NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 9 agosto 2021

Aristofane Cavalieri XIV. Sviluppo senza progresso.

 


 

L’educazione attraverso gli esempi. La repressione di Mitilene e altre eaaleate ribelli.

Aristofane, Tucidide, Isocrate,

 

Paflagone risponde che alla città lui ha reso più servizi di Temistocle.

Salsicciaio reagisce con un elogio di Temistocle che garantì l’acqua la città.

 

Era sovrintendente alle acque del demanio (uJdavtwn ejpistavth")  e impose grosse multe a chi rubava l’acqua (Plutarco, Vita, 31)

 

Inoltre le aggiunse il Pireo per colazione. Cioè fece fortificare il Pireo e volle fare degli Ateniesi un popolo di marinai per accrescere la loro potenza (Tuc. I, 93, 3-4).

 

Platone nega che Atene sia stata resa grande dall'azione dei politici Ateniesi, Temistocle, Cimone, Pericle. Si dice che costoro abbiano reso grande la città, e non si accorgono che essa, proprio a causa di questi uomini del passato, invece è gonfia e ulcerosa nel suo interno: “kaiv fasi megavlhn th;n povlin pepoihkevnai aujtouvς : o{ti de; oijdei' kai; u{poulov~ ejstin dij ejkeivnouς tou;ς palaiouvς, oujk aijsqavnontai (Gorgia, 518e).

 Essi,  senza preoccuparsi della temperanza e della giustizia ( a[neu ga;r swfrosuvnh~ kai; dikaiosuvnh~, 519a), hanno riempito la città di porti, di arsenali, di mura,  di tributi e di altre sciocchezze del genere (kai; toiuvtwn fluariw̃n).

Quando la malattia esploderà, verranno accusati i consiglieri presenti; Qemistokleva de; kai; Kivmwna kai; Perikleva ejgkwmiavsousin, tou;ς aijtivouς tw̃n kakw̃n, mentre continueranno a elogiare Temistocle e anche Cimone e Pericle, i responsabili dei mali.

 

E’ lo sviluppo senza progresso denunciato da Pasolini

:" E' in corso nel nostro paese…una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani"[1].

Il genocidio culturale parte sempre dall’impoverimento e imbarbarimento della lingua. La fiducia nel progresso della vita è fiducia nella lingua.

 

“Concepito in modo solo tecnico-economico, lo sviluppo a breve termine è insostenibile. Abbiamo bisogno di un concetto più ricco e complesso dello sviluppo, che sia nello stesso tempo materiale, intellettuale, affettivo, morale (…) Il XX secolo non è uscito dall’età del ferro planetaria, vi è sprofondato”[2].

 

 

 

 Salsicciaio continua a elogiare Temistocle il quale, senza togliere alla città niente di quello che mangiava prima, ijcqu'" kainou;" parevqhken (816) le offrì pesci nuovi.

Paflagone  invece di unificare Atene con le lunghe mura, di impastarla con il Pireo ha mortificato i cittadini diatecivzwn kai; crhsmw/dw'n dividendoli con muri e cantando oracoli (818). Temistocle fu mandato in esilio feuvgei th;n gh'n (fu condannato all’esilio per tradimento, Tucidide, I, 138, 6), mentre tu, Paflagone, ti asciughi le dita con mollica di pane scelto.

 

Demo comincia a sospettare di Cleone.

 

Salsicciaio seguita a denunciare i  furti di denaro pubblico pepetrati da paflagone: pesca a piene mani nel denaro pubblico (827). Lo accusa di avere preso 40 mine da quelli di Mitilene.

 Nel 427 Cleone, battuto da Diodoto, ritirò la sua proposta di ammazzare tutti gli abitanti dell’isola.

 

Nel 428 le città dell'isola di Lesbo, tranne Metimna, si ribellarono; Mitilene capeggiò la rivolta ed entrò nella lega peloponnesiaca. Gli Ateniesi reagirono con forza, assediarono la città per terra e per mare, finché questa nel 427 si arrese. Gli aiuti spartani furono inefficaci e tardivi.

 Dopo la resa, Cleone propose di uccidere tutti i Mitilenesi e gli Ateniesi in un primo momento lo approvarono. 

Però poi si pentirono di avere accolto la proposta di sterminio, e Cleone parlò contro tale metavnoia .

 Disse in sostanza che l'impero ateniese è una tirannide ("turannivda e[cete th;n ajrchvn", III, 37, 2) la quale per reggersi deve usare la forza e bandire la compassione.

Riimproverò gli Ateniesi accusandoli di estetismo: si lasciano vincere dalle parole belle dei sofisti e non badano alla visione concreta dei fatti.

Mazzarino nota che "Con Cleone tutto cambia. Egli è il primo uomo del popolo, che assuma direttamente la condotta del movimento democratico...Tucidide gli aveva attribuito, appunto, un'aperta ostilità contro l'eloquenza forbita. "Affascinati da questa eloquenza, sembrate cercare qualcosa di diverso dal mondo in cui viviamo; e finite con l'assomigliare a gente seduta per uno spettacolo di gara tra sofisti, anziché ad un'assemblea deliberante". L'antipatia personale di Tucidide non gli impedisce, dunque, di caratterizzare questa eloquenza di Cleone, e di riconoscere che egli era personalità allora dominante in Atene"[3]. 

“In ogni caso questo discorso mostra che Cleone non era affatto un adulatore del popolo, nell’accezione comune del termine e nel senso che Aristofane vorrebbe accreditare; le sue parole contro il popolo sono dure e veementi, i rimproveri più amari sono fin troppo giustificati”[4].

“Il discorso riferito da Tucidide ci ha fatto vedere che Cleone era solito parlare al popolo con molta severità; al contrario i suoi avversari cercavano di confondere il giudizio della massa con parole dolci e con adulazioni di ogni genere”[5].

 

I Mitilenesi, continua Cleone, hanno fatto un gravissimo torto agli Ateniesi che li avevano onorati al di sopra degli altri, sbagliando del resto: l'uomo per natura è portato a disprezzare chi lo rispetta e ad ammirare chi non cede:"pevfuke ga;r kai; a[llw" a[nqrwpo" to; me;n qerapeu'on uJperfronei'n, to; de; mh; uJpei'kon qaumavzein"(Tucidide, III, 39, 5).

Questa invero è la regola dei rapporti sadomasochisti, praticati da uomini spiritualmente distorti, da quanti, come lamenta Teognide, si ingannano a vicenda, deridendosi a vicenda (Silloge , v. 59).

La conclusione del sanguinario demagogo è che bisogna punire con la morte questi ribelli e dare un esempio chiaro (paravdeigma safev", III 40, 7) agli altri alleati.

L'educazione richiede gli esempi dopo le regole: in questo caso è richiesto un paradigma di atrocità per insegnare ai sudditi che non devono ribellarsi. 

Platone nella Repubblica  afferma che non sono diversi dai ciechi coloro che non hanno nell’anima nessun esemplare chiaro:"mhde;n ejnarge;" ejn th'/ yuch'/ e[conte" paravdeigma" (484c).

Seneca sostiene che la via per la saggezza è  breve ed efficace attraverso gli esempi, mentre è lungo il cammino che passa per i precetti:"longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla (Epist. , 6, 5).

 

 

A tale proposta segue quella più moderata di Diodoto il quale consiglia di punire solo i colpevoli: così i sostenitori di Atene sarebbero stati incoraggiati. Il partito di Diodoto vinse:"ejkravthse de; hJ tou' Diodovtou" (III, 49, 1) e Mitilene scampò alla distruzione. Comunque un poco più di mille ("ojlivgw/ pleivou" cilivwn", III, 50, 1) ribelli furono uccisi, le mura di Mitilene vennero abbattute, le navi portate via e il territorio dell'isola (tranne quello di Metimna) diviso in lotti per i cleruchi ateniesi.

Con questo episodio secondo Jaeger, Tucidide "coglie l'occasione di fare svolgere i rispettivi criteri alle correnti energica e moderata della politica attica verso i confederati nel duello oratorio tra Cleone e Diodoto nell'assemblea popolare d'Atene, e dimostrare le immense difficoltà che presentava, appunto durante la guerra, il problema del giusto trattamento dei confederati"[6].

 

 

Il Coro elogia e invidia la facondia di Salsicciaio (zhlw' se th'" eujglwttiva", 837).  Continuando così diventerà mevgisto" JEllhvnwn (838) il più grande degli Elleni. Non deve mollare il rivale visto che gli ha dato la presa- ejpeidhv soi labh;n devdwken (841). Avrai successo facilmente con tali fianchi-katergavsei ga;r rJa/diw" pleura;" e[cwn toiauvta"- 842 Sembra una presa di tipo omosessuale  

Paflagone replica che lui potrà mettere un bavaglio ai suoi nemici- tou;" ejmou; ejcqrou;" ejpistomivzein- 845 finché rimarrà qualche cosa degli scudi presi a Pilo (846).

 

Pausania (II sec. d. C.) scrive che nel portico (stoav) al tempo suo si vedevano ancora gli scudi di bronzo ejntau'qa aspivde" kei'ntai calkai' tolti agli Scionei e ai loro alleati. Quelli tolti agli Spartani nell’isola di Sfacteria erano spalmati di pece perché non venissero sciupati dalla ruggine (Viaggio in Grecia, I, 15, 4).

Scione si trova nella Calcidica (Pallene) a sud di Potidea. Venne punita per la ribellione pesantemente nel 422 da Nicia che guidò una spedizione di 50 triremi e 1000 opliti

 

Nel Panegirico   Isocrate ricorda come moderata la punizione subita dai Meli, al pari di quella degli abitanti di Scione, nella Calcidica, avvenuta qualche anno prima. Infatti altri popoli dominatori non si sono comportati più mitemente ("pra/ovteron", 102) di loro, degli Ateniesi, che dunque devono essere giustamente lodati ("divkaiovn ejstin hJma'" ejpainei'n") poiché hanno tenuto a lungo il potere trattando con durezza solo pochissimi ribelli ("ejlacivstoi" calephvsante"").

“Nel Panegirico ( del 380 a. C.) la posizione assunta da Isocrate è rigidamente coincidente con quella “ufficiale” Ateniese. Qui Melo è posta sullo stesso piano di Scione: sono entrambe città “che hanno combattuto contro di noi” (101) e che bisognava esemplarmente punire, al fine di tenere sotto controllo un così grande impero, dal momento che “si erano messe dalla parte del torto” (102); gli Ateniesi andrebbero-semmai- elogiati perché avevano saputo tenere così a lungo in vita l’impero “usando la mano pesante contro pochissimi” (102); anche altre potenze egemoni hanno dovuto fare altrettanto” [7].

 Isocrate però cambia idea nel tempo.

"Venticinque anni dopo, nel discorso Sulla Pace  (356 a. C.) la posizione è profondamente mutata. Nel contesto della crisi della Seconda Lega e della "guerra sociale", Isocrate condanna retrospettivamente anche la prima esperienza imperiale, e fa sue, in una serrata e sferzante invettiva, proprio quelle accuse all'impero che aveva respinto nel Panegirico : il carattere tirannico dell’impero (91-92), l’imposizione delle cleruchie (79), la riscossione del tributo (82-83), comportamenti, questi, che avrebbero giustificato persino la durissima pretesa punitiva degli ex-alleati al momento della resa di Atene, vanificata solo grazie all’intervento di Sparta (78-79); questa volta Isocrate non nomina i Melii né le altre "vittime" della consueta lista, ma il cenno è inequivocabile nella preterizione con cui si apre il lungo atto d'accusa:"gli episodi che vi ferirebbero di più e che più vi farebbero soffrire li tralascerò"(81); e si tratta certamente delle indifendibili e spietate punizioni inflitte alle città ribelli. Addirittura qui Isocrate giunge a dire (69) che, solo quando caddero sotto il dominio spartano, gli Ateniesi "finalmente capirono che non è giusto che i più forti dominino sui più deboli”: chiara allusione alla lunga battuta degli Ateniesi nel dialogo coi Melii ( Tucidide, V,  105), la medesima cui alluderà ancora nel Panatenaico (64). Il sovvertimento dell’impostazione adottata nel Panegirico è reso esplicito-tra l’altro- dal ricorrere della medesima terminologia: nel Panegirico (102) aveva detto che si erano dovuti punire i pochi ejxamartavnonte~[8] per garantire  l’integrità dell’impero, qui dice che Atene non ha esitato a compiere spedizioni contro oujde;n pwvpot j eij~ hJma'~ ejxamartavnonta~[9] (Pace 84). La prospettiva è, insomma, quella tucididea, la diagnosi è quella dell'impero-tirannide...In questa prospettiva la repressione di Melo rientra tra gli episodi che solo per non infierire sull'uditorio si preferisce non ricordare, a tal punto suonano "amari" (pikrav) e " dolorosi" (lupou'nta). Pure e semplici repressioni di città incolpevoli. Né sarà male ricordare, a proposito di lupou'nta, che proprio Senofonte-a suo tempo uno dei bersagli di Panegirico 100-14-aveva parlato del "dolore" degli Ateniesi (penqou'nte" eJautou;"), all'indomani di Egospotami, al ricordo "di quello che avevano fatto ai Melii"(Hell ., II, 2, 3).

L'ultimo Isocrate, infine, che nell'estrema vecchiezza scrive il Panatenaico [10], concede ormai che la repressione di Melo, Scione, Torone...furono "errori" da parte di Atene (63, 70), e  riconosce, dinanzi alla ricorrente rievocazione “delle sofferenze dei Melii" , di “non potere né voler rispondere a tutto quanto possa a buon diritto dirsi a carico della nostra città” (64). Dunque non importa più se fossero ejxamartavnonte~ i puniti, certo fu aJmavrthma il punirli così duramente”  [11].

 

 

Salsicciaio nota che Cleone ha fatto appendere gli scudi con le imbracciature toi'" povrpaxin (849) in modo che, qualora sentisse odore di ostracismo, i mercanti di miele e di formaggio che lo appoggiano malitopw'lai kai; turwpw'lai  (854) oltre naturalmente i bursopw'lai i cuoiai,  potranno correre a imbracciarli per difenderlo.

 

Gli Spartiati toglievano l’imbracciatura agli scudi quando non li usavano per timore che li prendesseto gli iloti (Crizia, 88 B, 37 D. K.)

 

Demo se ne risente con Paflagone. Si sta convincendo che lo ingannava

Paflagone gli risponde che è stato lui solo a fermare i congiurati antidemocratici e[pausa tou;" xunwmovta" (862)

Nulla mi è mai sfuggito di quanto si trama in città, anzi mi sono messo subito a gridare- ajll j  eujqevw" kekraga- 863-

 

giovanni ghiselli



[1] Scritti corsari, p. 286.

[2] E. Morin, I sette saperi, p. 70.

[3]Mazzarino, op. cit., pp. 251 e 252. La parte tradotta corrisponde alle ultime righe di III, 38, 7.

[4] Droysen, Aristofane, (del 1838), trad. it.  p. 170. 

[5] Droysen, Aristofane, p. 172.

[6]Paideia , I vol., p. 668.

[7]Canfora-Corcella, La letteratura politica e la storiografia in Lo spazio letterario della Grecia antica, I, 1,, p. 468.

[8] I colpevoli (ndr).

[9] Contro chi non ci aveva mai recato offese (ndr).

[10] Del 339 a. C. (ndr).

[11]Canfora-Corcella, op. cit., pp. 468- 469.

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