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Aristofane, Lisistrata
prima parte
(vv. 1 - 20).
Lisistrata
intende ribellarsi al costume di tenere la donna chiusa in casa.
La terza commedia pacifista è la Lisistrata del
411.
Prologo (vv.1 -
253)
La donna qui
non è causa della guerra, come Elena di Troia nell’Agamennone di Eschilo (458)
o nelle Troiane di Euripide (415), bensì fautrice della pace attraverso lo
sciopero del sesso.
Interessanti in
questa commedia sono anche motivi femministici ante litteram.
Lisistrata ha
convocato le donne davanti a casa sua sulla pendice nord est dell’Acropoli ma
non se ne vede nessuna tranne la vicina Cleonice la quale domanda all’amica
perché sia così sconvolta.
Lisistrata è
inquieta e Cleonice le chiede perché sia sconvolta - tiv suntetavraxai; (7). Lisistrata è accigliata e l’amica le
dice ouj ga;r prevpei soi toxopoiei'n
ta;" ojfru' (8) non ti si addice arcuare le sopracciglia
Le fa notare,
femminilmente, che aggrottare le sopracciglia non le dona - ouj ga;r prevpei soi toxopoiei`n ta;"
ojfru`" - (8) La femminilità, la cura dell’aspetto non dovrebbero
essere mai trascurate dalle donne.
Lisistrata
risponde che mentre le donne sono reputate dagli uomini panou'rgoi (12) capaci di tutto, ora che lei le ha convocate
per decidere ouj peri; fauvlou
pravgmato" (14) su una faccenda di non poco conto, non sono venute.
Cleonice
ribatte calephv toi gunaikw'n e[xodo"
(16) è difficile per noi donne uscire.
Infatti,
spiega, una di noi deve stare china sul marito, l'altra deve svegliare lo
schiavo, l'altra mettere a letto il bambino, l’altra lavarlo, l'altra
imboccarlo (vv. 17 - 20).
Cfr. quanto
dice la Medea di Euripide
E se con noi
che ci affatichiamo in questo con successo,
il coniuge
convive, sopportando il giogo non per forza,
la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.
Un uomo poi , quando gli pesa stare insieme a
quelli di casa,
uscito fuori, depone la noia dal cuore
volgendosi a un
amico o a un coetaneo;
per noi al contrario è necessario mirare su
una sola persona (Medea, 241 - 247).
Excursus
La moglie
casalinga, sottomessa e silenziosa. Alcune espressioni di antifemminismo in
diversi autori
Secondo
Senofonte la sposa deve occuparsi dei lavori interni alla casa, mentre il
marito seguirà quelli esterni. Infatti per la donna è più bello restare dentro
casa che vivere fuori (" Th'/ me;n
ga;r gunaiki; kavllion e[ndon mevnein h] quraulei'n", Economico ,
VII, 30); per l'uomo al contrario è più vergognoso rimanere in casa che
impegnarsi nelle cose esterne.
Nella Danae di
Nevio leggiamo:" Desubito famam tollunt, si quam solam videre in via
" (fr. 6 Marmorale) se hanno visto una donna sola per strada, la coprono
subito di infamia.
Vediamo come andava nella Sicilia dei
Malavoglia di Verga.
“Quella buona
donna di comare Grazia s’era affacciata apposta in camicia per dire qualche
cosa a suo marito
“Tu va a
filare! - rispondeva compare Tino - Le donne hanno i capelli lunghi ed il
giudizio corto. E se ne andò zoppicando a bere l’erbabianca da compare Pizzuto”
.
Medea
evidentemente non vuole stare al gioco le cui regole sono imposte dai maschi.
Una riflessione su questo argomento si trova in Madame Bovary di Flaubert
quando Emma desidera un figlio di sesso maschile: "Un uomo, almeno, è
libero; può passare attraverso le passioni e i paesi, superare gli ostacoli,
gustare le più remote felicità. Ma una donna è continuamente frustrata. Inerte
e flessibile insieme, ha contro di sé le debolezze della carne come la
schiavitù del codice. La sua volontà, come il velo del suo cappellino
trattenuto da un cordoncino, palpita a ogni vento; c'è sempre qualche desiderio
che la trascina, c'è sempre qualche convenienza che la trattiene" (p. 74).
Si può pensare
per contrasto ai costumi degli Egiziani quali vengono descritti da Erodoto. Lo
storiografo che ama rilevare le diversità degli usi dei vari popoli, non senza
la santa tolleranza , nota che gli Egiziani, conformemente al clima diverso, e
al fiume differente dagli altri, hanno costumi e leggi contrari a quelli degli
altri uomini: "ejn toi'si aiJ me;n
gunai'ke" ajgoravzousi kai; kaphleuvsi, oiJ de; a[ndre" kat j
oi[kou" ejovnte" uJfaivnousi" (II, 35, 2), presso di loro
le donne vanno al mercato e trafficano, gli uomini invece tessono stando in
casa.
Di questo passo
erodoteo si ricorda Sofocle nell'Edipo a Colono senza però che il protagonista
consideri equivalenti, o dipendenti dal clima, costumi tanto diversi: infatti
il vecchio cieco, incestuoso e parricida biasima i figli maschi poiché hanno
costumi simili agli Egiziani: Eteocle e Polinice infatti " kat j oi\kon oijkorou'sin w{ste parqevnoi"
(v. 343) restano in casa come fanciulle, mentre le due figlie, Antigone e
Ismene , si sobbarcano i gravi affanni del padre.
Al modello di
moglie chiusa in casa, sia essa la donna ideale ateniese o persiana o di Ilio,
assomiglia la sfortunata Andromaca delle Troiane (del 415) di Euripide:"
Io che mirai alla buona fama (ejgw; de;
toxeuvsasa th'" eujdoxiva", v.643) /dopo averla ottenuta in
larga misura, fallivo il successo (th'"
tuvch" hJmavrtanon, v. 644 ) ./Infatti quelle che sono le qualità
conosciute di una sposa saggia/io le mettevo in pratica nella casa di
Ettore./Là dunque per prima cosa - che vi sia o non vi sia/motivo di biasimo
per le donne (yovgo" gunaixivn,
v. 648) - la cosa in sé attira/cattiva fama se una donna non rimane in casa ,/io,
messo via il desiderio di questo, rimanevo in casa (" e[mimnon ejn dovmoi"", v.
650);/e dentro casa non facevo entrare scaltre chiacchiere di donne/, ma avendo
come maestro il mio senno (to;n de; nou'n
didavskalon, v. 652)/ buono per natura, bastavo a me stessa./E allo
sposo offrivo silenzio di lingua e volto/ calmo ("glwvssh" te sigh;n o[mma q j h{sucon povsei - parei'con,
vv. 654 - 655); e sapevo in che cosa dovevo vincere lo sposo,/e in che cosa
bisognava che lasciassi a lui la vittoria" (vv. 643 - 656).
A questo tipo
di donna appartiene Monica, la madre di Agostino la quale “tradita viro
servivit veluti domino” (Confessiones, 9, 9), affidata al marito, lo servì come
un padrone. Non solo: “ita autem toleravit cubilis iniurias, ut nullam de hac
re cum marito haberet umquam simultatem”, del resto tollerò le offese del letto
tanto da non farne mai motivo di litigio. E non è finita qui: aveva imparato a
non opporsi al marito infuriato e questa remissività la salvava dalle botte che
invece le mogli litigiose buscavano. E quando ne parlavano con lei “illae
arguebant maritorum vitam, haec earum linguam”, quelle accusavano la vita dei
mariti, ella la loro lingua. Ricordava pure che il contratto matrimoniale
prevedeva la loro schiavitù, per cui, memori della loro condizione, non era il
caso che fossero arroganti con i loro padroni: “proinde memores conditionis
superbire adversus dominos non oportere”. Ella con il suo metodo non prendeva
botte dal pur violento marito Patrizio. Insomma Monica era perseverans
tolerantia et mansuetudine, persistente nella tolleranza e nella mansuetudine.
Non diversi da
quelli di Ettore sono i gusti del triestino Zeno di Svevo:"Ora non avrei
avuto che un desiderio: correre dalla mia vera moglie, solo per vederla intenta
al suo lavoro di formica assidua, mentre metteva in salvo le nostre cose in
un'atmosfera di canfora e di naftalina" .
Ancora più radicale di Andromaca è l'Elettra
di Euripide quando dice: "gunai'ka
ga;r crh; pavnta sugcwrei'n povsei - h{ti" frenhvrh" h|/ de; mh;
dokei' tavde, - oujd j eij" ajriqmo;n tw'n ejmw'n h{kei lovgwn"
Elettra, v. 1052), in effetti è necessario che ceda in tutto al marito la donna
che ha senno; quella cui questo non sembra giusto, non la tengo in nessuna
considerazione.
La donna dunque
fa male a parlare anche con altre donne dentro casa dove la virtuosa Andromaca
non introduceva komya; qhleiw'n e[ph (
Troiane, v. 651), scaltre chiacchiere di femmine (p. 260).
Nelle Fenicie
il pedagogo avverte Antigone, il giovane, glorioso virgulto (kleinovn qavlo" , v. 88) che per le
donne è un piacere non dire niente di buono sparlando le une delle altre: "hJdonh; dev ti" - gunaixi; mhde;n
uJgie;" ajllhvla" levgein" (vv. 200 - 201).
Parecchi secoli
più tardi il seduttore intellettuale di Kierkegaard auspica che la ragazza
cresca nella solitudine e nel silenzio: "Se dovessi figurarmi l'ideale di
una fanciulla, questa dovrebbe sempre essere sola al mondo e quindi dedita a se
stessa, ma anzitutto non dovrebbe avere amiche. E' ben vero che le Grazie
furono tre, ma certamente neppure venne mai in mente ad alcuno di figurarsele a
parlar tra loro; esse compongono nella loro tacita triade una leggiadra unità
femminile. A tal proposito sarei quasi tentato di suggerire delle gabbie per le
vergini, se tale costringimento non agisse invece in senso negativo. E' sempre
augurabile per una giovinetta che le venga lasciata la sua libertà, ma che non
le venga offerta occasione di servirsene" .
La moglie
perfetta dunque non deve frequentare, non diciamo dei maschi che sarebbe una
nefandezza meritevole di ripudio, ma nemmeno altre femmine con le quali
potrebbe ordire congiure e progettare sconcezze.
Nel Duvskolo"
di Menandro, Sostrato, l'innamorato e pretendente della figlia del misantropo ,
in un breve monologo elogia l'educazione presumibilmente ricevuta dalla
ragazza: "Se questa fanciulla non è stata educata tra le donne e non
conosce nessuno di questi mali nella vita, e non è stata terrorizzata da
qualche zia e balia, ma è venuta su liberamente con questo padre selvaggio che
odia il male, come potrebbe non essere la mia felicità unire la mia sorte alla
sua?" (vv. 384 - 389).
E' proprio vero che essere innamorati
significa esagerare irragionevolmente le differenze tra una donna e un'altra.
Il silenzio e
la tranquillità come virtù femminili vengono indicate anche da un'altra eroina
e martire euripidea: Macaria che negli Eraclidi dà la propria vita per salvare
quella dei fratelli: "gunaiki; ga;r
sighv te kai; to; swfronei'n - kavlliston, ei[sw q j h}sucon mevnein dovmwn"
(vv. 476 - 477), per la donna infatti il silenzio e l'equilibrio sono la dote
più bella, poi rimanere in tranquillità dentro la casa.
"La donna,
piaccia, taccia e stia in casa", pontificava il Duce che non aveva toccato
il fondo. Infatti si potrebbe aggiungere: " ma non nella mia".
Del resto il
grande e illuminato Pericle nel celebre epitafio sui caduti del primo anno di
guerra sostiene che la virtù delle vedove consisterà nel non essere più deboli
di quanto comporta la loro natura, e che sarà loro gloria se si parlerà
pochissimo di loro in lode o in biasimo (II, 45, 2).
“In altre
parole, per citare il drastico ma efficace riassunto di Virginia Woolf intorno
a questa allocuzione, “la gloria più grande per una donna è che non si parli di
lei, diceva Pericle che, dal canto suo, era uno degli uomini di cui si parlava
di più” .
Lisistrata intende ribellarsi a questi costumi
e risponde a Cleonice che per le donne ci sono altre cose ben più importanti da
fare che stare sentro casa asservite – e{tera
poujrgiaivtera aujtai`" (Lisistrata, 20).
Pesaro primo
ottobre 2021 ore 17, 31
giovanni
ghiselli
p. s.
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