lunedì 16 agosto 2021

Aristofane le Nuvole terza parte. Strepsaide vorrebbe assicurare il figlio che fa domande perplesso: Chi sono? "il nome non lo so con precisione- oujk oi\d j akribw`" tou[noma-; ma sono pensatori di sottigliezze -merimnofrontistaiv-, persone ottime kaloi; te kajgaqoiv"(100-101) Aristofane invece li presenterà come brutti sporchi e cattivi. Nella Medea di Euripide il messo che ha raccontato la fine orribile di Creonte e della principessa sua figlia conclude dicendo queste parole “Le cose mortali non ora per la prima volta considero ombra, e senza timore potrei dire che gli uomini i quali si credono pieni di sapere e indagatori di ragioni- merimnhta;" lovgwn- proprio costoro meritano l'accusa della più grande follia. Tra i mortali infatti non c'è nessun uomo che sia felice, quando passa un'ondata di prosperità, uno può diventare più fortunato di un altro, ma felice nessuno” (1224-1230) A Fidippide quei "maestri" vengono in mente con un'immagine diversa rispetto a quella presentata da suo padre : 'ah, certo quei disgraziati, quei ciarlatani-ajlazovna"- 102 quelle facce pallide, gli scalzi e tra loro quello sciagurato di Socrate e Cherefonte"(102-104). Platone rappresenta un Socrate tutt’altro che ajlazwvn (ciarlatano, vanitoso millantatore) piuttosto è un maestro che dissimula il proprio saper e afferma di non sapere. Tutto ciò del resto non toglie che si ritenesse il meno insipiente. Di Cherefonte parla Socrate nell'Apologia scritta da Platone in questi termini:"Cherefonte infatti voi lo conoscete, credo. Questo era mio amico fin da giovane ed era amico della vostra democrazia, e partecipò a questo esilio e poi tornò con voi. Allora sapete certo che tipo era Cherefonte, com'era impetuoso in qualunque cosa si accingesse a fare. E insomma una volta andato a Delfi osò chiedere questo responso-e ora, per ciò che dico, non fate chiasso, uomini-infatti domandò davvero se ci fosse uno più sapiente di me. Rispose dunque la Pizia che nessuno era più sapiente"(21a). Socrate fa un’indagine tra politici, poeti, artigiani e trova che costoro, mentre credono di sapere, non sanno nulla. Lui stesso dunque è il più sapiente poiché sa almeno di non sapere-ejgw; dev, w{sper ou\n oujk oi\da, oujde; oi[omai (Apologia, 21d) Aristofane vede Socrate e i suoi discepoli come dei chiacchieroni miserabili e disonesti: gente lontana dalla luce del sole e dal pulsare della vita. E' l'ostilità della concretezza attica nei confronti di un uomo che passa il tempo chiacchierando con dei ragazzi; è la reazione del realismo all'estraneità della filosofia dalla vita. Cfr. l’antica ruggine tra poeti e filosofi ricordata da Socrate nella Repubblica di Platone con l’indice dei passi di Omero da censurare. Nella Repubblica di Platone, Socrate manifesta la sua diffidenza nei confronti di Omero e di tutta la poesia che non consista in “inni agli dèi” ed “elogi dei buoni”, attaccando in particolare la Musa drogata (th;n hjdusmevnhn Mou`san, 607) dei canti lirici o epici che insediano piacere e dolore nel trono della città. Poi però il filosofo abbozza una scusa, dicendo che tra la poesia e la filosofia c’è un’antica ruggine (palaia; mevn ti~ diaforav, 607b) e cita alcuni sberleffi dei comici nei confronti dei filosofi. Nelle Leggi di Platone il personaggio Ateniese critica gli agoni drammatici frequentati troppo spesso, e male, da un pubblico becero, trascinato dalla musica caotica diffusa da poeti ignoranti, maestri di disordinate trasgressioni, i quali mescolavano peani con ditirambi, confondendo, appunto, tutto con tutto (pavnta eij~ pavnta sunavgonte~, 700d); di conseguenza le càvee dei teatri divennero, da silenziose, vocianti, e al posto dell’aristocrazia del gusto subentrò una sfacciata teatrocrazia per quanto riguarda quest’arte (701). Come se fossero stati tutti sapienti, diventarono impavidi e l'audacia generò l'impudenza (701b). Nell'Antiope di Euripide, i due fratelli tebani Anfione e Zeto sostengono rispettivamente il vivere contemplativo e quello attivo. Lo ricorda Callicle nel Gorgia di Platone, assimilando Socrate ad Anfione e riferendo a lui la critica di Zeto al fratello :"tu trascuri o Socrate, le faccende di cui dovresti avere cura, e la natura così nobile dell'anima nascondi dietro atteggiamenti puerili"(485e). Queste parole dell’Antiope vengono citate a memoria e adattate a Socrate: nella tragedia di Euripide Zeto cerca di risvegliare Anfione, l' amico delle Muse, da un'esistenza di sognatore ozioso ad una vita di azione. Puerilità è, secondo Callicle dedicarsi, in età adulta, alla filosofia:"per un ragazzo non è una vergogna studiare la filosofia; ma quando uno divenuto più anziano continua a filosofare, la cosa diventa ridicola, o Socrate, e io di fronte ai filosofanti mi sento come davanti a gente che balbetta e bambineggia"( Gorgia, 485a, b). Questa ostilità contro i filosofi diviene violenta poco più avanti (Gorgia, 485d):"quando vedo un uomo avanti con gli anni che non la smette di filosofare, mi sembra, o Socrate, che costui abbia bisogno di bastonate". E' questa contro i filosofi un'antipatia di cui possiamo trovare una forte ripresa nel romanzo L'uomo senza qualità di Musil:" I filosofi sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò si impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema"(243). Fidippide dunque non ha simpatia per i socratici ma il padre vuole mandarlo da loro poiché quei filosofi insegnano a vincere senza avere ragione. Da loro, a quanto si dice, ci sono due discorsi: quello da più to;n kreivttwn j e quello da meno to;n h{ttona (113) Il peggiore-si dice- vince anche le cause più ingiuste con la parola "se tu mi imparassi questo discorso ingiusto - h]n ou\n mavqh/" moi to;n a[dikon tou'ton lovgon (116) quello che io devo per causa tua, di questi debiti touvtwn tw`n crew`n potrei non restituire nemmeno un obolo a nessuno"(116-118). Il ragazzo non se la sente di entrare in quell'ambiente dI facce scolorite. Teme di assimilarsi a loro: “non oserei più guardare in faccia i cavalieri: to; crw'ma diakeknaismevno" (120) grattato via nel colore- diaknaivw, gratto, distruggo- se rimanessi senza colore. Il padre minaccia di cacciarlo di casa e il figlio ribatte che lo accoglierà oj qei'o" Megaklevh" lo zio, materno ovviamente , che non lo lascerà a[nippon, senza cavalli. Allora il padre, pur consapevole di essere "vecchio, smemorato e tardo"( gevrwn w[n kajpilhvsmwn kai; brsaduv" 129), decide di andare personalmente a imparare quelle "schegge di discorsi acuti"( lovgwn ajkribw'n skindalavmou" maqhvsomai, 130), i cavilli dei sofisti E' la novità della sofistica, cui Aristofane assimila la filosofia di Socrate. Su Socrate vicino ai sofisti non tace Leopardi: “E Socrate stesso, l'amico del vero, il bello e casto parlatore, l'odiator de' calamistri e de' fuchi e d'ogni ornamento ascitizio e d'ogni affettazione, che altro era ne' suoi concetti se non un sofista niente meno di quelli da lui derisi?” (Zibaldone, 3474). Nietzsche ha messo tra i corruttori decadenti e promotori di decadenza Socrate e Wagner. Nietzsche contro Socrate e il suo “complice” Euripide Sentiamo una critica a Platone il “disangelista” di Socrate, il codardo di fronte alla realtà: “Platone…distaccò gli istinti dalla polis, dalla gara, dall’abilità militare, dall’arte e dalla bellezza, dai misteri, dalla fede nella tradizione e negli avi…fu il corruttore dei nobles, egli stesso corrotto dal roturier Socrate…negò tutti i presupposti del “greco nobile” e di buona lega, portò la dialettica nella pratica quotidiana, cospirò con tiranni, fece politica avveniristica e diede l’esempio del più totale distacco degli istinti dall’antico. E’ profondo, appassionato in ogni cosa antiellenica” . La tappa estrema del distacco dagli istinti è data dall’asceta “questo fanatico “contro-natura” . “Socrate, l’eroe dialettico del dramma platonico, ci ricorda la natura affine dell’eroe euripideo, che deve difendere le sue azioni con ragioni e controragioni, e che per questo rischia tanto spesso di non suscitare più la nostra compassione tragica” . “Socrate e Platone come sintomi di decadimento, come strumenti della dissoluzione greca, come pseudogreci, antigreci ” Socrate “era plebaglia. Si sa, lo si vede ancora quanto fosse brutto”. I cinici “cercheranno nei più marcati contrasti stilistici e nell’oscillazione tra forme prosaiche e forme metriche di rispecchiare anche quell’aspetto esteriore di Socrate che lo faceva simile a un Sileno, quei suoi occhi da granchio, quelle sue labbra a cuscinetto e quel suo ventre cadente” . Socrate con “la superfetazione del logico e quella cattiveria del rachitico che lo contraddistingue” puntò sulla tragedia “l’unico grande occhio ciclopico…quell’occhio in cui non arse mai la dolce follia dell’entusiasmo artistico” . Egli nell’arte tragica vedeva qualche cosa di “assolutamente irrazionale…inoltre il tutto era così variopinto e vario, che a un’indole assennata doveva riuscire ripugnante mentre per le anime eccitabili e sensibili era una miccia pericolosa” . Socrate comprendeva solo la favola esopica, quindi indusse Platone, che voleva diventare suo scolaro, a considerare l’arte tragica tra quelle lusingatrici, e a bruciare tutta la poesia che aveva composto da giovane. Ma la necessità artistica spinse questo discepolo di Socrate a una nuova forma d’arte: il dialogo che avrà un seguito nella satira menippea e nel romanzo: “Il dialogo platonico fu per così dire la barca in cui la poesia antica naufraga si salvò con tutte le sue creature; stipate in uno stretto spazio e paurosamente sottomesse all’unico timoniere Socrate, entrarono ora in un mondo nuovo…Realmente Platone ha fornito a tutta la posterità il modello di una nuova forma d’arte, il modello del romanzo, questo si può definire come una favola esopica infinitamente sviluppata, in cui la poesia vive rispetto alla filosofia dialettica in un rapporto gerarchico…cioè come ancilla. Questa fu la nuova posizione della poesia, in cui Platone la spinse sotto la pressione del demonico Socrate. Qui il pensiero filosofico cresce al di sopra dell’arte, costringendola ad abbarbicarsi strettamente al tronco della dialettica. Nello schematismo logico si è chiusa in un involucro la tendenza apollinea: così in Euripide abbiamo dovuto constatare qualcosa di corrispondente, e inoltre una traduzione del dionisiaco nella passione naturalistica” . Bologna 16 agosto 2021 ore 17, 40 giovanni ghiselli Note Da hJduvnw, “condisco”. 2E’ un nome ricorrente nella famiglia degli Alcmeonidi 3 Da calamistrum, “ferro per arricciare i capelli” (ndr). 4 Da fucus, “tintura rossa” (ndr). 5Da ascisco, “annetto” (ndr). 6 Primavera 1888 Frammenti postumi 14 (94). 7Di là dal bene e dal male, L’essenza religiosa. 8 F. Nietzsche, La nascita della tragedia, pp. 95-96. 9Crepuscolo degli idoli, p. 12. 10Si può pensare alla satira menippea menzionata sotto. ndr. 11 Nietzsche, Socrate e la tragedia, p. 59. 12Crepuscolo degli idoli, p. 13. 13 La nascita della tragedia , p. 93. 14 La nascita della tragedia , p. 93 15 La nascita della tragedia , p. 96 Pesaro 16 agosto 2021 ore 17, 49 giovanni ghiselli

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  Pregai il sole già molto vicino al margine occidentale della grande pianura. “Aiutami Sole, a trovare dentro questo lungo travagli...