Biblioteca Apostolica Vaticana. Cod. Vat. lat. 3868 (IX sec.) Adelphoe di P. Terenzio Afro |
Geta, Demea
Geta, uscendo
dalla casa di Sostrata dice alla padrona che sta andando da loro - Escino e
Micione - per sentire quando manderanno a prendere la ragazza. Poi vede
arrivare Demea. Il convertito è sempre più buono. Chiede al servo: “O qui
vocare?” - quomodo vocaris - quindi, sentito il nome, dice subito: “Geta,
hominem maxumi preti te esse hodie iudicavi animo meo” oggi mi sono convinto
che sei un grand’uomo. E’ passato da un eccesso a quello opposto. Sembra di
sentire parlare il ruffiano capo degli imbonitori televisivi. Poi Demea
aggiunge altri elogi dello schiavo di cui ha appena saputo il nome: deve essere
un servos spectatus satis, uno schiavo sicuramente stimato dal momento che si
prende cura dei suoi padroni, sicché lui che è un buon padrone gli farà del
bene.
Quindi tra sé dice: “meditor esse adfabilis - et bene procēdit” 896-897, mi curo di essere affabile e procede bene. Quel meditor significa gli sforzi che il vecchio fa per contrastare la propria indole. Geta gli risponde con il giusto tono: bonus es, quom hoc existimas (897), bontà tua, dal momento che pensi questo. Lo schiavo è più signorile del padrone che lusinga con tono eccessivo.
Chi sbaglia nell’usare il tono è sgradevole “Odiamo una persona quando questa sbaglia tono” (Il mestiere di vivere 11 agosto 1940). Uno sbaglia tono quando dice parole che non sente. Si pensi al “grazie davvero!”. E’ la excusatio non petita di quanto pensa davvero chi ha ringraziato: “ grazie per modo di dire; io di fatto non ti devo niente!” Gli ospiti televisivi trattati troppo bene oppure troppo male dai conduttori televisivi dovrebbero reagire con parole ironiche simili a queste di Geta. Demea dice tra sé: “Paulatim plebem primulum facio meam” (898) a poco a poco fin dall’inizio mi accattivo la plebe.
La parola “plebem” e l’allitterazione in “p” denunciano il disprezzo che sussiste in Demea nei confronti dei servi nonostante la recita del “tanto buono”. Non è possibile cambiare il proprio carattere.
Bologna 5 dicembre 2022 ore 11, 55
giovanni ghiselli
Quindi tra sé dice: “meditor esse adfabilis - et bene procēdit” 896-897, mi curo di essere affabile e procede bene. Quel meditor significa gli sforzi che il vecchio fa per contrastare la propria indole. Geta gli risponde con il giusto tono: bonus es, quom hoc existimas (897), bontà tua, dal momento che pensi questo. Lo schiavo è più signorile del padrone che lusinga con tono eccessivo.
Chi sbaglia nell’usare il tono è sgradevole “Odiamo una persona quando questa sbaglia tono” (Il mestiere di vivere 11 agosto 1940). Uno sbaglia tono quando dice parole che non sente. Si pensi al “grazie davvero!”. E’ la excusatio non petita di quanto pensa davvero chi ha ringraziato: “ grazie per modo di dire; io di fatto non ti devo niente!” Gli ospiti televisivi trattati troppo bene oppure troppo male dai conduttori televisivi dovrebbero reagire con parole ironiche simili a queste di Geta. Demea dice tra sé: “Paulatim plebem primulum facio meam” (898) a poco a poco fin dall’inizio mi accattivo la plebe.
La parola “plebem” e l’allitterazione in “p” denunciano il disprezzo che sussiste in Demea nei confronti dei servi nonostante la recita del “tanto buono”. Non è possibile cambiare il proprio carattere.
Bologna 5 dicembre 2022 ore 11, 55
giovanni ghiselli
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