venerdì 20 agosto 2021

Aristofane le Nuvole X parte.

Scene episodiche 627-888 pima parte (627- 800) Finita la Parabasi, entra Socrate invocando le divinità sofistiche e lamentandosi della cattiva qualità del vecchio studente: "Per la Respirazione, per il Caos, per l'Aria non ho mai visto da nessuna parte un uomo così zotico-a[groikon- e sprovveduto-a[poron- e sciocco-skaiovn-lat. scaevus sinistro, maldestro- e smemorato-ejpilhvsmona-, uno che quando cerca di imparare alcune piccole bazzecole se ne è dimenticato-ejpilevlhstai- prima di averle imparate pri;n maqei`n "(627-631). Dopo averlo presentato così male, lo chiama fuori con il lettino portatile Il vecchio lamenta che le cimici- oiJ kovrei"- non gli permettono di portarlo fuori. Le cimici si trovano menzionate anche nelle Rane quando Dioniso chiede a Eracle, che è già sceso negli Inferi a prendere Cerbero, dove si trovano i luoghi di sosta dove ci sono meno cimici (112-114). Sono posti per lo più malfamati come osterie e bordelli Socrate domanda allo zoticone che cosa voglia imparare: metri, ritmi, versi? Strepsiade vuole i metri poiché dice sono stato amputato – parekovphn- da un mercante di farina-ujp j ajlfitamoibou' 640- di due misure di farina-a[lfiton- appunto (640) Socrate lo incalza chiedendogli se consideri più bello il trimetro o il tetrametro.- Strepsiade risponde che per lui non c’è niente di meglio di un mezzo moggio (4, 5 litri)- ejgw; me;n oujde;n provteron hJmiektevou- 644 Confonde la misura dei versi con quella della farina. Socrate gli dà del bifolco e del refrattario a imparare-a[groiko" ei\ kai; dusmaqhv"- 646 Vorrebbe insegnargli qualcosa peri; rjuqmw'n sui ritmi, se riesce ad apprenderli. Strepsiade gli risponde da tellurico inegrale: a che cosa mi serviranno i ritmi pro;" ta[lfita, per la pagnotta?, domanda (649). Socrate risponde che serve a essere komyo;n ejn sunousiva, elegante in società sapendo distinguere l’enoplio dal dattilico. komyov" è usato buffamente in forma di avverbio superlativo anche nella Lisistrata dove Lampitò nota che la beota è pure depilata paratetilmevnh –parativllw-th;n blhcwv, (blhcwv è un’erba aromatica (puleggio, varietà di menta) che rimanda al pelo del pube). E’ depilata komyovtata, molto elegantemente (89). Poi c’è la Corinzia di buona famiglia come si vede dal sedere (90-91). Nelle Rane Euripide dice che i suoi discepoli non sono degli squartatori con tromba lancia e baffi, mostri che godono a piegare i pini, ma l’amico di Socrate Clitofonte e Teramene l’elegante Qhramevnhς oJ komyovς, l’ellegante (967) Dioniso aggiunge che Teramene è un uomo sofovς kai; deinovς ei" ta; pavnta abile un tutto: quando si sente in pericolo ne esce con un salto (968-970). Si tratta del Coturno il camaleontico leader famoso e famigerato. Assumerà molti ruoli ma non salterà fuori vivo dalla tirannide dei Trenta. Socrate mostra l’indice e domanda quale altro davktulo" –dito- c’è oltre quello. Intendeva il dattilo quale piede metrico. Strepiade mostra il medio, il digitus infamis o impudicus. Insomma fa un gestaccio (cfr. Acarnesi 444). Socrate gli dà del rustico e scemo-ajgrei'o" ei\ kai; skaiov"-654. Strepsiade risponde che non ha nessuna voglia di imparare la metrica. Che cosa dunque?-to;n ajdikwvtaton lovgon- 657, il discorso più ingiusto di tutti. Socrate allora lo imbriglia con astruse questioni sul genere dei nomi: per il gallo maschio si deve dire ajlektruwvn, per la femmina alektruvaina- Segue una battuta contro l’omosessuale Cleonimo che va chiamato al femminile. Lui non usa la madia, dice Strepsiade, ma impastava la farina in un mortaio rotondo- ejn queiva/ strogguvlh/ (676). Subito prima Socrate disquisiva sul genere di kavrdopo" (hj) –madia). Può esservi nel Fedone di Platone un’eco irrisoria di questo passo quando Socrate dice che un fisico ponendo un vortice divnhn intorno alla terra la rappresenta tenuta ferma dal cielo, un altro invece le pone sotto l’aria a supporto come a una madia piatta (-oj de; w{sper kardovpw/ plateiva/ bavqron to;n ajevra ujpereivdei, 99b). Socrate continua a sottilizzare sul genere dei nomi maschli e femminili: Aminia è un uomo ma finisce in alfa e Strepsiade lo dice al femminile. Il vecchio nota che Socrate gli insegna cose già conosciute: i costumi di Aminia Socrate lo fa sdraiare sul lettuccio dove Strepsiade teme di dover pagare il fio alle cimici. Il coro lo invita a meditare tenendo il sonno, dolce al cuore, lontano dagli occhi. Ma le cimici lo mordono- davknousi oiJ Korivnqioi (710). I Corinzi erano tra i nemici più ostili agli Ateniesi e Aristofane fa un gioco di parole fra kovrei" e Korivnqioi. Dunque questi feroci animaletti succhiano l’anima-kai; th;n yuchvn ejkpivnousin- - kai; tou;" o[rcei" ejxevlkousin- e strappano i coglioni- kai; to;n prwkto;n diuruvttousin- e perforano il culo e mi uccideranno (713-716) Strepsiade lamenta che la sua vita è rovinata frouvdh yuchv (719), e insieme le sostanze-crhvmata- il colorito-croiav. E le scarpe- ejmbav"- con un salto di logica nosensical E oltre tutti questi guai di sentinella di devo cantare (721) Il Fuvlax che recita il prologo dell’Agamennone di Eschilo dice che usa quale rimedio contro il sonno -u[pnou tovd j ajntivmolpon a[ko" (17) questo rimedio contro il sonno. Strepsiade teme di venire divorato dalle cimici e si sente già perduto Il corifeo lo incoraggia a trovare uno stratagemma ladro Difficile est saturam non scribere Dopo quello che vediamo con raccapriccio difficile est saturam non scribere (Giovenale, I, 30). Vero è che indignatio facit versum ( Giovenale 1, 79). L’indignatio del resto suscita anche il riso, seppure amaro, come ci insegna il Momus di Leon Battista Alberti. Tanto il riso quanto l’amarezza talora hanno bisogno di usare le parolacce, e ne hanno sempre facoltà. Socrate domanda a Strepsiade se dorma e se abbia qualche cosa Strepsiade: “oujde;n ge plh;n h] to; pevo" ejn th'/ dexia'/ ”(Nuvole, 734), niente tranne il cazzo nella destra Le “parolacce”. Sono di cattivo gusto? Aristofane ha il gusto delle parolacce, come Catullo e Marziale. Catullo 16 Pedicabo ego vos et irrumabo Aureli pathice et cinaede Furi, Qui me ex versiculis meis putastis Quod sunt molliculi, parum pudicum Nam castum esse decet pium poetam Ipsum, versiculos nihil necesse est (vv. 1-6) (…) Vos, quod milia multa basiorum Legistis, male me marem putastis? Pedicabo ego vos et irrumabo (12-14) Quindi Ovidio: Crede mihi, distant mores a carmine nostro- Vita verecunda est, Musa iocosa mea (Tristia, II, 353-354) Concludo con Marziale I, 4 Lasciva est nobis pagina, vita proba (8) I, 35 Versus scribere me parum severos Nec quos praelegat in schola magister, Corneli quereris: sed hi libelli, tamquam coniugibus suis mariti, non possunt sine mentula placere (1-5) (…) Quare deposita severitate Parcas lusibus et iocis rogamus, nec castrare velis meos libellos, Gallo turpius est nihil Priapo (12-15) Niente è più turpe di un Priapo castrato (Gallus come sacerdote della Magna Mater) XI, 15 Hic totus volo rideat libellus Et sit nequior omnibus libellis. Qui vino madeat nec erubescat 3-5 (…) Ludat cum pueris, amet puellas, Nec per circuitus loquatur illa, Ex qua nascimur, omnium parentem, quam sanctus Numa mentulam vocabat. Versus hos tamen esse tu memento Saturnalicius, Apollinaris: mores non habet hic meos libellus 7-13 Strepsiade vuole una cosa sola e l’ha detto mille volte: peri; tw'n tovkwn, o{pw" a]n ajpodw' mhdeniv, si tratta di non pagare gli interessi a nessuno (740). Incalzato da Socrate, infine dice che ha trovato una tovkou gnwvmhn ajposterhtikhvn, un’idea frodatoria degli interessi. Pensa che potrebbe comprare farmamakivd j Qettalhvn, una fattucchiera tessala, farle tirae giù la luna per poi metterla in un astuccio rotondo eij" lofei'on strovggulon (751) e tenersela. La Tessaglia era considerata terra di streghe cfr. Lucano e Apuleio. Se la luna non si levasse più, spiega Strepsiade, io non pagherei gli interessi perché il denaro si prende a prestito a mese-oJtih; kata; mh'na tajrgurion daneivzetai- Socrate continua a incalzare Strepsiade che chiede tempo per cercare zhthtevon (760) Ma Socrate gli suggerisce di lasciare che la mente voli per l’aria come uno scarabeo legato a un filo nella zampa. Strepsiade annuncia che ha trovato una abilissima abolizione della giustizia. Pensa di sciogliere la cera ove sarebbe stata scritta l’accusa convergendole sopra i raggi del sole riflessi dal cristallo (u{alo"-hJ) Oppure potrebbe impiccarsi per non pagare i debiti. Nessuno da morto mi farà causa A questo punto Socrate lo caccia dicendogli che dimentica subito tutto quello che ha imparato. "Non te ne vai in malora, tu che sei il più smemorato e stupido dei vecchi?"(789-790). Strepsiade si rammarica di non avere imparato a rigirare la lingua- mh; maqw;n glwttostrofei'n- 792 Quindi il vecchio avvilitissimo, chiede consiglio alle Nuvole le quali rispondono: "noi, o vecchio, ti consigliamo, se hai un figlio già cresciuto, di mandare quello al posto tuo, a imparare" (794-796). Strepsiade risponde che il ragazzo è uijo;" kalo;" te kajgaqov" ma "non vuol saperne di imparare" , che posso farci? 797 Leopardi scrive dei “i greci intendentissimi del bello” (Zibaldone, 2546) : “un popolo che, eziandio nella lingua, faceva pochissima differenza dal buono al bello” (Leopardi, Operette morali, Detti memorabili di Filippo Ottonieri ). Strepsiade aggiunge che il ragazzo "è robusto-eujswmatei' e pieno di vita ed è nato da donne con belle ali come Cesira"(800), gran signora della stirpe degli Alcmeonidi. E' interessante notare che l'alto lignaggio della madre è designato da un vocabolo (eu[ptero") che significa proprio dalle belle ali o dalle belle piume, come se le nobili costituissero una speciale razza divinamente ornitologica. Degna di nota mi sembra la circostanza che tale considerazione è stata fatta da Proust a proposito delle donne Guermantes , nobili di antica nobiltà, nella Parigi del primo Novecento, non meno delle Alcmeonidi nell'Atene di Pericle. Scrive dunque Proust:"I tratti della duchessa di Guermantes...il naso a becco di falco e gli occhi penetranti...quei tratti (sono) caratteristici..di quella razza rimasta così speciale in mezzo a un mondo in cui non si è confusa e resta isolata, nella sua gloria divinamente ornitologica: perché essa sembra nata, in un'età favolosa, dall'unione d'una dea con un uccello" . Pesaro 20 agosto 2021 ore 10, 43 giovanni ghiselli

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLVIII. Preghiera al dio Sole. Saluti alla signora e alla signorinella magiare.

  Pregai il sole già molto vicino al margine occidentale della grande pianura. “Aiutami Sole, a trovare dentro questo lungo travagli...