NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 7 agosto 2021

La storia di Elena Sarjantola. XXV capitolo. La reazione

Pensai che questo dramma, in quanto tale, doveva essere agito[1], non solo sofferto da me. L’etimologia mi aveva dato una spinta, mi aveva aiutato, come già altre volte. Tornai sul prato della sventura ma non vi restai: decisi che non potevo tornare a sedermi su quell’erba sciagurata a soffrire, che dovevo allontanarmi da quel luogo del tutto inameno: il compito assegnatomi dal destino era cercare e ritrovare la bella donna, la sola creatura capace di illuminare la vita del mondo, di renderle tutti i colori, di restituirmi al gianni che volevo diventare facendomi tornare nella mia pelle rinnovata e rigenerata. Un aiuto in questo senso me lo aveva dato già Fulvio nel 1966 quando arrivai a Debrecen scuoiato da gente cattiva di Pesaro e di Bologna. Già allora cambiai pelle e costumi. Dovevo farlo di nuovo se Elena mi aiutava

Sentivo la necessità di contrapporre alle visioni infernali che mi opprimevano, il volto santo e il corpo irreprensibile e reale di quella donna.

Era necessario che andassi a cercarla per confutare la deformità che mi aveva assalito, o per confermarla. Lo avrebbe deciso lei. Dovevo ritrovare e riaprire la ianua coeli, la porta del cielo e della realtà. Elena poteva restaurare la mia mente disfatta, rilegare il mio animo morso e rimorso dai tormenti come un libro mangiato dalle tarme.

Scrivere un nuovo capitolo dopo avere raschiato via le brutture degli anni orribili del mio scontento. Quel palinsesto avrebbe promosso anche una mia palingenesi. Elena incinta doveva partorire me rinnovato.

Era arrivato il momento della rivolta: l’ora di dire “no!” a quel rimuginare doloroso, maniacale. Ne avrai le tasche piene anche tu, caro lettore.

“Io oramai vengo chiamato dal destino” mi dissi sentendomi un eroe tragico, quindi sollevai la testa dal gorgo degli affanni, mi alzai di scatto dal prato dell’acciecamento e scappai via senza nemmeno salutare i compagni vestiti di una nebbia folta e grossa che mi raccapricciava: prima corsi verso il collegio numero uno fino alla porta di camera sua dove bussai ripetutamente con mani frenetiche, invano; poi, invece di fermarmi a intonare un paraklausivquron(2), mi diedi a correre continuamente in direzione delle cliniche universitarie, che comprendevano il reparto delle “donne pregnanti e malate”, com’era scritto sopra l’ingresso dell’istituto già visitato e osservato con cura durante un intervallo da me prolungato tra due lezioni di lingua ungherese che mi importavano molto meno di quella femmina finnica, non per lascivia e dissolutezza, ma poiché sapevo che l’idioma magiaro avrebbe avuto un’importanza minore dell’amore di lei riguardo alla mia crescita umana e ai bisogni del demone mio, scelto a suo tempo da me. Un’elezione che non potevo tradire.


Pesaro 7 agosto 2021 ore 21, 46

 giovanni ghiselli


p. s.

La cena a questo punto non è immeritata

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[1] dra'ma da dravw “agisco”.

[2] Lamento davanti alla porta chiusa.

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