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Il pritano chiede all’araldo spartano che i Laconi mandino aujtokravtora" prevsbei", ambasciatori con pieni poteri per la pace.
Il corifeo dice che non c’è belva più
insuperabile della donna, neppure il fuoco, e nessuna pantera così svergognata
- oujde; pu'r, oujd
j w|d j ajnaidhv" oujdemiva pavrdali" - (1015).
La corifea domanda al corifeo perché le
muova guerra, visto che capisce la forza di lei e che potrebbe farsela amica.
Il vecchio risponde: “wJ" ejgw; misw'n
gunai'ka" oujdevpote pauvsomai”
1018), perché non cesserò mai di odiare le donne.
E’ una risposta alla maniera di
Ippolito: “misw'n d
j ou[pot j ejmplhsqhvsomai - gunai'ka"” (Ippolito, 664 - 665), non sarò mai sazio di odiare le donne.
La corifea a questo punto gli fa un
piacere infilandogli addosso una tunica e togliendogli un moscerino
dall’occhio.
Il vecchio ne trae beneficio: la zanzara
ejmpiv",
ejfrewruvcei - mi trivellava l’occhio
come un pozzo. (1033). La vecchia lo bacia anche, e lui dice che le donne sono qwpikai; fuvsei, adulatorie per nature - qwpeuvw - 1037
Comunque vuole fare la pace ricordando
il detto “né con le pesti né senza le pesti” (1039) . Insomma, le donne sono un
male necessario.
Quindi i due cori uniti intonano un
canto di conciliazione.
I coreuti vecchie e vecchi proclamano la
loro assenza di intenzioni cattive, al contrario vogliono fare solo cose buone:
infatti bastano i mali che già ci sono - ijkana; ga;r kai; ta; parakeivmena - 1048.
Questa considerazione dovrebbe tenerci
lontani dai conflitti reciproci sempre e comunque.
I coreuti pronti ad aiutare chi è senza
denaro. E, se apparirà la pace, chi ha avuto il soccorso di due o tre mine, non
dovrà restituirle.
Hanno invitato a pranzo ospiti di
Caristo, nell’Eubea che avevano fama di essere gente lasciva. La pace si
associa sempre al godimento. C’è da mangiare della polenta un porcello - delfikovn (1061) sacrificato, e altra roba buona e bella si può
gustare per giunta.
La festa è sempre associata al mangiare.
Sono invitati gli spettatori naturalmente purché vengano lavati.
Ricorderete che nelle Nuvole Socrate e i
socratici sono accusati di scarsa pulizia anche corporea, quale correlativo
somatico, oggettivo, della sporcizia mentale.
Ripuliti, gli invitati potranno entrare.
Ma l’ultimo verso è un ajprosdovkhton, una contraddizione inaspettata: gli invitati
troveranno la porta già chiusa - hJ quvra kekleivsetai
1071. Una battuta banale e insipida.
Arrivano gli ambasciatori spartani con
barba e una gabbia per maialini intorno alle cosce onde nascondere l’erezione.
Lo spartano indica la loro situazione
fallica e il corifeo ateniese dice che quel coso sembra essere infiammato di
brutto e anche peggio - deinw'"
teqermw'sqaiv te cei'ron faivnetai - (1079).
Il Lacone chiese la pace a qualsiasi
patto.
Sopraggiungono gli autoctoni ateniesi con
la tunica scostata dal ventre, come lottatori: “questa è una malattia da
atleti” commenta il corifeo.
Forse quando si esercitavano per le gare
dovevano astenersi dal sesso.
Il corifeo ne nota l’erezione e il
presidente dice che non ne possono più della castità: se le donne procederanno Kleisqevnh binhvsomen (1092), fotteremo Clistene.
E’ l’ omosessuale infamato già nei
Cavalieri (1374) e nelle Nuvole (365).
Oltretutto c’è il pericolo degli
ermocopidi che hanno la mania di tagliare. Un pericolo di castrazione dunque.
Allude alla mutilazione delle erme di cui venne accusato Alcibiade alla vigilia
della spedizione in Sicilia (415).
Sicché gli ignudi si rimettono la
tunica.
Spartani e Ateniesi dunque si trovano
d’accordo sulla necessità di fare la pace.
Le femmine dunque hanno vinto la guerra e
ricevono una resa senza condizioni.
Bisogna convocare Lisistrata. Questa
esce dall’Acropoli ed entra in scena.
La donna viene salutata dal corifeo come
ajndreiotavth, la più valorosa: ora bisogna che sia terribile - deinhvn - e mite, buona e cattiva - ajgaqh;n fauvlhn - superba e amabile semnh;n ajganhvn , poluvpeiron, avvalendosi della tanta esperienza (1109.)
Eccoci qua conclude, noi oiJ prw`toi tw`n JEllhvnwn 1110, primi tra gli Elleni, vinti dal tuo fascino
affidiamo a te la soluzione delle nostre contese.
I primi si adattano ad esserlo a pari
merito dividendo in due il primato.
E’ il contrario dell’arcanum imperii che
Tacito svelerà: "eam condicionem esse imperandi ut non aliter ratio
constet quam si uni reddatur " (I, 6), questa è la condizione del
comandare che i conti tornano bene soltanto se si rendono a uno solo.
Bologna 8 settembre 2021 ore 11, 45
p. s.
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