sabato 20 agosto 2022

La Storia e la letteratura.


Storia antiquaria  

“Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e così dall’alba al tramonto e di giorno in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al piolo dell'istante…solo per la forza di usare il passato per la vita e di trasformare la storia passata in storia presente, l'uomo diventa uomo"[1].

"Il benessere dell'albero per le sue radici, la felicità di non sapersi totalmente arbitrari e fortuiti, ma di crescere da un passato come eredi, fiori e frutti, e di venire in tal modo scusati, anzi giustificati nella propria esistenza- è questo ciò che oggi si designa di preferenza come il vero e proprio senso storico"[2]. E’ l’aspetto antiquario dell’amore per la storia.

Non tutti i bambini diventano persone mature. Lo afferma Cicerone nell'Orator [3]: "Nescire autem quid ante quam natus sis acciderit, id est semper esse puerum. Quid enim est aetas hominis, nisi eă memoriā rerum veterum cum superiorum aetate contexitur?" (120), del resto non sapere che cosa sia accaduto prima che tu sia nato equivale ad essere sempre un ragazzo. Che cosa è infatti la vita di un uomo, se non la si allaccia con la vita di quelli venuti prima, attraverso la memoria storica?

 “Maturità della mente: a questa occorre la storia e la consapevolezza della storia”[4].

 

Storia critica

La storia “hegelianamente intesa la si è chiamata  con scherno il cammino di Dio sulla terra (…) per Hegel il vertice e il punto terminale del processo del mondo si sono identificati con la sua stessa esistenza berlinese…egli ha istillato nelle generazioni da lui lievitate quell’ammirazione di fronte alla “potenza della storia", che praticamente si trasforma a ogni istante in nuda ammirazione del successo e conduce all'idolatria del fatto (…) Se ogni successo contiene in sé una necessità razionale, se ogni avvenimento è la vittoria di ciò che è logico o dell'"idea"-allora ci si metta subito giù in ginocchio e si percorra poi inginocchiati l'intera scala dei "successi! "[5].

La storia critica giudica[6] il passato e spesso lo condanna.

La cultura storica come quella letteraria non deve essere passiva né solo retrospettiva. Deve essere sinottica e comparativa.

“A furia di cercare gli inizi si diventa gamberi. Lo storico guarda all’indietro ; finisce anche per credere all’indietro”[7].

Storia letteraria

Al liceo invece di farci leggere i poemi omerici, ci facevano imparare a memoria la questione omerica. Non mi piaceva memorizzare tutti quei nomi e quelle teorie su testi che non avevo letto. Mi sono rifatto all’università dove l’esame di Greco I era la lettura dell’intera Odissea. Questa volta mancava il commento ma con il tempo, insegnando Omero, ne ho trovati diversi e altri me ne sono fatti con la mia sensibilità e con le competenze che a mano a mano crescevano.

  Seneca disapprova un approccio devitalizzante ai testi classici: nel De brevitate vitae[8] il filosofo sconsiglia di accorciare la vita perdendo tempo in occupazioni che non giovano allo spirito: "Graecorum iste morbus fuit quaerere quem numerum Ulixes remigum habuisset, prior scripta esset Ilias an Odyssia, praeterea an eiusdem esset auctoris, alia deinceps huius notae, quae sive contineas nihil tacitam conscientiam iuvant, sive proferas non doctior videaris sed molestior" (13) questa fu una malattia dei Greci, cercare quale numero di rematori avesse avuto Ulisse, se sia stata scritta prima l'Iliade o l'Odissea, inoltre se siano del medesimo autore, e successivamente altre notizie di questo tipo, nozioni che se le tieni per te non giovano per niente al puro fatto di saperle, se le tiri fuori, non sembri più dotto ma più pedante.

 

La cultura è cosa diversa dall’erudizione.

Oggi la cultura viene divisa in settori molto specialistici e c’è la possibilità che un dotto sappia tutto lo scibile sui segni diacritici con i quali Aristarco  infilzò i versi interpolati nell’Odissea, o quanti rematori aveva la nave di Ulisse, o conosca tutte le  stesure di ciascuno dei Ricordi del Guicciardini, senza però conoscere le cause della guerra del Peloponneso o della seconda  guerra mondiale o di questa in Ucraina

Tali “dotti”  specializzati in maniera troppo specialistica sono umbratici doctores, eruditi cresciuti nell’ombra, pallidi e ingobbiti. Siedono freddi nell’ombra fredda. Già a quarant’anni sono morti dal leggere. Se sono dei professori, disgustano i giovani, o per lo meno li annoiano, dopo avere annoiato e incurvato se stessi. “Il libro di un erudito rispecchia sempre anche un’anima incurvata” [9], nota Nietzsche.

Quindi la cultura, deve sapere di vita

Marziale (40-104 d.C.) critica la scissione tra letteratura e vita :"Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit "(X, 4, 9-10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.

Le mie sanno ancor più di donna

.

  

“In questo senso noi viviamo ancora nel Medioevo, la storia è ancora sempre una teologia camuffata”[10].

La teologia del Dio vincitore che è il paradigma mitico dell’uomo di successo.

“Nel primitivo mondo greco antico del grande, del naturale, dell’umano troviamo anche la realtà di una cultura essenzialmente antistorica…indicibilmente ricca e piena di vita”. Noi siamo gli eredi e i discendenti di forze classiche che debbono spronarci a non essere “frutti tardivi impalliditi e intristiti di forti generazioni, che stentino una vita rabbrividente da antiquari e becchini di quelle generazioni. Tali frutti tardivi vivono certo un’esistenza ironica (…) Per Hegel il vertice vertice e il punto terminale del processo del mondo si sono identificati con la sua stessa esistenza berlinese”[11].

L’uomo “ovunque egli è virtuoso… si ribella alla cieca forza dei fatti, alla tirannia del reale…Egli nuota sempre contro le onde della storia…mentre la menzogna intesse tutto intorno a lui le sue reti scintillanti…Fortunatamente essa serba però anche la memoria dei grandi che lottarono contro la storia, cioè contro la cieca forza del reale…La grandezza non può dipendere dal successo, e Demostene ebbe grandezza, benché non avesse successo"[12].

A Demostene viene accostato Wagner nella IV inattuale per “la terribile serietà verso il suo oggetto e il piglio possente per’afferrarlo ogni volta ; in un istante la sua mano lo circonda e lo tiene saldamente nella sua ferrea stretta ”[13].

A Nietzsche lo storicismo “appare la consolatoria patina ottimista sovrapposta alla reale irrazionalità e alle reali contraddizioni della vita, una mistificazione della verità operata dall’ideologia al potere”[14].

“Una storia che rifiuta i –se- e i –ma- è quella che si è scritta sempre prevalentemente finora, cioè è una storia “dal punto di vista del successo”, che suppone che il successo riveli anche un diritto, una ragione”[15].

Non è sempre tale la storiografia greca, né quella latina: Erodoto, Tucidide, Tacito per fare tre esempi espongono anche il punto di vista dei vinti senza disprezzarli. Erodoto quello dei Persiani, Tucidide quello dei Meli, Tacito quello di Calgaco, il capo dei Caledoni ribelli. Cassio Dione quello di Budicca, l’eroina dei Britanni sconfitti dai Romani.

“La storiografia monumentale, antiquaria e critica…vengono dichiarate modi legittimi di conoscenza del passato, purché subordinate all’elemento non storico, cioè messe al servizio della vita…La vera ragione per cui l’erudito non può comprendere adeguatamente il fatto storico è che il fatto è qualcosa di vivente, nella sua attualità, mentre l’erudito lo mummifica e lo esaurisce, lo intende come qualcosa di morto”[16].

 

Pesaro 20 agosto 2013 ore 10, 13

 

E’ tornato il sole che apre le porte alla vita. Spero che si ravvivi e mi ravvivi anche il caldo esecrato da chi non vuole essere spogliato e rivelato qual è.

"hjgavphsan oiJ a[nqrwpoi ma'llon to; skovto" hj; to; fw'": h\n ga;r aujtw'n ponhra; ta; e[rga", 3, 19, et dilexerunt homines magis tenebras quam lucem; erant enim eorum opera mala (N. T. Giovanni, 3, 19)  gli uomini preferirono la tenebra alla luce; infatti le loro opere erano malvagie.

 

p. s.

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[1] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali II, 1.

[2] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali II, 3.

[3] Del 46 a. C.

[4] T. S. Eliot, Che cos’è un classico? (del 1944)  In T. S. Eliot, Opere, p. 965.

[5] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, 8

[6] Cfr. krivvnw, “giudico”.

[7] Crepuscolo degli idoli o Come si filosofa col martello (1888) Detti e frecce, 24

[8]  Del 49 ca d. C.  La brevità della vita umana ha dato parecchio da dire agli scrittori e ai loro personaggi:"Scostatevi, vacche, che la vita è breve", gridava Aureliano secondo in Cent'anni di solitudine di G. G. Marquez (p. 202).

[9] La gaia scienza,  del  1887.p. 229.

[10] Utilità e danno della storia,  8.

[11] Op. cit, 8

[12] F. Nietzsche,  utilità e il danno della storia per la vita, 8 e 9..

[13] Richard Wagner a Bayreuth, (del 1876) cap. 9.

[14] C. Magris, Dietro le parole, p. 90.

[15] G. Vattimo, Dialogo con Nietzsche , p. 78.

[16] G. Vattimo, Dialogo con Nietzsche, p. 24 e p. 73.

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