NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 1 ottobre 2021

Aristofane, "Lisistrata". 1 (vv. 1-20). Lisistrata intende ribellarsi al costume di tenere la donna chiusa in casa

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Aristofane, Lisistrata

prima parte (vv. 1 - 20).

 

Lisistrata intende ribellarsi al costume di tenere la donna chiusa in casa.

 La terza commedia pacifista è la Lisistrata del 411.

Prologo (vv.1 - 253)

 

La donna qui non è causa della guerra, come Elena di Troia nell’Agamennone di Eschilo (458) o nelle Troiane di Euripide (415), bensì fautrice della pace attraverso lo sciopero del sesso.

Interessanti in questa commedia sono anche motivi femministici ante litteram.

Lisistrata ha convocato le donne davanti a casa sua sulla pendice nord est dell’Acropoli ma non se ne vede nessuna tranne la vicina Cleonice la quale domanda all’amica perché sia così sconvolta.

Lisistrata è inquieta e Cleonice le chiede perché sia sconvolta - tiv suntetavraxai; (7). Lisistrata è accigliata e l’amica le dice ouj ga;r prevpei soi toxopoiei'n ta;" ojfru' (8) non ti si addice arcuare le sopracciglia

Le fa notare, femminilmente, che aggrottare le sopracciglia non le dona - ouj ga;r prevpei soi toxopoiei`n ta;" ojfru`" - (8) La femminilità, la cura dell’aspetto non dovrebbero essere mai trascurate dalle donne.

Lisistrata risponde che mentre le donne sono reputate dagli uomini panou'rgoi (12) capaci di tutto, ora che lei le ha convocate per decidere ouj peri; fauvlou pravgmato" (14) su una faccenda di non poco conto, non sono venute.

Cleonice ribatte calephv toi gunaikw'n e[xodo" (16) è difficile per noi donne uscire.

Infatti, spiega, una di noi deve stare china sul marito, l'altra deve svegliare lo schiavo, l'altra mettere a letto il bambino, l’altra lavarlo, l'altra imboccarlo (vv. 17 - 20).

Cfr. quanto dice la Medea di Euripide

E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo,

il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza,

 la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.

 Un uomo poi , quando gli pesa stare insieme a quelli di casa,

 uscito fuori, depone la noia dal cuore

volgendosi a un amico o a un coetaneo;

 per noi al contrario è necessario mirare su una sola persona (Medea, 241 - 247).

 

 

Excursus

La moglie casalinga, sottomessa e silenziosa. Alcune espressioni di antifemminismo in diversi autori

 

Secondo Senofonte la sposa deve occuparsi dei lavori interni alla casa, mentre il marito seguirà quelli esterni. Infatti per la donna è più bello restare dentro casa che vivere fuori (" Th'/ me;n ga;r gunaiki; kavllion e[ndon mevnein h] quraulei'n", Economico , VII, 30); per l'uomo al contrario è più vergognoso rimanere in casa che impegnarsi nelle cose esterne.

Nella Danae di Nevio leggiamo:" Desubito famam tollunt, si quam solam videre in via " (fr. 6 Marmorale) se hanno visto una donna sola per strada, la coprono subito di infamia.

 

 Vediamo come andava nella Sicilia dei Malavoglia di Verga.

“Quella buona donna di comare Grazia s’era affacciata apposta in camicia per dire qualche cosa a suo marito

“Tu va a filare! - rispondeva compare Tino - Le donne hanno i capelli lunghi ed il giudizio corto. E se ne andò zoppicando a bere l’erbabianca da compare Pizzuto” .

 

Medea evidentemente non vuole stare al gioco le cui regole sono imposte dai maschi. Una riflessione su questo argomento si trova in Madame Bovary di Flaubert quando Emma desidera un figlio di sesso maschile: "Un uomo, almeno, è libero; può passare attraverso le passioni e i paesi, superare gli ostacoli, gustare le più remote felicità. Ma una donna è continuamente frustrata. Inerte e flessibile insieme, ha contro di sé le debolezze della carne come la schiavitù del codice. La sua volontà, come il velo del suo cappellino trattenuto da un cordoncino, palpita a ogni vento; c'è sempre qualche desiderio che la trascina, c'è sempre qualche convenienza che la trattiene" (p. 74).

Si può pensare per contrasto ai costumi degli Egiziani quali vengono descritti da Erodoto. Lo storiografo che ama rilevare le diversità degli usi dei vari popoli, non senza la santa tolleranza , nota che gli Egiziani, conformemente al clima diverso, e al fiume differente dagli altri, hanno costumi e leggi contrari a quelli degli altri uomini: "ejn toi'si aiJ me;n gunai'ke" ajgoravzousi kai; kaphleuvsi, oiJ de; a[ndre" kat j oi[kou" ejovnte" uJfaivnousi" (II, 35, 2), presso di loro le donne vanno al mercato e trafficano, gli uomini invece tessono stando in casa.

Di questo passo erodoteo si ricorda Sofocle nell'Edipo a Colono senza però che il protagonista consideri equivalenti, o dipendenti dal clima, costumi tanto diversi: infatti il vecchio cieco, incestuoso e parricida biasima i figli maschi poiché hanno costumi simili agli Egiziani: Eteocle e Polinice infatti " kat j oi\kon oijkorou'sin w{ste parqevnoi" (v. 343) restano in casa come fanciulle, mentre le due figlie, Antigone e Ismene , si sobbarcano i gravi affanni del padre.

 

Al modello di moglie chiusa in casa, sia essa la donna ideale ateniese o persiana o di Ilio, assomiglia la sfortunata Andromaca delle Troiane (del 415) di Euripide:" Io che mirai alla buona fama (ejgw; de; toxeuvsasa th'" eujdoxiva", v.643) /dopo averla ottenuta in larga misura, fallivo il successo (th'" tuvch" hJmavrtanon, v. 644 ) ./Infatti quelle che sono le qualità conosciute di una sposa saggia/io le mettevo in pratica nella casa di Ettore./Là dunque per prima cosa - che vi sia o non vi sia/motivo di biasimo per le donne (yovgo" gunaixivn, v. 648) - la cosa in sé attira/cattiva fama se una donna non rimane in casa ,/io, messo via il desiderio di questo, rimanevo in casa (" e[mimnon ejn dovmoi"", v. 650);/e dentro casa non facevo entrare scaltre chiacchiere di donne/, ma avendo come maestro il mio senno (to;n de; nou'n didavskalon, v. 652)/ buono per natura, bastavo a me stessa./E allo sposo offrivo silenzio di lingua e volto/ calmo ("glwvssh" te sigh;n o[mma q j h{sucon povsei - parei'con, vv. 654 - 655); e sapevo in che cosa dovevo vincere lo sposo,/e in che cosa bisognava che lasciassi a lui la vittoria" (vv. 643 - 656).

 

A questo tipo di donna appartiene Monica, la madre di Agostino la quale “tradita viro servivit veluti domino” (Confessiones, 9, 9), affidata al marito, lo servì come un padrone. Non solo: “ita autem toleravit cubilis iniurias, ut nullam de hac re cum marito haberet umquam simultatem”, del resto tollerò le offese del letto tanto da non farne mai motivo di litigio. E non è finita qui: aveva imparato a non opporsi al marito infuriato e questa remissività la salvava dalle botte che invece le mogli litigiose buscavano. E quando ne parlavano con lei “illae arguebant maritorum vitam, haec earum linguam”, quelle accusavano la vita dei mariti, ella la loro lingua. Ricordava pure che il contratto matrimoniale prevedeva la loro schiavitù, per cui, memori della loro condizione, non era il caso che fossero arroganti con i loro padroni: “proinde memores conditionis superbire adversus dominos non oportere”. Ella con il suo metodo non prendeva botte dal pur violento marito Patrizio. Insomma Monica era perseverans tolerantia et mansuetudine, persistente nella tolleranza e nella mansuetudine.

 

Non diversi da quelli di Ettore sono i gusti del triestino Zeno di Svevo:"Ora non avrei avuto che un desiderio: correre dalla mia vera moglie, solo per vederla intenta al suo lavoro di formica assidua, mentre metteva in salvo le nostre cose in un'atmosfera di canfora e di naftalina" .

 

 Ancora più radicale di Andromaca è l'Elettra di Euripide quando dice: "gunai'ka ga;r crh; pavnta sugcwrei'n povsei - h{ti" frenhvrh" h|/ de; mh; dokei' tavde, - oujd j eij" ajriqmo;n tw'n ejmw'n h{kei lovgwn" Elettra, v. 1052), in effetti è necessario che ceda in tutto al marito la donna che ha senno; quella cui questo non sembra giusto, non la tengo in nessuna considerazione.

La donna dunque fa male a parlare anche con altre donne dentro casa dove la virtuosa Andromaca non introduceva komya; qhleiw'n e[ph ( Troiane, v. 651), scaltre chiacchiere di femmine (p. 260).

 

Nelle Fenicie il pedagogo avverte Antigone, il giovane, glorioso virgulto (kleinovn qavlo" , v. 88) che per le donne è un piacere non dire niente di buono sparlando le une delle altre: "hJdonh; dev ti" - gunaixi; mhde;n uJgie;" ajllhvla" levgein" (vv. 200 - 201).

 

Parecchi secoli più tardi il seduttore intellettuale di Kierkegaard auspica che la ragazza cresca nella solitudine e nel silenzio: "Se dovessi figurarmi l'ideale di una fanciulla, questa dovrebbe sempre essere sola al mondo e quindi dedita a se stessa, ma anzitutto non dovrebbe avere amiche. E' ben vero che le Grazie furono tre, ma certamente neppure venne mai in mente ad alcuno di figurarsele a parlar tra loro; esse compongono nella loro tacita triade una leggiadra unità femminile. A tal proposito sarei quasi tentato di suggerire delle gabbie per le vergini, se tale costringimento non agisse invece in senso negativo. E' sempre augurabile per una giovinetta che le venga lasciata la sua libertà, ma che non le venga offerta occasione di servirsene" .

 

La moglie perfetta dunque non deve frequentare, non diciamo dei maschi che sarebbe una nefandezza meritevole di ripudio, ma nemmeno altre femmine con le quali potrebbe ordire congiure e progettare sconcezze.

 

 Nel Duvskolo" di Menandro, Sostrato, l'innamorato e pretendente della figlia del misantropo , in un breve monologo elogia l'educazione presumibilmente ricevuta dalla ragazza: "Se questa fanciulla non è stata educata tra le donne e non conosce nessuno di questi mali nella vita, e non è stata terrorizzata da qualche zia e balia, ma è venuta su liberamente con questo padre selvaggio che odia il male, come potrebbe non essere la mia felicità unire la mia sorte alla sua?" (vv. 384 - 389).

 E' proprio vero che essere innamorati significa esagerare irragionevolmente le differenze tra una donna e un'altra.

 

Il silenzio e la tranquillità come virtù femminili vengono indicate anche da un'altra eroina e martire euripidea: Macaria che negli Eraclidi dà la propria vita per salvare quella dei fratelli: "gunaiki; ga;r sighv te kai; to; swfronei'n - kavlliston, ei[sw q j h}sucon mevnein dovmwn" (vv. 476 - 477), per la donna infatti il silenzio e l'equilibrio sono la dote più bella, poi rimanere in tranquillità dentro la casa.

"La donna, piaccia, taccia e stia in casa", pontificava il Duce che non aveva toccato il fondo. Infatti si potrebbe aggiungere: " ma non nella mia".

Del resto il grande e illuminato Pericle nel celebre epitafio sui caduti del primo anno di guerra sostiene che la virtù delle vedove consisterà nel non essere più deboli di quanto comporta la loro natura, e che sarà loro gloria se si parlerà pochissimo di loro in lode o in biasimo (II, 45, 2).

“In altre parole, per citare il drastico ma efficace riassunto di Virginia Woolf intorno a questa allocuzione, “la gloria più grande per una donna è che non si parli di lei, diceva Pericle che, dal canto suo, era uno degli uomini di cui si parlava di più” .

 

 

 Lisistrata intende ribellarsi a questi costumi e risponde a Cleonice che per le donne ci sono altre cose ben più importanti da fare che stare sentro casa asservite – e{tera poujrgiaivtera aujtai`" (Lisistrata, 20).

 

Pesaro primo ottobre 2021 ore 17, 31

giovanni ghiselli

 

p. s.

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