppe smaltire la grande felicità: "se mai i protettori dell'Olimpo onorarono un uomo/mortale, era Tantalo questo; però/ di fatto non seppe/digerire la grande felicità, e con la sazietà attirò/un accecamento pieno di prepotenza, e su di lui/il padre sospese un macigno pesante, /che egli desidera sempre stornare dal capo/ed erra lontano dalla gioia. (Olimpica I, vv. 54-61).

4 Che non è il potere, come la sapienza non è il sapere.

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