Creusa esulta per la sua gioia inattesa- ajdovkhto~ hjdonav 1448.
Nemmeno Ione si aspettava di ritrovare la mamma.
Quindi dice a Creusa che quanto è avvenuto è opera divina- qei`on tovd j (1456) e si augura che la loro felicità- eujdaimoniva- controbilanci le sventure precedenti
Creusa gli risponde: tevknon, oujk ajdavkruto~ ejkloceuvh/ (1458), figlio, non senza lacrime sei stato partorito, e sei stato separato dalle mani della madre tra i gemiti, ma ora accanto al tuo volto respiro pnevw (1460), e ottengo dalla sorte la gioia della massima felicità
In effetti le gioie grandi e profonde costano grande fatica sempre, talora lacrime e perfino sangue. Mi sono sentito dire dagli studenti che ero un professore molto bravo dopo due anni nei quali non ho fatto altro che studiare e cercare di capire come dovevo studiare per interessare quelle ragazze e quei ragazzi. Era il maggio odoroso e “ce l’hai fatta” mi dissi.
Avevo sacrificato ogni altra gioia, ogni svago al conseguimento di questo risultato in un’epoca in cui gli studenti erano citici verso i docenti
Senza gravi fatiche preparatorie non si può fare niente di egregio nella vita.
L'autore di La terra desolata in uno scritto di critica[1] aveva affermato che la tradizione non è un patrimonio che si eredita ma, "if you want it, you must obtain it by great labour ", se uno vuole impossessarsene, deve conquistarla con grande fatica.
Questa è una dichiarazione topica: Esiodo dice che davanti al valore gli dei hanno posto il sudore: "th'" d j ajreth'" iJdrw'ta qeoi; propavroiqen e[qhkan" (Opere, 289).
Nell'Elettra di Sofocle la protagonista dice alla mite sorella Crisotemi: "o{ra, povnou toi cwri;" oujde;n eujtucei'''" (v. 945), bada, senza fatica niente ha successo
Nei Memorabili[2] di Senofonte la donna virtuosa, la Virtù personificata, avvisa Eracle al bivio che gli dèi niente di buono concedono agli uomini senza fatica e impegno:"tw'n ga;r o[ntwn ajgaqw'n kai; kalw'n oujde;n a[neu povnou kai; ejpimeleiva" qeoiv didovasin ajnqrwvpoi"" (II, 1, 28).
così Cleante stoico in Diogene Laerzio (VII 172): “quando uno spartano gli disse o{ti oJ povno~ ajgaqovn, lui raggiante di gioia esclamò: “ai{mato~ ei\~ ajgaqoi`o, fivlon tevko~, sei di buon sangue, ragazzo mio!”
Ione condivide quanto ha detto sua madre.
Creusa gioisce per sé che non è rimasta senza prole e per il suo gevno~ che non fissa più la notte bensì volge lo sguardo alle luci del sole.
Ione vorrebbe conoscere anche il padre suo però Creusa è imbarazzata: o figlio, quale cosa, quale sono costretta a confessare!
Sei nato da altro luogo.
Ione teme di essere un bastardo-novqon 1473- generato dalla madre ragazza.
Le mie nozze, figlio, ti generavano senza fiaccole e senza danze, gli fa Creusa magari con un gesto di desolazione.
Il ragazzo se ne duole. “aijai` pevfuka dusgenhv~. mh`ter, povqen 1478, ahi la mia nascita è bassa, madre, da chi?
Creusa si appresta a giurare su Atena la dea che uccise la Gorgone e ha sede sulle mie rocce, l’acropoli la collina dove nasce l’ulivo- to;n ejlaiofuh` pavgon-qavssei (1480- 81) Creusa intanto dice che il luogo della sua provenienza è nobile, quindi aggiunge par j ahdovnion pevtran Foibw/, presso la roccia degli usignoli, con Apollo…
Ione la interrompe: perché nomini Apollo?
Allora Creusa completa la confessione: “kruvptomenon levco~ hujnavsqhn” 1484 giacqui in un giaciglio nascosto.
Pesaro 14 agosto 2022 ore 11, 37
giovanni ghiselli
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