NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 19 agosto 2022

IL PROGRAMMA DI UNIONE POPOLARE. Proposte 3 e 4 del primo capitolo.

IL PROGRAMMA DI UNIONE POPOLARE

Primo capitolo

Ricompensare e rispettare il lavoro

 

Proposte 3-4-

3. Limitare l’uso del contratto a tempo determinato a due soli casi specifici (sul modello della riforma di Yolanda Diaz in Spagna): per circostanze straordinarie legate alla produzione e per

motivi contrattuali o di legge.

 

4. Rafforzamento degli ispettorati del lavoro per far rispettare le leggi sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori, con l’assunzione di 10.000 ispettori.

 

Commento queste due proposte insieme con un appello al rispetto delle leggi e della legalità che devono costituire la forza del debole.

 

Non so se le leggi che impongono il rispetto del lavoro e delle leggi stesse ci siano già, però devo dire che anche se ci sono, la loro presenza scritta non basta: le leggi devono essere osservate (per rispetto cfr. respicio) e vanno fatte osservare anche con la forza.

Infatti la legge senza forza rimane lettera morta.

 

Sentiamo qualche testimonianza antica

Nella Vita di Solone di Plutarco troviamo una critica mossa alle leggi inefficaci da parte di Anacarsi che fu ospite e amico del legislatore Ateniese (VI secolo a. C.). Lo Scita dunque derideva l’opera di Solone che pensava di frenare l’iniquità dei cittadini con parole scritte le quali, diceva Anacarsi, non differiscono affatto dalle ragnatele (mhde;n tw`n ajracnivwn diafevrein, 5, 4), ma, come queste, trattengono le prede deboli e piccole, mentre saranno spezzate dai potenti e dai ricchi (uJpo; de; dunatw`n kai; plousivwn diarraghvsesqai).

Le leggi diverse volte in effetti colpiscono solo i deboli.

I ricchi e i potenti nella storia hanno reagito varie volte con false accuse, con  stragi e colpi di Stato contro i legislatori e le leggi che limitavano i  poteri in atto.

Nella storia romana  "la maggiore singolarità" è data dal fatto che i primi legislatori "e soprattutto il loro capo Appio Claudio siano stati deposti per la loro indegna tirannide" mentre diversi altri "veri o mitici legislatori, Licurgo, Solone, Zaleuco, Mosé, sono dalla tradizione circonfusi da un'aureola di luce che li rende santi e venerabili". Il fatto è che Appio Claudio e i decemviri legibus scribundis nel 451/450 agirono in favore della plebe:" Di contro alla prepotenza patrizia, la plebe, ordinatasi nel sec. V a Stato entro lo Stato, ottenne due concessioni: leggi eguali per tutti, e una parte per tutti i cittadini nel governo della repubblica. A soddisfare l'una e l'altra richiesta si accinsero i decemviri".

Di qui la reazione dei patrizi:"Come dalla decadenza della monarchia, così dalla caduta del decemvirato trassero sul momento vantaggio i soli patrizi. E dell'una e dell'altra spetta quindi ai patrizi la responsabilità"[1].

Nella seconda metà del secondo secolo a. C. verrà il turno dei due fratelli Gracchi, i tribuni della plebe che subirono la reazione violenta della casta cui pure appartenevano e si sentiva tradita da loro per le riforme che avevano proposto.

Si può pensare anche alla fine di Allende -11 settembre 1973- che cercò di riformare lo Stato del Cile senza averne la forza o senza volere usarla.

 

Del resto nemmeno Augusto, la cui auctoritas dopo Azio (31 a. C.) non ebbe oppositori, riuscì a cambiare certi costumi dei Romani con le leggi che volevano limitare gli adultèri e incentivare i matrimoni.

L’imperatore promulgò diverse leges Iuliae che dovevano costituire un deterrente contro la grande diffusione dell’adulterio e del celibato.

Queste non bastarono a frenare la corsa già in atto verso i magna adulteria  denunciati da Tacito  all'inizio delle Historiae (I, 2), mentre nella precedente Germania  lo storiografo aveva messo in rilievo la serietà dei costumi degli abitanti di questa regione lontana. 

 Il culmine della lode dei costumi germanici è nei capitoli 18 e 19:"severa illic matrimonia, nec ullam morum partem magis laudaveris".

Dei matrimoni tra quella gente lo storiografo loda tutto: anche l'uso che sia lo sposo a portare la dote, così l'uomo non vende la sua dignità alle ricchezze della moglie. "Dotem non uxor marito, sed uxori maritus offert". L'intenzione moraleggiante, e polemica, diviene più esplicita quando menziona gli adultèri:"paucissima in tam numerosa gente adulteria ", quindi aggiunge:"nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur " (19) e conclude il capitolo affermando che valgono più i buoni costumi tra i Germani che altrove le buone leggi  plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges "[2].

 Infatti:" corruptissima republica plurimae leges (Annales  III, 27).

Le leggi dunque non hanno la forza di cambiare il costume. Oramai era  diffuso, e prevalse, il mos del celibato: “ prevalida orbitate” (Annales 3, 25).

Da noi il mos più diffuso fino dall’antichità è quello della raccomandazione, del clientelismo che inficia il valore del merito.

Ho riportato alcune espressioni di scetticismo sulla validità delle leggi, eppure dove queste non ci sono, vige l’arbitrio tirannico.

Lo nota Euripide contrapponendosi a Sofocle che nell’Antigone e nell’ Edipo re contrappone e antepone le leggi divine e quelle della coscienza ai decreti  ostili alla devozione.

Nelle Supplici di Euripide, Teseo propugna la democrazia dicendo all’araldo tebano mandato da Creonte  che quando c’è un tiranno non esistono più leggi comuni (novmoi- koinoiv, vv. 430-431). E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~-oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv. 433-434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti

 

Concludo con don Lorenzo Milani il quale sostiene che le leggi degli uomini sono giuste"quando sono la forza del debole." Quando invece esse "sanzionano il sopruso del forte", è bene "battersi perché siano cambiate"[3].

 

 

Pesaro 19 agosto 2022 ore 11, 03

giovanni ghiselli

 

 

 

 



[1] G. De Sanctis, Storia dei Romani, vol. II, pp. 46-48.

[2] L’aborto viene biasimato con particolare indignatio da Giovenale che attribuisce alle donne ricche il ricorso sistematico a questa pratica. Le donne povere si sottopongono ancora ai pericoli del parto:"sed iacet aurato vix ulla puerpera lecto./Tantum artes huius, tantum medicamina possunt,/quae steriles facit atque homines in ventre necandos/ conducit." (VI, 594-597), ma sui letti d'oro è difficile che giaccia una puerpera. Tanto possono le arti, tanto i filtri di colei che le rende sterili e si prende in appalto uomini da ammazzare nel ventre.

 Il marito di queste matrone che abortiscono del resto non ha da lagnarsene, poiché la gravidanza portata avanti lo avrebbe reso "padre" di un Etiope.  

 

[3]L'obbedienza non è più una virtù , p.38

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